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La questione riguarda il diniego da parte del Ministero della Salute dell’autorizzazione alla pubblicità di un medicinale in quanto, pur non essendo soggetto prescrizione medica, non appartiene ai farmaci da banco (OTC) e pertanto – secondo il Ministero - non rientra nella categoria dei farmaci di cui all'articolo 8, comma 10, lett. c-bis, del D. Lgs. n.537 /1993 per i quali è consentita la pubblicità presso il pubblico.(1)
Il diniego è stato impugnato innanzi al TAR Lazio il quale con Sentenza, Sezione Terza Quater, n. 7539/2016 ha ritenuto non sussistere il divieto di pubblicità presso il pubblico di medicinali non soggetti a prescrizione medica non appartenenti alla categoria dei medicinali di automedicazione o da banco: “la finalità pubblicistica di assicurare un consumo responsabile e documentato dei farmaci SOP deve essere razionalmente perseguito imponendo rigorose prescrizioni al messaggio pubblicitario e non ponendo, quindi, un divieto in via generale di pubblicità per i farmaci de quibus”.
La citata Sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2217 del 12 maggio 2017.
Secondo il Consiglio di Stato la norma di riferimento è il D. Lgs. 219/2006 (Codice del Farmaco) e in particolare i suoi Articoli 96 e 115.
L’Articolo 96, comma 2, del D. Lgs. prevede che i farmaci non soggetti a prescrizione medica “possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico se hanno i requisiti stabiliti dalle norme vigenti in materia e purché siano rispettati i limiti e le condizioni previsti dalle stesse norme” mentre il successivo Articolo 115, comma 1, consente la pubblicità dei “medicinali che, per la loro composizione e il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti e realizzati per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza nel corso del trattamento e, se necessario, con il consiglio del farmacista”.
Ad avviso del Consiglio di Stato il D. Lgs. 539/1992 è dunque da intendersi “pressoché integralmente abrogato dallo stesso d.lgs. nr. 219/2006 (art. 158), effettivamente sopravvive l’art. 8, comma 10, della legge nr. 537/1993, il quale aveva introdotto una distinzione, all’interno della categoria dei farmaci non soggetti a prescrizione medica (SOP), tra quelli da banco o da automedicazione (OTC) (lettera c-bis) e i restanti medicinali. Tale distinzione però, a dispetto di quanto sostenuto dall’Amministrazione istante, era posta – e permane – non già ai fini della pubblicità dei farmaci, bensì ai diversi fini della rimborsabilità degli stessi da parte del S.S.N.”
A conferma, ad avviso del Consiglio di Stato, l’Articolo 88 della Direttiva 2001/83/CE ha stabilito in generale il divieto di pubblicità per determinate categorie di farmaci;(2) dunque non può che desumersene, a contrario, che la pubblicità deve intendersi sempre consentita per le restanti: “una legislazione che introducesse in via generale, in assenza di specifiche necessità, divieti ulteriori, travalicando i limiti tracciati dal citato art. 88, si esporrebbe al serio rischio di incompatibilità comunitaria”.
In sostanza, per effetto delle citate decisioni, la possibilità di pubblicità al pubblico è stata estesa a tutti i SOP e il Ministero della Salute non può respingere richieste di autorizzazione alla pubblicità al pubblico di farmaci senza obbligo di prescrizione per il solo fatto che non sono OTC.
Ciononostante il Ministero della Salute non sta concedendo l’autorizzazione alla citata pubblicità e tiene bloccate le procedure mediante un “parere sospensivo” in attesa che il Consiglio Superiore di Sanità fornisca le sue valutazioni circa le avvertenze specifiche che devono contenere i messaggi pubblicitari dei medicinali SOP non OTC.
Detto parere sospensivo sembra essere in contrasto con:
- l’Art. 118 del D. Lgs. 209/2006 (Codice del Farmaco), sulla procedura di autorizzazione della pubblicità presso il pubblico, che non prevede valutazioni da parte del CSS (richieste invece espressamente dal D. Lgs. 209/2006 nell’ambito delle procedure di AIC e di farmacovigilanza) e il comma 2 del citato Articolo che già prevede il coinvolgimento di una Commissione di Esperti quale organo consultivo ai fini dell’autorizzazione, il CSS si andrebbe dunque a sovrapporre a tale Commissione;
- i commi 8 e 9 dell’Art. 118 del D. Lgs. 209/2006 che indicano tempi e modalità della procedura di autorizzazione senza prevedere l’ipotesi della sospensione della procedura, anzi in assenza di riscontro entro 45 giorni dalla domanda la pubblicità si intende autorizzata.
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(1)“Entro il 31 dicembre 1993, la Commissione unica del farmaco di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, procede alla riclassificazione delle specialità medicinali e dei preparati galenici di cui al comma 9 del presente articolo, collocando i medesimi in una delle seguenti classi:
- a) farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche;
- b) altri farmaci privi delle caratteristiche indicate alle lettere a) e b) ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico;
- c) altri farmaci privi delle caratteristiche indicate alle lettere a) e b) ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta con accesso alla pubblicità al pubblico;
- c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico (OTC)
(2)Gli Stati membri vietano la pubblicità dei medicinali “che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica” e di quelli “contenenti sostanze definite come psicotrope o stupefacenti ai sensi delle convenzioni internazionali”.