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Il tema dei crediti fiscali derivanti dalla normativa sul “Superbonus 110” è salito più volte nel corso dell’ultimo anno agli onori delle cronache, economiche e giudiziarie. Il vostro Studio ha prestato assistenza ad un primario Istituto finanziario danneggiato da alcuni dei meccanismi fraudolenti raccontati, appunto, dagli organi di informazione. Ebbene, quali sono le sostanziali differenze tra le sentenze della Corte di Cassazione del settembre 2022 e quella da ultimo pubblicata del novembre 2022?
Le sentenze di settembre sono le prime sentenze emesse dalla Corte di Cassazione, nell’ambito di giudizi per provvedimenti di natura cautelare, in relazione alle “devianze” che il meccanismo incentivante del Superbonus 110 ha portato con sé.
In quella vicenda, gli Ermellini si sono pronunciati sulla legittimità di sequestri multimilionari dei crediti d’imposta (si parla di circa 110 milioni di euro di credito d’imposta) derivanti dalla normativa sul “Superbonus 110”, decidendo su ricorsi presentati da banche ed altri istituti finanziari che avevano acquistato crediti derivanti da attività edilizie inesistenti (secondo quanto si legge nelle provvisorie contestazioni mosse dalle Procure della Repubblica nella fase delle indagini). In tal caso, quindi, il danno era doppio: i cessionari qualificati avevano acquistato in buona fede i crediti di imposta che sono stati, successivamente, bloccati dai provvedimenti di sequestro.
Nella sentenza di novembre, invece, la Corte si è trovata a decidere sui rilievi formulati dagli indagati, trattando, conseguentemente, di temi molto più inerenti i fatti e, quindi, la struttura dei reati contestati.
Il panorama delle frodi nel campo dei bonus edilizi è quanto mai controverso, si può dire che le sentenze della Suprema Corte si sia fatta chiarezza?
La risposta, purtroppo, non può che essere negativa.
A mio avviso, l’unico soggetto che potrebbe – e avrebbe dovuto – far chiarezza sul caos normativo e applicativo che regna in materia di bonus edilizi è il Legislatore.
La produzione normativa che ha interessato il settore, seppur animata dal lodevole intento di tentare di immettere liquidità in un’economia ormai stagnante e spossata dalla pandemia, è stata, sin da subito, foriera di innumerevoli dubbi. Uno su tutti: le responsabilità – di natura civile, penale e tributaria – in caso di violazione della normativa e, più in generale, le conseguenze che sorgono in capo a soggetti terzi che si limitano ad acquistare il credito d’imposta generato dal bonus edilizio.
La produzione normativa si è poi andata stratificando, talvolta contraddicendosi, e costantemente mutando in un lasso di tempo così breve da lasciare i soggetti coinvolti – dai committenti, ai general contractor, passando per istituti bancari e altri cessionari dei crediti – in balia delle numerose circolari, FAQ, comunicazioni, manuali di utilizzo della “Piattaforma Cessione Crediti”, etc. di Agenzia delle Entrate.
E come spesso accade nel nostro Paese, la Giurisprudenza di legittimità è stata chiamata ad assolvere un compito che oltrepassa le sue attribuzioni: tentare di superare le radicate criticità che, fin dalle prime applicazioni della normativa di settore, sono apparse evidenti agli operatori economici e giuridici.
Nel caso dei bonus edilizi, addirittura, sembra sia stato attribuito alla Corte di Cassazione il compito di prevenire il disastro economico a cui le casse statali rischiavano di andare incontro.
Quale la valutazione del ruolo e comportamento del tecnico asseveratore?
La sentenza di novembre 2022 sicuramente – proprio per le ragioni poste a fondamento dei ricorsi, molto “personalizzate”, essendo radicate sulla posizione processuale dei ricorrenti – fornisce qualche dettaglio sugli aspetti più operativi delle attività edilizie da cui poi derivano i crediti d’imposta, ma senza portare ad interpretazioni particolarmente innovative (la sentenza si sofferma molto sul SAL, utilizzando, tuttavia, criteri interpretativi non certo nuovi, come ad esempio il D.M. infrastrutture e trasporti n 49 del 7 marzo 2018, art. 14).
A loro volta, le sentenze di settembre 2022, non hanno avuto modo – sempre per ragioni soggettive relative alla parte che ha proposto il ricorso per cassazione – di approfondire il ruolo dei singoli, soffermandosi sulla complessiva disamina della normativa, sia penale sia extra penale.
Pertanto, dobbiamo lasciare da parte la vicenda processuale e commentare unicamente le norme.
I crediti d’imposta da bonus edilizi sono stati concepiti come strumenti volti a circolare in modo ampio e non pienamente controllabile. Proprio il Superbonus 110 era destinato a circolare attraverso il solo caricamento da parte del cedente, e relativa accettazione da parte del cessionario, sulla Piattaforma predisposta da Agenzia delle Entrate, senza che gli fosse neppure affiancato un codice alfanumerico identificativo.
Proprio l’assoluta libertà di circolazione sembra essere stato uno dei fattori che ha facilitato la “devianza” criminosa che ha portato alle sentenze di cui stiamo parlando ed a significative conseguenze sul sistema economico e finanziario (pubblico e privato).
In tal contesto, per potenziare i controlli, il legislatore ha deciso di introdurre una sorta di controllo preventivo, affidandolo proprio al Tecnico Asseveratore, con l’illusione che attribuire a un soggetto privato – che partecipa all’iter di creazione del credito d’imposta – possa consentire di superare lo scarso controllo che ha agevolato la commissione dei fatti sottoposti al vaglio della Magistratura.
Il lavoro della Magistratura che tipo di ricadute ha (o avrà) sulla prassi dei lavori edilizi agevolati?
Le ricadute delle vicende processuali sulle dinamiche economiche ed imprenditoriali ci sono state ben prima delle pronunce della Corte di Cassazione. È proprio la nascita di più procedimenti su tutto il territorio nazionale che ha avuto un forte impatto sui lavori edilizi agevolati.
Ancor oggi la stampa, nazionale e locale, racconta di tantissime imprese del comparto edilizio (in alcuni casi si parla di otto imprese su dieci) che sono intenzionate a non avviare nuovi cantieri.
Ma non basta. Molte imprese, infatti, sono in difficoltà a pagare tasse e imposte e, financo, i fornitori.
A ciò si aggiunga, ancora, che quasi due terzi delle imprese edili ha il cassetto fiscale “pieno”, senza trovare più soggetti interessati all’acquisto degli stessi.
E, quindi, anche le pronunce di legittimità non fanno che confermare i timori dei cessionari, confermando la sequestrabilità del credito d’imposta.