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La vicenda in esame di sintesi
Al fine di apprezzare al meglio la decisione del Consiglio di Stato, occorre brevemente ricostruire la narrativa della vicenda in esame.
In particolare, l’Amministrazione procedente, al fine di dotarsi di sistemi di logistica e informatici necessari allo svolgimento di due procedure concorsuali, individuava dei precisi requisiti che, a dire della ricorrente, sarebbero stati “diretti, nella realtà, a consentire l’individuazione di un solo soggetto operante sul mercato”. Segnatamente, infatti, nell’avviso esplorativo di mercato veniva mossa la richiesta, per l’espletamento della procedura concorsuale, di:
- disponibilità di una sede concorsuale per ciascuna Regione;
- requisiti strutturali e dimensionali delle sedi stesse;
- requisiti urbanistici delle sedi, quali collocazione al di fuori di centri urbani e parcheggi;
- requisiti delle strumentazioni e dei servizi informatici, tra cui la disponibilità di 12mila tablet, l’espletamento delle prove in modalità offline e la qualificazione presso il marketplace di AGID.
In tal senso, dunque, è possibile vagliare la circoscrizione, piuttosto puntuale, dei requisiti richiesti all’operatore economico.
La portata del giudicato e i principi sottesi
Ebbene, in via preliminare, il Consiglio di Stato offre una ricognizione della invalsa giurisprudenza nazionale che, sul punto, si è stratificata nel corso degli anni. In particolare, si afferma che “la scelta di fissare specifici requisiti di ammissione e/o di partecipazione ad una gara pubblica (…) ai fini della dimostrazione del possesso dell’adeguata capacità economico-finanziaria è ampiamente discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che essa non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria”. (Cons. Stato, V^, 1.6.2001, n. 2963; V^, 31.12.2003, n. 9305; VI^, 10.10.2002, n. 5442).
Dunque, ciò che rileva precipuamente è il fatto che la scelta dei requisiti di partecipazione, nel caso di specie, è intrinsecamente insindacabile, poiché riferita alle prerogative squisitamente discrezionali della Stazione appaltante.
Ulteriori indicazioni - rileva il Giudice Amministrativo - pervengono dal tessuto normativo del Legislatore europeo, nonché dalla relativa giurisprudenza sovranazionale: in tal senso, la decisione in commento prende corpo riferendosi alla costante tensione euro-unitaria che sussiste tra principio del favor partecipationis e individuazione puntuale dei requisiti di partecipazione.
In particolare, il Consiglio di Stato, riprendendo la ratio sottesa alla Direttiva 2014/24/UE e a numerose sentenze della Corte di Giustizia UE (tra tutte, sent. CGUE 17.9.2022, nel procedimento C-513/99)[1], riafferma che “nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell'interesse pubblico primario, l'amministrazione gode di un'ampia discrezionalità nella selezione dell'oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell’appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l’offerta adattarsi alla domanda e non viceversa (…). Il punto di equilibrio del sistema non è dato, sulla base dell’argomentazione sopra richiamata, dal numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto (uno, ovvero tre), ma dall’esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifica la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese (in tesi, anche da una soltanto: come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre2002, in causa C-513/99)”.
Conclusioni
Alla luce di quanto evidenziato, nonché in considerazione del novero dei requisiti soprarriferiti, il Giudice Amministrativo ha sancito che “i requisiti organizzativi e prestazionali imposti dal bando sono elevati, sì, ma pur sempre riconducibili ad esercizio di discrezionalità amministrativa e comunque mai oggetto di contestazione in termini di manifesta incongruità o di palese erroneità”.
Segnatamente, nella sentenza in esame, si evidenzia come la puntualità dei requisiti richiesti sia pienamente commensurata rispetto all’obiettivo manifestato dalla Stazione appaltante di svolgere le prove concorsuali nel rispetto del distanziamento anti-Covid e secondo un modello procedimentale pienamente digitalizzato.
Dunque, a fronte di una adeguata motivazione delle scelte della Stazione appaltante, l’attività amministrativa risulta pienamente legittimata, nel solco della piena discrezionalità.
Tra l’altro, a coronamento della decisione, il Giudice Amministrativo lamenta il fatto che “la ricorrente non ha fornito la prova di una restrizione, o addirittura eliminazione, della concorrenza nei termini prospettati; sia – soprattutto – perché lo stesso appellante non ha fornito la prova di una ipotetica non rispondenza di tale effetto economico ad interessi meritevoli di tutela, con una scelta ragionevole e proporzionata alle relative esigenze”.
Secondo quest’ottica, quindi, il Giudice Amministrativo suggerisce che, per offrire un certo spazio alla contestazione nel merito delle scelte, pur sempre discrezionali della Stazione appaltante, occorre provare nel concreto il danneggiamento della concorrenza tra operatori economici ed il come ciò infici gli interessi meritevoli di tutela.
[1] Consultabile integralmente al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:61999CJ0513&from=ES