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Nella vita di qualsiasi società non è infrequente che i soci si trovino ad affrontare situazioni di crisi gestionale o di dissidio con gli amministratori, che rischiano anche di portare al blocco dell’attività di impresa.
In questi frangenti, accade talvolta che gli amministratori adottino atteggiamenti ostruzionistici diretti ad evitare il più possibile l’intervento dei soci, facendo anche forza sulle disposizioni di statuti adottati senza particolare cognizione di causa o mutuando formulari proposti senza particolari accorgimenti rispetto alla specifica situazione della società o della compagine sociale.
Nelle società a responsabilità limitata, tuttavia, il nostro ordinamento offre un rimedio a tali situazioni di crisi, garantendo ai soci che detengono almeno un terzo del capitale sociale il potere di sottoporre determinati argomenti all’assemblea, anche in contrasto con la diversa opinione degli amministratori (art. 2479 comma 1 c.c.).
Dal punto di vista pratico, si è però spesso posto il problema di chi avesse il potere di convocare una simile assemblea, specialmente nel caso in cui lo statuto della società affidasse in via generale il potere di convocazione all’organo gestorio, e quindi generalmente al Consiglio di Amministrazione (o all’Amministratore Unico).
Affrontando situazioni di tal genere, la giurisprudenza di merito e di legittimità sono intervenute - in più occasioni e anche recentemente - , statuendo che i soci hanno il potere diretto di convocare l’assemblea, anche in deroga alle diverse previsioni statutarie, e comunque senza necessità di ricorrere ad alcun provvedimento del Tribunale, non essendo prevista con riferimento alle società a responsabilità limitata una norma quale l’art. 2367 c.c. dettata per le società per azioni (cfr. Cass. Civile, sez. I, 25.05.2016, n. 10821; Tribunale Milano, decreto 02.05.2017 n. 1367, sentenza 10.11.2016, sentenza 12.3.2013 n.3404; sentenza 1.3.2012 n.5244; sentenza 11.11.2013 n.14157).
I giudici hanno infatti interpretato in maniera estensiva la norma dell’art.2479 primo comma c.c. che, nelle società a responsabilità limitata, attribuisce ai soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale il potere di sottoporre gli argomenti di discussione all’assemblea e conseguentemente hanno ritenuto che in esso rientra necessariamente anche il potere di convocazione diretta dell’assemblea su quegli stessi argomenti.
Tale conclusione è stata ritenuta la più conforme alla posizione di centralità che la riforma del diritto societario italiano del 2003 (D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 e successive modifiche e integrazioni) ha riconosciuto ai soci delle società a responsabilità limitata, e portando all’interpretazione dell’art. 2479 primo comma c.c. come una norma di garanzia inderogabile dei diritti e dei poteri di controllo riconosciuti ai soci.
Vincoli al potere dei soci previsti dalla legge
Il potere di convocazione diretto dei soci non è tuttavia senza limiti, dovendo essere comunque esercitato nell’ambito del generale principio di buona fede e a fronte dell’inerzia degli amministratori: in questo senso, la giurisprudenza si è premurata di precisare che la convocazione diretta dei soci presuppone che sia stato previamente e inutilmente sollecitato l’esercizio del relativo adempimento all’organo amministrativo. In altre parole, è necessario che prima venga richiesto agli amministratori di convocare all’assemblea e solo dopo che essi non abbiano provveduto, i soci potranno procedere direttamente alla convocazione. (cfr. Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, sentenza 22.09.2016).
Per la convocazione dell’assemblea nell’ambito di tale potere, i soci dovranno procedere comunque nel rispetto dello statuto, o in mancanza, della legge. Posto che, come accennato in precedenza, gli statuti normalmente non contemplano l’esercizio di tale potere, i soci dovranno quindi rispettare le previsioni dell’art. 2479-bis comma 1 c.c., procedendo alla convocazione dell’assemblea con comunicazione per iscritto che riporti una descrizione precisa dell’ordine del giorno, nonché del luogo e dell’ora della riunione. Tale comunicazione dovrà poi essere inviata a tutti i soci, agli amministratori e all’organo di controllo (ove presente) utilizzando raccomandata con ricevuta di ritorno e dando un preavviso di almeno 8 giorni.
Il mancato rispetto di tali formalità rischia di assoggettare la conseguente delibera assembleare al rischio di impugnazione e di possibile dichiarazione di invalidità (cfr. Tribunale di Milano, Sez. spec. Impresa, ord. 14.06.2017). Si tratta ovviamente di un elemento che non va trascurato, posto che l’utilizzo di tale potere di convocazione si rende usualmente necessario in ipotesi di conflittualità endosocietaria, che rende quindi molto verosimili contenziosi giudiziari anche su questioni squisitamente formali o procedurali.
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Quanto sopra dimostra ancora una volta come nel sistema italiano, ai soci di società a responsabilità limitata è garantita un’apposizione di assoluta preminenza nell’ambito della struttura della società, che si presenta come un modello votato a valorizzare i profili di carattere personale presenti nelle piccole e medie imprese, che usualmente adottano forma sociale.
Tale preminenza è tale che i soci, in presenza di determinate condizioni, hanno anche il potere di auto-convocare un’assemblea e prendere decisioni, anche in contrato con le previsioni dello statuto e l’opinione degli amministratori. Come accennato in precedenza, tale diritto è spesso disconosciuto ma va tenuto in attenta considerazione perché può rivelarsi particolarmente importante nelle situazioni di dissidio con i membri dell’organo di gestione consentendo ai soci di evitare situazioni di stallo e prendere le decisioni che ritengano più opportune per l’attività della propria società, come ad esempio proprio la revoca degli amministratori.