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In generale, l’intervento regolatorio demandato alle Autorità è mosso dalla necessità di disciplinare le diversità e le specificità proprie di mercati imperfetti a seguito di liberalizzazioni o di privatizzazioni per bilanciare istanze di mercato e istanze sociali di interesse generale. Il “mercato” del ciclo integrato dei rifiuti è, invece, in gran parte, gestito da enti pubblici (i Comuni, la cui diffusa partecipazione al processo è stata inizialmente valutata quasi come di ostacolo alla trasparenza e all’efficienza come affermato nel documento 713/2018/R/RIF, punto 19.3) ed è regolato, quanto alla provvista finanziaria, da una tassa avente natura tributaria e non da una tariffa avente natura corrispettiva.
Pur essendo meritorio ed efficace l’intervento attuato in un settore dove regna(va) un caos sovrano l’Autorità, rischia di andare oltre le attribuzioni conferitele dall’articolo 1, comma 527, della legge 205/17 quando pone tra i propri obiettivi (deliberazione 242/2019/A, OS14) “la definizione di criteri per accompagnare la transizione - su tutto il territorio nazionale - da tassa a tariffa (avente natura di corrispettivo ..)”. Non si legge infatti nelle norme che disciplinano il settore questo generale auspicato passaggio da tassa a tariffa né tantomeno esso può essere del tutto condiviso anche a fronte dell’inversione operata dal regime tariffario della TIA a quello tributario della TARI. Il legislatore ha sì inteso istituire, in recepimento della direttiva 2018/851/UE, meccanismi “premianti” di tassazione sulla base delle quantità puntuali prodotte ma ha anche tenute vive le altre modalità gestorie fondate sulla tassa quale strumento di concorso alle pubbliche spese proprio in funzione della graduale attuazione del complesso disegno legislativo.
Inoltre la generale concezione dei costi portata avanti dall’Autorità come vincolo al ricavo del gestore, nel caso di specie, non tiene conto che il gestore di cui si discute – il Comune in questa fase nella gran parte dei casi - dalla gestione non ha un ricavo ma subisce perdite per mancati incassi che minano stabilmente gli equilibri di bilancio.
Sotto il piano procedurale poi l’Autorità, a fronte del mandato ricevuto e del poco tempo a disposizione, mossa dalla esigenza di riorganizzare il settore in attuazione dei compiti affidatele dalla legge, ha “saltato” una serie di passaggi propedeutici, come quello della lett. a) del c. 527, disponendo norme che in alcuni casi esulano il carattere regolatorio ed incidono sul quadro normativo che disciplina la potestà impositiva degli enti. La legge 147/13 al comma 652 dispone che il Comune, nella commisurazione della TARI tiene conto dei criteri determinati con il D.P.R. 158/99. La stessa Autorità afferma di raccogliere la proposta emersa dalle consultazioni di applicare una regolazione che disciplini l’aggiornamento, in coerenza con le linee generali definite nel d.P.R. 158/99. Il problema è che tale d.P.R. continua ad essere vigente e, nella pratica molte delle disposizioni del MTR si sostituiscono a quelle nello stesso previsto. C’è quindi da chiedersi se la delibera 443/2019/R/ abbia implicitamente abrogato (e avesse la forza per farlo) le disposizioni sostituite nel d.P.R. 158/99.
Un altro esempio in cui la disposizione regolatoria supera la legge è rappresentato dalla recessività dei fabbisogni standard di cui all’articolo 1, comma 653, della legge n. 147/2013 rispetto ai costi efficienti previsti dall’ARERA.
Le ricadute di tali previsioni, sono enormi anche in termini di costi per i contribuenti tassati in base a regole cui l’ente impositore è chiamato a dare applicazione (si pensi alla revisione degli anni 2018 e 2019 i cui oneri saranno sostenuti anche da contribuenti estranei alla dinamica d’imposta di quegli anni, in spregio dei principi “chi inquina paga” e “paga come consumi”, all’inasprimento della quota variabile a scapito della quota fissa ed al contenzioso nei confronti degli enti derivante dall’applicazione del MTR).
Un ultimo aspetto è poi degno di nota. Il sistema regolatorio avrebbe dovuto essere armonizzato con l’articolazione delle competenze definite dal titolo V della Costituzione e dalla complessa e articolata normativa di settore e questo non solo su iniziativa dell’Autorità (che bene ha fatto in merito ad istituire luglio di quest’anno un tavolo tecnico permanente con regioni ed autonomie locali 333/2019/A) ma su chiara indicazione del legislatore cui deve essere riservata la fissazione delle regole.
Insomma sarebbe auspicabile un intervento del legislatore che accompagni l’Autorità nel compire il riordino del mercato.