***
Quando parliamo di valorizzazione della società target riferendoci a sconti fissiamo l’attenzione sul “prezzo”, ovvero sulla espressione del valore della target in termini monetari o equivalenti.
Credo che i tempi siano maturi per cambiare prospettiva, alzare lo sguardo e ripensare alla meritevolezza delle operazioni di M&A basandosi sulla necessaria evoluzione del concetto di capitalismo.
La percezione di necessità muove dalla consapevolezza dei limiti che hanno dimostrato nel tempo, tanto il capitalismo di stato (state capitalism), quanto il capitalismo privato di mercato (shareholder capitalism).
Il primo non ha consolidato alcuna esperienza che possa costituire uno stabile modello attrattivo, capace di adattarsi anche in termini qualitativi ai movimenti del bisogno sociale.
Il secondo, rafforzato dalla deterritorializzazione resa più agevole dai processi di digitalizzazione, ha portato a incontrollata concentrazione di ricchezza, cui fa da contrappeso l’allargarsi della fascia di povertà in continua crescita a livello globale, con vasta induzione di gravi problematiche sociali e correlate instabilità e minaccia alla sicurezza.
Il World Economic Forum di Davos del 2020 ha proposto un nuovo Manifesto che, seguendo il pensiero di Klaus Schwab che ne è il promotore, oblitera la dicotomia storica tra state capitalism e shareholder capitalism, in favore del c.d. stakeholder capitalism.
Alle imprese private è riconosciuta la natura di “fiduciarie [trustee] della società”, che costituirebbe “la migliore risposta alle sfide sociali e ambientali di oggi”.
In tal senso il Manifesto auspica che le stesse grandi imprese multinazionali e sovranazionali abbiano la capacità di convertirsi a questo ruolo, riconoscendo la propria responsabilità sociale e improntando i propri comportamenti alla consapevolezza di essa.
Da qui la necessità di bilanciare l’obiettivo di valorizzazione di cui tendono a beneficiare i soggetti posti ai due estremi del modello elementare dell’operazione di M&A (investitore e disinvestitore) con l’oggetto dell’operazione stressa, ovvero la target, avendo attenzione alla creazione ed espressione di valore per l’impresa e tutti i suoi stakeholders, oltre che dell’impresa.
Ancora oggi assistiamo ad operazioni di M&A costruite senza investimento di capitale di rischio, senza alcuna effettiva creazione di valore per l’impresa, sulla quale vanno a battere solo i costi di maggiore indebitamento, con aspettative di rendimento di equity, a scapito degli stakeholders esistenti e della stessa solidità dell’impresa.
Attrarre investimenti funzionali a un interesse allargato significa favorire l’apporto di capitali in equo bilanciamento con la leva finanziaria, ponendo al centro il valore creato per l’impresa e per i suoi stakeholders, tra i quali sono certamente compresi anche gli azionisti, tenuto conto del contesto in cui l’impresa è inserita.
Le ricadute sociali della crisi globale iniziata con il crack Lehman (2008) e quelle, di caratteristiche diverse, indotte dalla pandemia Covid (2020), in uno con il progressivo affermarsi, anche a livello normativo sovranazionale e nazionale della rilevanza dei fattori ESG, vedono il nostro Paese ancora fermo all’art. 2247 del codice civile, la cui interpretazione evolutiva resta rimessa allo sforzo dell’interprete, mentre la tanto declamata importanza dell’attrattività di capitali ha dato fino ad oggi prova di favorire operazioni che al nostro Paese hanno lasciato pochissimo o addirittura sottratto sistematicamente valore e potenziale.
Sorprende come in tale contesto faccia difetto una legislazione sulla crisi d’impresa e sulle operazioni straordinarie che favorisca l’attenzione per il valore sociale dell’impresa e che riconosca come meritevole ogni condotta che abbia concretamente a cura la salvaguardia di tale valore nel tempo; lo stesso c.d. Codice della Crisi d’Impresa si presenta ben lungi dall’intercettare l’economia criminale, quanto dall’essere idoneo a perseguire i dichiarati obiettivi, tanto da richiedere ripetuti rinvii, che ci auguriamo possano portare a ripensare alla radice l’intera novella normativa.
Rispetto a tali scenari, in parte già consuntivabili (basti vedere da un lato il vasto mondo che gravita attorno alle NPE bancarie, dall’altro l’esperienza maturata sull’approccio degli investitori ai processi di riequilibrio delle imprese), riteniamo che la dicotomia usuale tra investitore finanziario ed investitore industriale vada perdendo di attualità, in favore di un diverso criterio di analisi dell’investimento che guardi non tanto al profilo soggettivo istituzionale dell’investitore, quanto all’orizzonte ed alle modalità del suo intervento.
Se è naturale che l’investitore persegua un ritorno per sé, il giudizio qualitativo sull’operazione, che, tradotto in termini legali, significa causa meritevole di tutela, non può prescindere dall’analisi funzionale delle seguenti prospettive, tra loro correlate:
- il contesto in cui l’investitore interviene (es. start up, early stage, bonis, crisi, concorsuale, liquidatorio, …);
- le modalità tramite cui l’operazione di investimento e valorizzazione della target ha luogo (es. debito, equity, delocalizzazione, consolidamento, integrazione, …);
- l’orizzonte temporale, tenuto conto del settore in cui opera la target (prospettiva di breve, di medio, di lungo periodo;
- l’impatto dell’operazione sui soggetti ed enti diversi dai detentori dell’equity, ovvero sugli stakeholder, nella accezione più lata del termine.
La discontinuità indotta dalla congiuntura pandemica attuale, l’ampiezza di essa e le ricadute attese nel medio periodo rappresentano componenti primarie di un terreno fertile per dare dignità ad una rinnovata prospettiva di valorizzazione dell’impresa tramite le operazioni di M&A.
Un sistema finanziario ed economico in buona salute richiede processi di valorizzazione che riconoscano tra i principi misuratori, anche in chiave di meritevolezza della causa in contrapposizione all’abuso del diritto, i concetti fatti propri dal sopracitato Davos Manifesto e in parte già riconoscibili nei fondamenti della Carta dell’Economia Civile presentata a Firenze nel settembre 2020, su cui confidiamo possa convergere, quantomeno, l’attenzione degli operatori istituzionali e dell’interprete, anche nella funzione giurisdizionale.