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Il principio del c.d. “Km 0” negli appalti pubblici, sebbene venga reiteratamente evocato dal legislatore nazionale nel tentativo di rilanciare l’economia locale, sembrerebbe essere giunto al capolinea.
Per quanto qui di interesse, il principio in oggetto si traduce nella possibilità, da parte delle stazioni appaltanti, di premiare, in sede di valutazione delle offerte presentate per una gara d’appalto, le imprese che abbiano sede nelle vicinanze del cantiere. Vengono, in estrema sintesi, privilegiate tutte quelle “aziende di prossimità” rispetto al luogo di esecuzione dell’appalto.
La misura, nello specifico, sembrerebbe trarre origine – dal non chiarissimo - comma 13, dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei Contratti Pubblici), che prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano indicare nel bando di gara alcuni “criteri premiali” che intendono applicare alla valutazione dell’offerta, in relazione, ad esempio, a beni, lavori, servizi che presentano un minore impatto sulla sicurezza e salute dei lavoratori e sull’ambiente, ivi inclusi “beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero”.
Nonostante l’apparente apertura del Codice dei Contratti Pubblici all’utilizzo del criterio del “Km 0”, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), con delibera n. 1142/2018, ha bocciato i suddetti criteri sotto diversi profili: (i) non risulterebbe in alcun modo dimostrato il fatto che la “vicinitas” al cantiere possa tradursi in un’offerta “più efficiente ed efficace”, e dunque migliorativa sotto il profilo qualitativo; (ii) devono ritenersi “contrari ai principi concorrenziali” quei criteri relativi all'attribuzione di un ulteriore punteggio agli operatori economici che siano in grado di dimostrare l’impiego di personale (maestranze e referente tecnico) proveniente dal territorio di riferimento, nonché quello della vicinanza (della sede operativa) al sito del cantiere.
ANAC sottolinea come i criteri in questione, “non potendo essere ragionevolmente giustificati in nome di un’effettiva incidenza sulla prestazione richiesta, essendo ben possibile che anche operatori aventi dipendenti e organizzazione stabile al di fuori della distanza richiamata possiedano i requisiti tecnico-organizzativi richiesti per assicurare un’efficiente esecuzione dei lavori”, finiscano per determinare, in buona sostanza, un vantaggio del tutto svincolato dalle caratteristiche oggettive dell’offerta, in violazione dei principi che reggono il mercato concorrenziale.
In conclusione, dunque, non è possibile sostenere che il parametro della “vicinanza territoriale rispetto al sito del cantiere” stimoli un reale e sereno confronto concorrenziale tra operatori economici.
Diversamente, il principio del “Km 0” sembrerebbe scoraggiare la partecipazione di quei soggetti che non possono vantare una particolare vicinanza, restringendo così – iniquamente – la rosa dei partecipanti alla gara pubblica. È chiaro che in un simile contesto l’obiettivo di acquisire il miglior servizio alle condizioni maggiormente convenienti verrebbe compromesso a favore del servizio semplicemente più vicino e a discapito dei principi di tutela della par condicio e della concorrenza.
È noto come le indicazioni di ANAC possano scoraggiare le stazioni appaltanti dall’inserire il principio del “Km 0” nei propri bandi, ma non possano né modificare la norma, né vincolare il giudice in un eventuale giudizio.
Sarà dunque necessario attendere gli sviluppi applicativi della norma ovvero eventuali -prospettati- interventi legislativi, per poter determinare la sopravvivenza del principio in esame.