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Dopo 10 anni di attesa è stato raggiunto l’accordo definitivo tra Commissione, Consiglio e Parlamento Europeo per convertire in legge la direttiva UE 2022/2381 (“Women on Boards”), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’UE il 7 dicembre 2022, finalizzata a introdurre, nelle aziende dell’Unione Europa, procedure di assunzione trasparenti e una rappresentanza di genere più equilibrata nei consigli di amministrazione delle società quotate.
Come evidenziato nelle premesse della direttiva, i consigli di amministrazione delle società nell’UE sono caratterizzati da elevate disparità di genere. Secondo l’EIGE (European Institute for Gender Equality), nel 2021, le donne erano infatti fortemente sottorappresentate nei processi decisionali in ambito economico, in particolare ai massimi livelli: il 30,6% era la percentuale di donne tra i membri dei consigli delle più grandi società quotate e solo l’8,5% di queste tra i presidenti del consiglio di amministrazione, nonostante il 60% dei nuovi laureati nell’UE fosse donna.
In Italia, il rapporto 2021 Consob sulla Corporate Governance ha evidenziato che nei consigli di amministrazione, la presenza femminile era intorno al 36%, e le amministratrici delegate erano solo il 2%. Anche nel 2022, l’Italia è rimasta ben al di sotto della media europea, trovandosi al quattordicesimo posto tra i Paesi UE nella classifica elaborata sulla base del Gender Equality Index, lo strumento sviluppato dall’EIGE utilizzato per misurare il livello di parità di genere all’interno dei Paesi UE.
Di fronte a questa situazione, la direttiva Women on Boards, volta ad aumentare sostanzialmente il numero delle donne nei consigli di amministrazione delle imprese dell’UE, fissa delle soglie minime vincolanti al fine di promuovere la parità di genere nei processi decisionali e di consentire, conseguentemente, alle donne di assumere incarichi dirigenziali.
In un’indagine di EY - 2022 Accelerate D&I in the Boardrooms to create long-term value and sustainability – è stato inoltre dimostrato che la diversità all’interno degli organi direttivi delle società può portare a un modello aziendale dinamico in grado di assumere decisioni più equilibrate con migliori standard professionali.
È dimostrato, inoltre, che la diversità di genere negli incarichi dirigenziali è in grado di incidere positivamente sulla redditività d’impresa, favorendone una crescita sostenibile a lungo termine.
Dunque, in forza della direttiva in esame, entro il 30 giugno 2026, nelle società quotate di grandi dimensioni (che occupano più di 250 dipendenti, il cui fatturato annuo supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo supera i 43 milioni di euro), gli appartenenti al sesso sottorappresentato dovranno occupare almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi; nel caso in cui gli Stati scelgano di applicare le nuove norme agli amministratori con e senza incarichi esecutivi, la percentuale scende al 33% di tutte le posizioni da amministratore di una società quotata.
La direttiva, prevede, inoltre alcuni obblighi di trasparenza e di controllo, con particolare riguardo agli obblighi di trasparenza, i candidati dovranno essere selezionati sulla base di criteri chiari, formulati in modo univoco durante l’intera procedura di selezione. Le società quotate dovranno quindi adeguare il processo di selezione dei candidati per la nomina di amministratore, e la selezione dovrà avvenire sulla base di determinati criteri, tra i quali: l’analisi comparativa del titolo di studi di ciascun candidato; la modalità di presentazione delle domande non discriminatorie; la predisposizione di avvisi di posto vacante ecc.
In presenza di candidati ugualmente qualificati in termini di competenza e rendimento professionale, la priorità spetterà al candidato del sesso sottorappresentato. Nonostante ciò, si potrà optare per il candidato dell’altro sesso, in casi eccezionali, ad esempio in caso di perseguimento di altre politiche in materia di diversità.
Sempre nell’ottica della trasparenza, si prevede che le aziende comunichino alle autorità competenti, una volta all’anno, informazioni in merito alla rappresentanza di genere nei loro consigli e in merito alle misure prese per conseguire gli obiettivi della direttiva. Tali informazioni dovranno, successivamente, essere pubblicate anche sul sito web della società.
Quanto agli obblighi di controllo, gli Stati Membri dovranno designare uno o più organismi competenti per l’analisi, il monitoraggio e la promozione dell’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate. Sarà inoltre rimesso agli Stati Membri il compito di stabilire, in base alla normativa nazionale, le sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi posti dalla direttiva che potranno essere di natura pecuniaria o potranno comportare la nullità della nomina del candidato eseguita in violazione delle norme sopra citate. Le sanzioni devono in ogni caso essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Conclusivamente, c’è tempo sino al 28 dicembre 2024 affinché il nostro Paese e gli altri Stati membri possano recepire la normativa e sino al 30 giugno 2026 perché le imprese si adeguino agli obiettivi in essa previsti.