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Nel settore delle pubbliche forniture, ove vige, tra gli altri, anche il principio di economicità, i farmaci c.d. biosimilari, con il venire meno della copertura brevettuale su determinati prodotti farmaceutici originator, rappresenta una rivelante opportunità di mercato consentendo altresì un notevole risparmio di spesa per le Aziende Ospedaliere.
In tale ambito, permangono però aree di esclusività, sia per la non perfetta equivalenza tra prodotto originator e prodotto biosimilare, sia per la specificità di certi trattamenti sanitari, che continuano a richiedere determinati trattamenti farmacologici.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 3458/2018 ha quindi cercato di offrire puntuali indicazioni, al fine di accertare quando un prodotto biosimilare possa essere legittimamente posto in concorrenza, in una gara d’appalto, con il prodotto originatore.
La vicenda riguardava appunto una gara nell’ambito della quale sono stati posti in concorrenza due diversi tipi di medicinali ritenuti equivalenti sul piano terapeutico: il farmaco biologico originator e quello biosimilare, messo in commercio a seguito dell’autorizzazione europea rilasciata su parere favorevole dell’EMA.
La ditta produttrice del farmaco biologico originator, nel primo grado di giudizio, impugnava l’aggiudicazione intervenuta in favore della società che commercializzava il farmaco biosimilare, in base all’assunto per cui i due prodotti in questione, benché basati sul medesimo principio attivo, avrebbero presentato caratteristiche ed efficacia terapeutica diverse, tali da non consentirne la messa in gara nell’ambito di un medesimo lotto.
La Stazione Appaltante contestava tale tesi difensiva osservando come i prodotti in gara: a) si basassero sul medesimo principio attivo; b) avessero la stessa denominazione (tossina botulinica) e stesso codice nel sistema di classificazione anatomico terapeutico e chimico (ATC); c) fossero equiparabili quanto a funzionalità terapeutica, secondo quanto accertato a livello europeo dall’EMA.
Il Tar Toscana, con sentenza n. 1473 del 2017, osservava, invece, come la formulazione di un giudizio di equivalenza dovesse essere sorretta da una adeguata istruttoria che non poteva fondarsi esclusivamente sulla identità del principio attivo e sul parere formulato in sede europea dall’EMA ai fini della autorizzazione alla messa in commercio ed accoglieva pertanto il ricorso.
Tali argomentazioni non sono state però condivise dal Consiglio di Stato.
I Giudici di Palazzo Spada, infatti, hanno infatti evidenziato come i vari prodotti biotecnologici (originator e similari) basati sullo stesso principio attivo, benché in qualche misura differenti tra loro per la complessità dei processi produttivi che li originano e, dunque, non qualificabili come "equivalenti" o "similari" in senso stretto, possono tuttavia essere usati come se fossero equivalenti nella generalità dei casi e salvo eccezioni, sempreché si osservi la cautela, una volta iniziato il trattamento con un prodotto, di proseguirlo con lo stesso prodotto.
Sulla base di tale assunto “un giusto limite di contemperamento entro il quale diversi prodotti farmaceutici biotecnologici possono essere messi in diretta competizione non può non tenere conto sia della complessità della valutazione di equivalenza terapeutica che su di essi si può esprimere; sia della necessità di perseguire un giusto equilibrio tra la tutela della salute pubblica e la sostenibilità per il bilancio pubblico della relativa spesa”.
In conclusione, il ricorso della Stazione Appaltante è stato accolto sulla base della considerazione per cui “rappresenta una accettabile approssimazione e un adeguato punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza, l'interesse pubblico all’approvvigionamento di farmaci contenenti un dato principio attivo al miglior prezzo disponibile e la tutela del diritto alla salute, declinato nella garanzia della continuità terapeutica”.
Alla luce di quanto sopra, dunque, devono ritenersi legittime le procedure di gara strutturate in modo da porre in concorrenza fra loro il farmaco originator e quello biosimilare, nell’ottica di una liberalizzazione del mercato farmaceutico per i prodotti non più coperti da brevetto.
Il presente articolo è stato redatto con la collaborazione dell’avv. Lisa Mason, componente del team dei Professionisti dello Studio