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La partecipazione delle cooperative sociali alle gare pubbliche e il tema del corretto CCNL da applicare
Le cooperative sociali del c.d. "Tipo B", regolamentate dalla legge 381 del 1981 e aventi lo scopo di “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”, svolgono attività finalizzate all’inserimento lavorativo di "persone svantaggiate" (v., art. 1 della legge n. 381/1981) nel settore agricolo, industriale, commerciale o nei servizi.
Il 30 % dei lavoratori della cooperativa sociale deve far parte della categoria delle c.d. "persone svantaggiate", oltre ad essere soci della cooperativa stessa; inoltre, la condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione "proveniente dalla pubblica amministrazione" (cfr., art. 4, co. 2, legge. n. 381/1981).
È ormai pacifico in giurisprudenza che le cooperative sociali possano partecipare alle gare pubbliche - rientrando nella definizione di "operatore economico" prevista dal Codice dei contratti - anche in forza del fondamentale principio di massima apertura al mercato delle procedure pubbliche di selezione del contraente.
Ebbene, uno dei temi che aveva destato in passato maggiori incertezze riguardava la tipologia di CCNL che la cooperativa sociale era tenuta a rispettare ai fini della partecipazione alle gare pubbliche.
Risultava controverso se la cooperativa sociale dovesse applicare
- il CCNL di settore proprio delle cooperative sociali
o se, al contrario,
- fosse tenuta ad adottare il CCNL indicato nella lex specialis e utilizzato dalle imprese appartenenti al settore relativo alla gara.
In particolare, la questione si incentrava sulla sussistenza o meno di una condizione di indebito vantaggio competitivo per le cooperative sociali (con alterazione della normale concorrenza tra gli operatori), dovuta al minor costo della manodopera conseguente all'applicazione del contratto collettivo di settore, rispetto ai soggetti - non costituiti in forma di cooperative sociale - tenuti ad applicare contratti collettivi sul punto più onerosi.
A onor del vero, si evidenzia come la giurisprudenza amministrativa avesse escluso da tempo che dalla mera applicazione di un CCNL diverso potesse discendere un'automatica sottostima del costo della manodopera e, dunque, un'ipotesi di legittima esclusione dell'operatore dalla procedura di gara. Ciò in quanto la scelta del CCNL è rimessa alla libertà decisionale dell'imprenditore, con l'unico limite di garantire la coerenza del contratto prescelto con l'oggetto dell'appalto (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 giugno 2021 n. 4253; Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2019, n. 5575).
L'orientamento del Consiglio di Stato: la sentenza n. 4353 del 2021
In un tale contesto, è intervenuta la pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato n. 4353 del 7 giugno 2021 che nel ribadire un proprio precedente (Cons. Stato, Sez. V, n. 3571 del 2014) ha confermato i seguenti principi:
1. la cooperativa sociale nel partecipare alle gare pubbliche è tenuta a rispettare il proprio CCNL di settore (cfr. art. 30 d.lgs. n. 50 del 2016),
in quanto
2. ciò è coerente con la natura giuridica dell’impresa, con la relativa connotazione sociale e, a monte, con il rapporto biunivoco che lega forma giuridica cooperativa e contrattazione collettiva applicabile,
e al contrario
3. un obbligo (che si volesse trarre implicitamente dalla lex specialis) di adozione di un CCNL diverso da quello fisiologicamente applicabile, avrebbe l’effetto equivalente di scoraggiare la partecipazione alle gare pubbliche delle imprese cooperative sociali, ponendosi in contrasto con i fondamentali e inderogabili valori di massima apertura del mercato degli appalti pubblici.
Per completezza va aggiunto che i principi formulati dalla Quinta Sezione devono essere letti alla luce di quanto già espresso dal Consiglio di Stato nel succitato precedente del 2014 e confermato dalla più recente giurisprudenza, secondo cui: "la contrattazione collettiva che le imprese partecipanti a procedure di affidamento di appalti pubblici sono tenute a rispettare deve essere coerente con la natura delle prestazioni oggetto dei contratti posti a gara".
Il Consiglio di Stato con la pronuncia in commento ha altresì chiarito che l'adozione di un contratto collettivo recante condizioni deteriori per il trattamento economico del personale non integra un'implicita violazione della "clausola sociale" prevista dal disciplinare e applicativa dell'art. 50 del Codice dei contratti, in forza della quale l’appaltatore deve assorbire e utilizzare prioritariamente nell’espletamento del servizio, i lavoratori che già erano adibiti al servizio, prevedendo per questi ultimi l'applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Al contrario, secondo la Quinta Sezione: "il dovere dell’aggiudicatario di riassorbimento del personale dell’appaltatore uscente non è assoluto ed incondizionato, ma è, di contro, funzione delle effettive possibilità dell’impresa subentrante".
Invero, la clausola sociale opera:
- all’interno del margine di autonoma articolazione imprenditoriale dell’aggiudicatario;
- nell’ambito dell’inquadramento lavoristico applicato dall’aggiudicatario ai propri dipendenti, in base alle vigenti condizioni contrattualistiche.
In conclusione, la sentenza n. 4353/2021 del Consiglio di Stato va a inserirsi coerentemente nell'ambito del complessivo contesto di favor e sostegno alle cooperative sociali, ponendosi in linea con i più recenti interventi del legislatore nazionale in tema di enti del Terzo settore, tra i quali si segnala il decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 72 del 31 marzo 2021 che - superando molteplici fasi di stallo - ha finalmente adottato le linee guida "sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore".
Il presente contributo è stato redatto con la collaborazione del Dottor Ivan El Knizi, tirocinante avvocato presso DWF.