25 Settembre 2018

Lo stato di dissesto di un comune: effetti e conseguenze

MARISA MERONI

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Abstract

Il Tribunale di Agrigento con la sentenza n. 1088 pubblicata il 17 settembre 2018 respinge un’opposizione a decreto ingiuntivo e conferma il decreto emesso a favore di una società di factoring contro un comune siciliano per un importo inferiore ad €50.000.

In apparenza una vicenda lineare, quasi routinaria, una sentenza che potrebbe non essere neppure letta dalle parti processuali che si sono rivolte alla giurisdizione italiana. Parti che si limiteranno a registrare il rispettivo debito e credito nei relativi partitari.

Ma così non è parsa a me che leggendola ho apprezzato la passione del magistrato per la decisione che doveva assumere e che è diventata occasione per approfondire alcune questioni tematiche di non poco rilievo che qui in sintesi propongo.

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La controversa natura del giudizio di opposizione

Il dott. Gerlando Lo Presti Seminerio, il magistrato a cui si deve la sentenza, offre qualche interessante riflessione sulla natura del giudizio di opposizione e chiarisce, in modo assai persuasivo, che essa non possa essere considerata come un’azione di impugnazione del decreto ingiuntivo emesso, ma introduca un giudizio ordinario di cognizione diretto ad accertare la fondatezza della pretesa azionata. Sul tema esistono, come segnala il magistrato, opinioni contrastanti in dottrina e in giurisprudenza.

Secondo l’impostazione proposta l’ingiungente opposto diviene attore in senso sostanziale mentre l’opponente assume la posizione sostanziale di convenuto.

Se la natura del giudizio non è quella di impugnazione del provvedimento monitorio, il Giudice dell’opposizione non sarà chiamato alla sola verifica della legittimità delle condizioni di emissione del provvedimento monitorio, ma dovrà accertare la fondatezza della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e, se il credito risulti fondato, condannare l’opponente al pagamento a prescindere dalla presenza di eventuali vizi o irregolarità nella procedura monitoria.

Oggetto principale e necessario del giudizio di opposizione è la domanda di revoca del decreto ingiuntivo e da tale domanda discende la distribuzione degli oneri probatori tra le parti in relazione alla causa petendi sulla quale l’opponete fonderà la sua domanda di revoca.

Un efficace schema di sintesi è il seguente:

La distribuzione degli oneri probatori dimostra con evidenza che l’opposizione non è una mera fase rescindente nella quale ci si può limitare a dedurre vizi formali del procedimento monitorio, ma un vero e proprio giudizio ordinario nel quale è essenziale avere ben chiara la distribuzione degli oneri probatori relativi ai fatti costitutivi ed estintivi del diritto di credito fatto valere nel giudizio.

La forma scritta ad substantiam per i contratti conclusi con la PA

La pronuncia siciliana affronta, quale secondo argomento, il tema ormai noto e consolidato della obbligatorietà della forma scritta per i contratti conclusi con la PA.

Nel merito il Tribunale conclude per la sussistenza della richiesta forma scritta in presenza di una delibera dell’organo collegiale dell’ente pubblico che ha autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista, tradotto poi in un distinto atto contrattuale sottoscritto dal legale rappresentante dell’ente e dal professionista incaricato.

In punto di diritto vengono esaminati gli art. 191 comma 4 e 194 comma 1 lett. e) del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 che prevedono, per il caso di acquisizione di beni e di servizi in violazione delle regole per l’assunzione degli impegni di spesa, che il rapporto obbligatorio intercorra, ai fini della controprestazione che sarebbe a carico dell’ente, tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura senza il rispetto della forma scritta o al di fuori degli impegni contabili dell’ente.

Il quadro normativo sopra sinteticamente tracciato rende chiaro che il Giudice non potrà sostituirsi alla PA per valutare l’esistenza della pretesa utilità o arricchimento dell’ente, ma dovrà limitarsi ad accertare la sussistenza del rapporto obbligatorio tra il funzionario/dipendente sottoscrittore e il soggetto privato che ha fornito i beni o i servizi.

La responsabilità diretta di coloro che hanno agito per conto della PA nei confronti dei privati nel caso di forniture di beni o di servizi, nelle quali l’ente eccepisca l’inesistenza del contratto per assenza della forma scritta o per mancanza dell’impegno di spesa o comunque della dichiarazione di utilità per l’ente, entra a pieno titolo tra le cause petendi che possono e debbono essere fatte valere davanti alla magistratura ordinaria, fosse anche in aggiunta alla tipica domanda sussidiaria di arricchimento senza causa.

Il legislatore con il D.lgs 267/2000 ha introdotto dei rimedi alla cattiva amministrazione che il privato deve conoscere e saper utilizzare.

Lo stato di dissesto di un Comune: effetti e conseguenze

L’ultimo tema che affronta la pronuncia n. 1088/2018 del Tribunale di Agrigento è quello relativo alla dichiarazione di dissesto di un Comune prevista dall’art. 248 del già richiamato decreto legislativo n. 267/2000.

I comuni italiani sono, almeno secondo le più recenti rilevazioni, 7954, tra questi, il numero di quelli in dissesto continua a salire. Nel 2009 i comuni in dissesto finanziario erano 2, nel 2010 le difficoltà finanziarie riguardavano 8 comuni, nel 2014 erano 180 i comuni sottoposti al rischio di fallimento, nel 2018 la procedura potrebbe riguardare quasi 400 comuni.

Non più un fenomeno residuale, ma un rischio che deve essere monitorato dagli operatori del mercato che intrattengono rapporti con la PA.

In sintesi, ecco i principali passaggi della procedura che applica i principi generali della par condicio:

Per concludere, nella pronuncia che ha suscitato queste brevi note il Giudicante ha espressamente accertato che il debito oggetto del giudizio era divenuto certo liquido ed esigibile dopo la data di dichiarazione del dissesto, pur riferendosi ad atti di gestione ordinaria antecedenti la dichiarazione e quindi esso doveva essere liquidato nelle forme ordinarie (e non rinviato alla commissione liquidatrice per essere assunto alla massa passiva del dissesto) con conseguente diritto agli interessi così come previsti dal Dlgs 231/2002.

Una pronuncia ben fatta, a prescindere dal valore della causa … vale anche per essa ciò che il poeta C. Peguy scriveva nel 1913 sul significato del lavoro: La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era inteso. Era un primato. Non doveva essere ben fatta per il salario o dietro salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone né per gli imprenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, per sé, nella sua stessa natura. Ogni parte della sedia che non si vedeva era perfettamente lavorata come ciò che si vedeva. Era il principio delle cattedrali. Non si trattava di essere visti o non visti. Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto.  

Charles Peguy 1913

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