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La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in un procedimento scaturito dall’infortunio mortale di un operaio e che vedeva coinvolti, quali imputati, oltre al datore di lavoro, anche il RSPP aziendale. Mentre l’operaio in questione stava eseguendo operazioni di ingrassaggio delle parti interne di una vasca di mescolamento, un collega, ignaro della sua presenza, aveva riavviato l’impianto. A seguito di tale operazione l’operaio era rimasto schiacciato tra gli alberi rotanti dell’impianto.
Nel corso dell’istruttoria era stato appurato, per quel che più interessa, che:
- i presidi di sicurezza non risultavano collegati;
- i rischi connessi alla mansione non erano stati valutati nel DVR aziendale.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha condannato il RSPP per omicidio colposo, sulla base del seguente principio: “… pur svolgendo all’interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l’obbligo giuridico di adempiere diligentemente all’incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri”.
Ciò premesso è utile ricordare, al riguardo, che l’art. 33 del d.lgs. 81/2008, nell’elencare i compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione, prevede che lo stesso “… provvede: a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale; b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure; c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali...”.
Emerge allora con ogni evidenza come il RSPP rappresenti, di fatto, il cuore pulsante dell’intero sistema di prevenzione e protezione contro gli infortuni sui luoghi di lavoro. Ciò è tanto più chiaro se solo si considera che è solo grazie all’opera del RSPP che il datore di lavoro è in grado di venire puntualmente a conoscenza della pericolosità della propria attività e di predisporre, quindi, le misure idonee a farvi fronte.
Ed è proprio in ragione di tale fondamentale ruolo che lo stesso potrà, quindi e in caso di omissioni, essere chiamato a rispondere anche in via esclusiva. Infatti, a conclusione del proprio ragionamento, la Corte di Cassazione chiarisce che “... pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa, che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione”. In buona sostanza, nel caso in cui venisse accertato che, ove il RSPP avesse rilevato la carenza nel sistema di sicurezza aziendale e avesse poi adeguatamente avvisato il datore di lavoro, quest’ultimo - con ogni probabilità - avrebbe provveduto ad adottare le idonee misure di prevenzione e protezione, egli potrà essere l’unico soggetto ritenuto penalmente responsabile per l’infortunio occorso.
All’esito delle più recenti pronunce giurisprudenziali emerge chiaramente, allora, la necessità di prevedere in Azienda, anche tramite specifiche procedure interne, un sempre più attivo, costante ed approfondito confronto tra tutte le figure del complesso sistema della sicurezza, privilegiando il fondamentale ruolo del RSPP quale collegamento necessario tra le funzioni di alta direzione e quelle più direttamente operative.