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L'art. 1337 c.c. impone alle parti di comportarsi secondo buona fede nella fase di formazione del contratto. La buona fede è da intendersi qui in senso oggettivo, come sinonimo di correttezza e regola di condotta, da valutarsi, da un lato, in un’accezione negativa come dovere di astenersi da qualsiasi condotta lesiva dell'interesse altrui e, dall’altro lato, in un’accezione positiva, come dovere di collaborazione volto alla promozione o alla soddisfazione delle reciproche aspettative.
L'art. 1337 c.c. è considerata una norma elastica, il cui contenuto non può essere predeterminato in maniera precisa. Essa sicuramente impone alle parti di:
- adempiere a doveri di informazione e chiarezza in merito a tutto quanto possa involgere l'interesse della controparte;
- porre in essere ogni atto necessario per assicurare la validità ed efficacia del contratto e del regolamento negoziale, evitando inerzie o reticenze;
- non recedere ingiustificatamente dalla trattative ossia non recedere allorquando si sia consolidato il giustificato affidamento della controparte nella conclusione del contratto e il recesso sia privo di giusta causa (da ultimo Sent. n. 771 del 3 aprile 2019, Tribunale di Vicenza).
L'inosservanza della clausola di buona fede e l'assunzione di comportamenti contrari a quelli sopra indicati generano responsabilità precontrattuale che può in via generale essere definita come responsabilità nascente da comportamenti sleali e scorretti tenuti nella fase delle trattative e prima della formazione del contratto, che si concretizzano in una lesione dell'altrui libertà negoziale.
L'inquadramento giuridico della responsabilità precontrattuale è stato a lungo controverso.
Nell'ambito della tradizionale suddivisione della responsabilità civile in contrattuale ex art. 1218 c.c., ed extracontrattuale, ex artt. 2043 ss. c.c. (tertium non datur), un primo orientamento riconduceva la responsabilità precontrattuale nell'alveo della responsabilità aquiliana, sulla base del rilievo che tra i futuri contraenti non esisterebbe un precedente legame obbligatorio tale da fondare una vera e propria responsabilità contrattuale.
Più di recente, tuttavia, la Corte di legittimità, ha inquadrato la predetta responsabilità come di tipo contrattuale “da contatto sociale qualificato” così Cass. 14188/2016, conforme Cass. 25644/2017.
Con tale impostazione il Giudice di legittimità fondandosi sul dettato dell'art. 1173 c.c., che pone come terza fonte delle obbligazioni “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle”, ha ritenuto necessario attribuire autonomo rilievo a talune situazioni, meglio avvicinabili al contratto rispetto all'illecito, non pienamente inquadrabili in alcuna delle due macro-fattispecie.
L'orientamento in parola tende a valorizzare il dovere di protezione di cui all'art. 1175 c.c., sotteso a qualsiasi rapporto obbligatorio e non l'interesse alla prestazione e all'adempimento di cui all'art. 1174 c.c..
Si ritiene, pertanto, che la responsabilità precontrattuale non scaturisca dalla mera inosservanza del dovere del neminem laedere (art. 2043 c.c.) in capo a chiunque, bensì dalla violazione di specifichi obblighi, buona fede, protezione, informazione, che l’ art. 1337 c.c. pone in capo alle parti tra le quali si svolgono le trattative. Tale responsabilità è di natura contrattuale.
Tale inquadramento ha rilevanti ripercussioni sul piano pratico, stante in primo luogo la diversa disciplina in materia di prescrizione, con la conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione sancito dall'art. 2946 c.c. e non quello quinquennale di cui all'art. 2947 c.c. e in secondo luogo in materia di ripartizione dell'onere della prova.
A tal riguardo il danneggiato può infatti limitarsi a provare la fonte da cui scaturisce il proprio diritto e allegare l’inadempimento di controparte, senza richiedere una verifica sull'elemento soggettivo della colpa come, invece, richiesto per la responsabilità extracontrattuale, spettando al danneggiante la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento o dall’impossibilità dell’adempimento per fatto a sé non imputabile. Chi agisce in giudizio a titolo di responsabilità precontrattuale deve, dunque, allegare, e all’occorrenza provare, il danno e l’avvenuta lesione della propria buona fede, in una prospettiva di bilanciamento dei diritti delle parti coinvolte nella vicenda precontrattuale. Spetta invece al convenuto la prova della sussistenza di una giusta causa alla base dell'inadempimento.
Sotto il profilo del pregiudizio risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale, infine, la Corte di legittimità ha in più occasioni affermato che il risarcimento deve essere circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto (danno emergente), sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale (lucro cessante).
Il riconoscimento di una diversa natura della responsabilità precontrattuale e tutte le affermazioni giurisprudenziali in materia di “contatto sociale qualificato” hanno determinato un significativo ampliamento dell'area di applicazione della responsabilità contrattuale. Ciò è stato certamente il frutto di un'evoluzione nel modo di intendere la responsabilità civile che dottrina e giurisprudenza hanno operato, nella prospettiva di assicurare a coloro che instaurano con altri soggetti relazioni significative e rilevanti, sempre più numerose e diffuse nell'evolversi della società, una tutela più incisiva ed efficace rispetto a quella garantita dalla responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c..