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La Responsabilità estesa del produttore (Extended producer responsibility, in acronimo EPR) ha ricevuto nuova linfa vitale con l’emanazione della Direttiva 2018/851/UE[1], che ne ha stabilito a livello generale per tutti gli Stati membri presupposti e limiti, anche attraverso l’introduzione di una serie di requisiti minimi[2].
A livello nazionale nel nostro ordinamento, tuttavia, già esistevano singoli regimi applicativi di responsabilità estesa del produttore. Si vuole parlare in questa sede del regime afferente agli Pneumatici fuori uso[3].
Nello specifico, tale forma di responsabilità, si traduce in una serie di misure volte ad assicurare che al gestore degli Pneumatici spetti non solo la responsabilità finanziaria, bensì anche la responsabilità organizzativa nella gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto (ossia lo pneumatico) diventa un rifiuto. Inoltre, tale forma di responsabilità, arriva perfino a ricomprendere la responsabilità in ordine alla prevenzione dei rifiuti ed alla riutilizzabilità e riciclabilità dei prodotti.
A ben vedere, la stessa si pone quale naturale trasposizione del principio di chi inquina paga[4] (polluter-pays principle) e dei principi sottesi alla gerarchia dei rifiuti, che prediligono soluzioni volte a prevenire la produzione del rifiuto o quantomeno ad incentivarne il riutilizzo/riciclaggio/recupero[5].
Inoltre, la medesima si pone quale strumento prediletto per promuovere il passaggio verso una Economia Circolare, ossia quale modello economico ove il valore intrinseco dei beni e prodotti è mantenuto il più a lungo possibile.
Nello specifico, tra gli obblighi inerenti alla gestione degli pneumatici fuori uso[6] (PFU) - in regime di EPR - si segnalano quelli contenuti nell’art. 228[7] del TUA e nel D.Lgs 11 aprile 2011 n. 82[8], i quali impongono ai loro produttori/importatori[9], tra l’altro di:
- assicurare la raccolta e la gestione di un quantitativo di PFU almeno equivalente a quello immesso nel mercato nazionale;
- comunicare annualmente:
- la quantità e le tipologie di pneumatici immessi sul mercato;
- le quantità, le tipologie e le destinazioni a recupero o smaltimento degli PFU;
- il rendiconto economico completo della gestione;
- assicurare la gestione degli PFU singolarmente o in forma associata, direttamente o attraverso gestori autorizzati;
- destinare l’avanzo di amministrazione – laddove sussistente – alla gestione degli stock storici esistenti [10], in misura non inferiore al 30%;
- utilizzare gli strumenti informatici, per rendicontare i flussi quantitativi dei PFU all’origine, alla raccolta ed all’impiego;
- di finanziare il tavolo permanente di consultazione sulla gestione dei PFU;
- di garantire obiettivi di raccolta e di gestione.
In tale contesto, fondamentale appare l’azione dei c.d. Consorzi di Filiera, al fine di provvedere alla creazione di efficaci sistemi di autocontrollo o ancora per traghettare tutti i soggetti coinvolti nella loro gestione verso i c.d. mercati di sbocco rilevanti. Non vi è, invero, chi non veda come la propulsione oggi svolta dai Consorzi di Filiera - quale Ecopneus - ai fini dell’individuazione dei possibili utilizzi della gomma riciclata (per la creazione ad esempio di pavimentazioni stradali o sportive, ovvero per l’utilizzo degli stessi nell’edilizia, o ancora quale combustibile per la produzione di energia), incentivi i loro produttori ad un utilizzo responsabile e organizzato delle risorse.
In conclusione, al fine di tendere sempre di più verso una Economia Circolare, anche i produttori dei prodotti sono responsabili della gestione di tutto il ciclo di vita del prodotto, compresa la fase in cui lo stesso diventa un rifiuto.