12 Luglio 2021

Avvalimento: la CGUE sulla sostituzione dell’impresa ausiliaria

LUCIANA CAROLI

Immagine dell'articolo: <span>Avvalimento: la CGUE sulla sostituzione dell’impresa ausiliaria </span>

Abstract

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 3 giugno 2021, ha affermato che una normativa nazionale che preveda l’esclusione automatica di un concorrente da una procedura di gara, nel caso l’impresa ausiliaria abbia reso dichiarazioni non veritiere sull’esistenza di condanne penali passate in giudicato, è incompatibile con il diritto europeo.

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L’istituto dell’avvalimento

L’avvalimento è un istituto di derivazione europea, la cui finalità è garantire la massima partecipazione degli operatori economici alle procedure di gara, ampliando la concorrenza.

Con tale istituto, si riconosce al concorrente che ne è privo di servirsi dei requisiti di un altro soggetto, allo stesso legato da un rapporto giuridico qualificato, cristallizzato nel contratto di avvalimento.

Esso è disciplinato nell’ordinamento nazionale dall’articolo 89 del d.lgs. 50/2016 (“Codice dei contratti pubblici”) che, sul tema oggetto di approfondimento, prevede:

  1. un meccanismo di esclusione automatica del concorrente dalla procedura di gara, nell’eventualità in cui siano rese dichiarazioni non veritiere (comma 1, quarto periodo);
  2. una modalità correttiva che impone la sostituzione dell’impresa ausiliaria che non soddisfa un criterio di selezione o per la quale sussistono motivi obbligatori di esclusione (comma 3);
  3. tale correttivo non si applicherebbe al primo caso, di talché il concorrente non potrebbe sostituire l’impresa ausiliaria in caso di dichiarazioni mendaci.

La giurisprudenza amministrativa ha osservato che la ratio di tale preclusione risiede nella gravità stessa della dichiarazione mendace la quale, a prescindere dal contenuto, incide fortemente sull’affidabilità del futuro contraente. Una falsa dichiarazione, a differenza di una condotta omissiva o reticente, difatti, depone in maniera inequivocabile nel senso della non integrità morale dell’operatore economico.

 

Incompatibilità con la disciplina europea dell’esclusione automatica del concorrente per fatto dell’impresa ausiliaria

Sul tema, si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione europea (“CGUE”), con sentenza del 3 giugno 2021, nella causa C-210/20, affermando l’incompatibilità con i principi e le norme di cui agli articoli 57 (“motivi di esclusione”) e 63 (“affidamento sulle capacità di altri soggetti”) della direttiva 2014/24, di una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di gara qualora venga resa una dichiarazione non veritiera sull’esistenza di condanne penali passate in giudicato in capo all’impresa ausiliaria, senza consentire all’offerente di sostituire detto soggetto.

Secondo la direttiva interpretata dalla Corte, le stazioni appaltanti possono imporre - o essere obbligate dallo Stato membro a imporre - che l’operatore economico concorrente sostituisca l’impresa ausiliaria, qualora nei suoi confronti sussistano motivi di esclusione. Gli Stati membri possono esclusivamente prevedere che tale facoltà riconosciuta all’amministrazione dalla direttiva 2014/24/UE diventi un obbligo, non invece privare la stazione appaltante della facoltà di esigere tale sostituzione.

Si tratta di un’interpretazione, a dire della CGUE, che assicura il rispetto del principio di proporzionalità. Difatti, la direttiva 2014/24/UE consente alle stazioni appaltanti di garantire integrità e affidabilità degli offerenti, cercando di non determinare la cessazione di rapporti di fiducia instaurati fra l’operatore economico e la medesima amministrazione.

Proprio in tale prospettiva, lo stesso articolo 57 della direttiva prevede un meccanismo di ravvedimento operoso (cd. “self-cleaning”), attraverso il quale l’operatore economico può dimostrare la propria affidabilità. In tali circostanze, prima di esigere dall’offerente la sostituzione dell’impresa ausiliaria, a causa della sussistenza di un motivo di esclusione, l’amministrazione deve riconoscere la possibilità all’offerente e al soggetto ausiliario di presentare misure correttive eventualmente adottate al fine di poter essere considerato nuovamente come soggetto affidabile.

Solo successivamente, qualora non siano state adottate misure correttive, o se le stesse siano ritenute insufficienti dalla stazione appaltante, si imporrà al concorrente di provvedere alla sostituzione dell’ausiliaria.

Tuttavia, al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento, occorre assicurare che la sostituzione del soggetto interessato non conduca ad una modifica sostanziale dell’offerta. Ciò frustrerebbe una concorrenza sana ed efficace fra le imprese partecipanti ad un appalto pubblico.

 

Il principio di proporzionalità

La Corte di giustizia ha effettuato un’interpretazione della normativa di riferimento coerente con il principio di proporzionalità.

Occorre anzitutto esigere che le norme interne non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato dal diritto dell’Unione, optando sempre per la scelta meno restrittiva della concorrenza.

In secondo luogo, la massima espansione del principio di proporzionalità si coglie nelle valutazioni compiute dalla stazione appaltante.

L’amministrazione ha, infatti, l’onere di valutare attentamente l’atteggiamento del concorrente alla gara, tenendo conto dei mezzi di cui lo stesso dispone per verificare l’esistenza di una violazione riconducibile all’impresa ausiliaria. Nel caso oggetto di giudizio, la Corte ha ritenuto che il concorrente non avesse a disposizione i mezzi necessari per verificare la veridicità della dichiarazione dell’ausiliaria in merito alla sussistenza di eventuali condanne penali passate in giudicato.

Qualora si accerti che l’operatore economico abbia operato con diligenza, l’esclusione automatica risulterebbe palesemente in contrasto con il principio di proporzionalità, afflittiva e contraria ai principi della direttiva 2014/24.

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