05 Novembre 2019

La Suprema Corte sull’omesso deposito della ricevuta di spedizione dell’appello notificato per posta

CLAUDIO CIPOLLINI

Immagine dell'articolo: <span>La Suprema Corte sull’omesso deposito della ricevuta di spedizione dell’appello notificato per posta  </span>

Abstract

Nel processo tributario non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), notificato direttamente a mezzo posta, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione in giudizio, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell'avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall'ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario.

***

Introduzione

Nel processo tributario il ricorso in appello deve essere proposto con l’osservanza di precise regole riguardanti il momento della notifica e quello successivo della costituzione in giudizio davanti alla Commissione tributaria regionale.

In particolare, qualora la notifica del ricorso in appello avvenga a mezzo posta, il comma 2 dell’art. 22, D. Lgs. 546/1992 – richiamato per il giudizio d’appello dall’art. 53, comma 2, D. Lgs. 546/1992 - prevede che il ricorrente, al momento della costituzione in giudizio, debba depositare nella segreteria della Commissione tributaria adita, entro il termine di trenta giorni dalla proposizione del ricorso, non solo la copia del ricorso spedito per posta, ma anche la ricevuta della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale.

 

Il caso affrontato

Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità di un appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso una sentenza di primo grado che aveva visto vittorioso il contribuente.

Nel secondo grado di giudizio, la Commissione tributaria regionale aveva dichiarato l’appello inammissibile sulla base del fatto che l’Ufficio appellante aveva omesso di depositare la ricevuta di spedizione a mezzo del servizio postale dell’atto di appello, con conseguente supposta violazione del disposto dell’art. 22, comma 1, D. Lgs. n. 546/1992.

In sostanza, la CTR ha ritenuto che il deposito della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale costituisse condizione di ammissibilità del gravame ai sensi degli artt. 22, comma 1, e 53, comma 2, D. Lgs. n. 546/1992, sul presupposto che solo tale adempimento processuale consentisse la verifica dell’osservanza del termine per la proposizione dell’impugnazione e per la costituzione in giudizio dell’appellante.

 

Il principio affermato dalla Suprema Corte

Con la sentenza in esame la Suprema Corte conferma l’orientamento di legittimità per cui nel processo tributario l’avere omesso il deposito della ricevuta di spedizione della raccomandata al momento della costituzione in giudizio non sempre configura un motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale.

Secondo la Corte di Cassazione, in casi siffatti, il ricorso o l’appello sono comunque ammissibili ogniqualvolta risulti essere stato depositato almeno l’avviso di ricevimento della medesima raccomandata e a condizione che tale avviso di ricevimento riporti l’asseverazione da parte dell’ufficio postale della data di spedizione tramite stampigliatura meccanografica ovvero con timbro datario. Solo al sussistere di tali condizioni, come precisato nelle motivazioni di questa sentenza, “l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione”.

Al contrario, qualora l’avviso di ricevimento riporti la mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione, tale documento non potrà di per sé essere idoneo a dimostrare la tempestiva proposizione del ricorso o dell’appello, salvo il caso in cui sia ivi certificata dall’agente postale la ricezione del plico come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza.

 

Il precedente delle Sezioni Unite

Il principio affermato nella sentenza in esame è pienamente corrispondente alle conclusioni già raggiunte dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13453 del 29 maggio 2017 (1).

In quell'occasione, infatti, le Sezioni Unite avevano composto un contrasto giurisprudenziale che aveva visto per lungo tempo il persistere di due opposti orientamenti.

Secondo un primo indirizzo (2), la rituale costituzione in giudizio del ricorrente richiedeva, a pena di inammissibilità, il deposito della ricevuta di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. Secondo un altro indirizzo (3) il deposito, all'atto della costituzione, della ricevuta di spedizione sarebbe stato invece surrogabile mediante il deposito, sempre all'atto della costituzione, dell’avviso di ricevimento, atteso che anche l’avviso di ricevimento del plico raccomandato riporta la data della spedizione, per cui il relativo deposito deve ritenersi perfettamente idoneo ad assolvere la funzione probatoria che la norma assegna all'incombente.

 

Conclusioni

Alla luce del suddetto principio, la Suprema Corte ha così annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, concludendo per l’ammissibilità dell’appello proposto dall'Agenzia delle Entrate.

Tale pronuncia, ponendosi nel solco già tracciato dalle Sezioni Unite, conferma quindi un orientamento della giurisprudenza più sostanzialistico nell'interpretazione delle norme che regolano il processo tributario. In questo caso, la mera lettera del legislatore – che fa riferimento testualmente al deposito dell’avviso di spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale – è stata definitivamente superata attraverso una valorizzazione del contenuto dell’avviso di ricevimento, prendendo atto della sua idoneità a fornire sufficienti garanzie in merito all'identificazione della data di spedizione del plico.

 

 

Altri Talks