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La prova dell’esportatore
L’Accordo tra UE e UK (Trade and Cooperation Agreement) prevede due modalità alternative per attestare l’origine preferenziale dei beni (articolo ORIG.18): a) una prova di origine rilasciata dall’esportatore che certifica che il prodotto è originario; b) la conoscenza di tale aspetto da parte dell’importatore.
Nel primo caso, l’attestazione di origine è rilasciata dall’esportatore del prodotto, direttamente in fattura o in altro documento di accompagnamento. È, dunque, l’esportatore ad autocertificare l’origine preferenziale, tenendo presenti le informazioni sul carattere originario dei materiali utilizzati nella produzione (articolo ORIG.19).
L’esportatore è responsabile della correttezza della dichiarazione di origine, nonché delle informazioni in essa contenute.
Per le operazioni commerciali di valore superiore a euro 6.000, solo gli esportatori iscritti nella Banca dati Rex hanno la possibilità di inserire in fattura la dichiarazione di origine preferenziale.
Considerato il breve termine tra la conclusione dell’Accordo e la sua entrata in vigore, è stato previsto, per un limitato periodo di tempo, che gli esportatori potessero certificare l’origine preferenziale dei prodotti esportati in UK utilizzando il proprio codice “Eori”.
Le imprese non ancora registrate nella banca dati Rex sono tenute, pertanto, ad attivarsi il prima possibile per ottenere lo status di “esportatori registrati”.
Da segnalare che l’iscrizione nella banca dati Rex è stata semplificata, grazie al “Portale dell’operatore Rex”, operativo dal 25 gennaio 2021, il quale consente di acquisire, attraverso una procedura integralmente online, la certificazione di esportatore registrato Rex (Agenzia delle dogane e dei monopoli, circolare 20 gennaio 2021, n. 4/D). Non vi sono, dunque, particolari formalità o rallentamenti, poiché di fatto la registrazione avviene sulla base dell’autocertificazione dell’operatore. In ogni caso, l’Agenzia delle dogane si riserva di effettuare, in seguito, verifiche circa la corretta determinazione dell’origine preferenziale dei beni, con tutte le rilevanti conseguenze anche in termini di rischi di eventuali responsabilità e sanzioni.
Per la dichiarazione di origine preferenziale, l’esportatore deve acquisire la dichiarazione del fornitore, che attesti l’origine (UE o extra UE) dei materiali utilizzati per la fabbricazione del prodotto esportato in UK (Allegato ORIG-3 dell’Accordo).
Da segnalare che, per tutto il 2021, gli esportatori potranno rilasciare le attestazioni di origine per le esportazioni verso il Regno Unito anche in assenza di una precedente dichiarazione del fornitore.
Con il Regolamento di esecuzione n. 2020/2254, la Commissione europea ha espressamente previsto che, per tutto il 2021, gli esportatori potranno attestare l’origine preferenziale dei beni anche se non sono ancora in possesso di una dichiarazione del fornitore. Essa dovrà essere, in ogni caso, emessa successivamente, non oltre il 1° gennaio 2022 e dunque con valore anche per le operazioni già eseguite. Se entro tale data l’esportatore non sarà in possesso della dichiarazione del fornitore, deve darne informazione all’importatore UK, entro il 31 gennaio 2022.
La dichiarazione dell’importatore
In alternativa all’autocertificazione dell’esportatore, la prova dell’origine preferenziale è rappresentata dalla conoscenza del carattere originario del prodotto da parte dell’importatore (art. ORIG.21).
Si tratta di un’ipotesi prevista soltanto dal TCA e dal precedente Accordo di libero scambio con il Giappone, con l’unico limite dato dall’eccessiva indeterminatezza delle relative condizioni.
Entro il termine di tre anni dall’operazione, la Dogana di importazione può effettuare una verifica circa l’origine preferenziale della merce. Nell’esecuzione di tali controlli l’Ufficio può richiedere all’importatore tutte le registrazioni dimostrative della conformità del prodotto rispetto alle prescrizioni per l’acquisizione del carattere originario.
Semplificazioni
In definitiva, molti sono i cambiamenti indotti dalla Brexit e dall’Accordo TCA, con un impatto immediato sulle imprese e sul settore pubblico. Per questa ragione, e per evitare un totale stop agli approvvigionamenti dall’Europa, è stato unilateralmente previsto un periodo transitorio per le importazioni nel Regno Unito.
Inizialmente, il governo britannico aveva deciso di introdurre i nuovi controlli doganali in tre fasi, con piena applicazione da luglio 2021. Fino a tale data, ora posticipata al mese di gennaio del 2022, le importazioni in UK non devono essere obbligatoriamente accompagnate da una dichiarazione doganale, che può essere presentata successivamente. Per ridurre i tempi di attesa alla Dogana UK, in sostanza, non vi è l’obbligo di presentare immediatamente tutta la documentazione doganale. L’operatore ha, tuttavia, l’onere di tenere traccia delle operazioni di importazione effettuate, registrando i dati identificativi dei beni e dell’operazione svolta. La dichiarazione doganale completa dovrà, infatti, pervenire alla Dogana britannica entro sei mesi dall’importazione.
L’Accordo, inoltre, ha previsto alcune significative semplificazioni, finalizzate a evitare eccessivi rallentamenti nelle operazioni doganali. In particolare, per scongiurare il crearsi di lunghe code ai punti di frontiera, il Regno Unito e l’Unione europea si impegnano a semplificare gli adempimenti doganali, riducendo i tempi e i costi per gli operatori e rafforzando la cooperazione e l’agevolazione degli scambi (art. 5 “CUSTMS”).
Altro tema di grande interesse concerne lo status di operatore economico autorizzato (c.d. Aeo). L’Accordo prevede il mutuo riconoscimento delle certificazioni rilasciate nell’Unione europea e nel Regno Unito (allegato CUSTMS-1) per i titolari di autorizzazioni Aeo con la componente sicurezza (Aeos e Aeof). Ciò comporterà, per tali soggetti certificati dall’Agenzia delle dogane, minori controlli relativi alla sicurezza, acquisizione di affidabilità legale, doganale e finanziaria dell’operatore e un trattamento prioritario al momento dello sdoganamento.