12 Luglio 2024

Discrezionalità della Stazione appaltante e del Giudice amministrativo in ordine al giudizio di integrità dell’operatore economico

CHIARA GUARDAMAGNA

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Abstract

Il Consiglio di Stato, con la sentenza Sez. V, sent. del 14 giugno 2024, n. 5354, assume posizione rispetto al giudizio sull’affidabilità del concorrente nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, e in rapporto a questo tema chiarisce quale declinazione debba avere il riparto delle sfere di attribuzione tra Stazione appaltante e Giudice amministrativo.

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La questione

La questione trattata dalla sentenza in commento – Cons. Stato, Sez. V, sent. 14 giugno 2024, n. 5354 – è se e in che termini possa essere sindacato il giudizio di integrità effettuato dalla Stazione appaltante su un operatore economico, e in particolare se sia censurabile la valutazione di non rilevanza dell’omissione dichiarativa sull’esistenza di un provvedimento penale a carico di un socio (cessato) dell’impresa concorrente (e aggiudicataria).

Il caso da cui originava il contenzioso aveva visto, dapprima, l’impugnazione dell’aggiudicazione motivata sulla mancata esclusione dell’aggiudicataria nonostante l’omissione dichiarativa. Il Tribunale aveva accolto il ricorso e annullato l’aggiudicazione con necessità di rinnovo delle valutazioni in merito all’affidabilità dell’impresa, e alla rilevanza di eventuali misure di self cleaning oltre che dell’omissione dichiarativa.

In esecuzione della sentenza, la Stazione appaltante aveva rinnovato le operazioni di valutazione e, all’esito di tale attività, aveva assunto un nuovo provvedimento di aggiudicazione a favore dello stesso operatore economico.

Nelle more dell’espletamento del procedimento di rinnovazione, il secondo classificato, che già aveva ottenuto la sentenza di annullamento, aveva avviato un giudizio di ottemperanza chiedendo, oltre all’esecuzione della sentenza, una declaratoria di nullità per elusione del giudicato, e il risarcimento del danno in caso di impossibilità totale o parziale di ottenere l’aggiudicazione.

Frattanto, però, in seguito alla nuova aggiudicazione il contratto era stato stipulato ed eseguito. Di conseguenza, il giudizio di ottemperanza è stato dichiarato in parte improcedibile ed è proseguito solo ai fini della delibazione della domanda risarcitoria per equivalente.

Anche in sede di ottemperanza, il Tribunale ha censurato l’operato della Stazione appaltante, ritenendo che pure il secondo provvedimento di aggiudicazione non fosse corroborato da elementi atti a giustificare il giudizio di affidabilità espresso sull’operatore economico. Sul presupposto, poi, che il secondo classificato avrebbe avuto titolo per ottenere l’aggiudicazione ed il contratto, è stata altresì accolta la domanda risarcitoria per il danno derivante dalla mancata aggiudicazione.

La Stazione appaltante ha dunque proposto appello avverso la sentenza emessa nel giudizio di ottemperanza, facendo valere la riserva della funzione amministrativa, i limiti della funzione giudicante, nonché l’inammissibilità/improcedibilità di alcune delle domande proposte nel giudizio di ottemperanza.

Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, per l’effetto, ha riformato la decisione – assunta nel giudizio di ottemperanza – di primo grado che aveva accordato il risarcimento al secondo classificato. In particolare, con una presa di posizione diametralmente opposta a quella del TAR, la pronuncia d’appello si è orientata nel senso che la Stazione appaltante avesse motivato in modo esaustivo sull’inesistenza di ragioni che giustificassero una valutazione di non affidabilità dell’impresa.

 

Discrezionalità della Stazione appaltante e limiti del sindacato giurisdizionale

Si segnalano due profili, tra loro correlati, che emergono dalla sentenza n. 5354/2024 del Consiglio di Stato.

Uno di carattere sostanziale, che riguarda il tema del giudizio di integrità sull’operatore economico ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, e i margini di opinabilità che vi sono implicati.

L’altro di carattere processuale, che concerne la separazione dei poteri tra Pubblica Amministrazione/Stazione appaltante e Giudice.

Sul piano sostanziale, il punto fermo della sentenza è che la valutazione di affidabilità del concorrente appartenga, ontologicamente, alla sfera di discrezionalità della Stazione appaltante. E tale discrezionalità può essere rimessa in discussione solo se e nel limite in cui appaia basarsi su un iter logico giuridico erroneo o non coerente.

Nel quadro di tali coordinate ermeneutiche, la valutazione compiuta nel caso concreto dalla Stazione appaltante è parsa – al Giudice dell’appello, diversamente che al Giudice di primo grado – dare “ampiamente” contezza del motivo per cui si è ravvisata la mancanza di valide ragioni per ritenere inaffidabile l’operatore economico.

Poiché nella vicenda contenziosa, da cui tutto aveva preso le mosse, veniva contestato all’Amministrazione committente di non aver escluso l’aggiudicatario, nonostante l’omessa dichiarazione sull’esistenza di un provvedimento penale disposto verso un ex socio, giova una puntualizzazione nell’ottica di una ricostruzione complessiva.

Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, l’omissione dichiarativa non si associa ad alcun automatismo escludente. È la Stazione appaltante a dover valutare se, nel caso concreto, l’omessa dichiarazione giustifichi un giudizio negativo sull’affidabilità del concorrente e, dunque, un provvedimento di estromissione nei confronti dello stesso. Come è stato ancora recentemente sottolineato “l’omissione dichiarativa non è equiparabile alla falsità e non costituisce di per sé autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta (in tal senso, cfr. già la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 16 del 2020; più di recente, della Sezione, cfr. la sentenza n. 8642 del 2023, ed ivi altri precedenti citati)” (così, Cons. Stato, Sez. V, sent. 4 luglio 2024, n. 5947).

Queste riflessioni sugli spazi di discrezionalità dell’Amministrazione hanno degli immediati risvolti in termini di limiti di sindacabilità delle relative valutazioni. Ci si riporta alle indicazioni dell’Adunanza Plenaria, sui “consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale in cui l’amministrazione sola è chiamata a fissare «il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente» … limiti che non escludono in radice, ovviamente, il sindacato della discrezionalità amministrativa, ma che impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione” (Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 28 agosto 2020, n. 16).

Sul piano processuale, la sentenza delimita i confini della funzione giudicante in rapporto all’ambito di discrezionalità dell’Amministrazione. Al “Collegio” – precisa la pronuncia – compete “valutare se l'insieme del contegno tenuto dall'operatore economico sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale la cui valutazione ai fini dell'esclusione dalla gara è interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante”. Applicato questo filtro al caso di specie, la conclusione del Consiglio di Stato è che il decisum di primo grado abbia travalicato la sfera di attribuzione dell’organo giudicante il quale avrebbe esercitato un sindacato di tipo sostitutivo sulle valutazioni rimesse alla Stazione appaltante. L’accesso al fatto, ricorda la pronuncia, “non può consentire la sostituzione del giudice alla pubblica amministrazione nelle valutazioni ad essa riservate”.

In questa cornice interpretativa si riconosce la linea di pensiero – consolidatissima – secondo la quale occorre distinguere, da un lato, l’accertamento del “fatto storico”, che precede qualsiasi valutazione, e, dall’altro lato, la “contestualizzazione del concetto giuridico indeterminato richiamato dalla norma” (tra le più recenti sul tema cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 28 maggio 2024, n. 4719; id., sent. 7 maggio 2024, n. 4124; id., sent. 4 marzo 2024, n. 2115; id., sent. 24 agosto 2023, n. 7931). Al Giudice compete verificare la correttezza delle operazioni e delle procedure in cui si sostanzia il giudizio tecnico dell’Amministrazione, “ma questo non toglie che, anche in relazione ad una non eludibile esigenza di separazione della funzione amministrativa rispetto a quella giurisdizionale, il Giudice non possa sovrapporre la sua idea tecnica al giudizio non contaminato da profili di erroneità e di illogicità formulato dall'organo amministrativo al quale la legge attribuisce la penetrazione del sapere specialistico ai fini della tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto” (cfr. ancora Cons. Stato, sent. 4719/2024, cit.; id. sent, 4124/2024, cit.; id., sent. 2115/2024, cit.; id. sent. 7931/2023, cit.).

 

Conclusioni

La decisione in commento ha quale riferimento normativo la pregressa disciplina dei contratti pubblici di appalto e di concessione, con specifico riguardo al sistema delle cause di esclusione ivi tracciato (art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), e tra queste, in particolare, la categoria, potenzialmente indeterminata, dei gravi illeciti professionali e l’incidenza che l’omissione dichiarativa sull’esistenza di un precedente penale possa avere ai fini della configurabilità di tale causa di esclusione.

Resta il fatto, che i principi su cui è costruito l’impianto motivazionale della sentenza si rivelano attuali anche rispetto al vigente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36). In proposito merita di essere evidenziato che l’assetto dell’odierna disciplina tende a circostanziare in termini più stringenti il giudizio rimesso alla Stazione appaltante, almeno per ciò che attiene alle cause di esclusione facoltativa a cui va ricondotta la categoria dei gravi illeciti professionali[[1]]. Siffatta impostazione dovrebbe impedire, in radice, interpretazioni estensive del dato normativo.

 

 

[[1]] Per una ricostruzione si veda ANAC, Delibera n. 148 del 20 marzo 2024, che, nell’esaminare il sistema delle esclusioni per come disciplinato dal nuovo Codice dei contratti pubblici, osserva “quanto disciplinato ora dall’art. 95 d.lgs. 36/2023 in tema di cause di esclusione non automatica e tipizzazione delle diverse fattispecie, in particolare, con riferimento alla ipotesi del grave illecito professionale normato al successivo art. 98 del suddetto Codice, laddove viene comminata l’esclusione del concorrente al ricorrere delle tre condizioni previste al comma 2 (elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6) e il grave illecito possa desumersi al verificarsi almeno di uno tra gli elementi ivi elencati al comma 3. La valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa (comma 4). Inoltre, le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara e diverse da quelle di cui alla lettera b) del comma 3 possono essere utilizzate a supporto della valutazione di gravità riferita agli elementi di cui al comma 3 (comma 5)”.

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