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Enti pubblici e Modello IVA 2022
Con il Provvedimento n. 11160 del 14 gennaio 2022 l’Agenzia delle Entrate, in base a quanto previsto dall’articolo 8 del d.P.R. n. 322/98, ha approvato il nuovo modello IVA 2022, con le relative istruzioni, concernente la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto relativa all'anno 2021 da presentare nel 2022.
Come ogni anno, infatti, l’Amministrazione finanziaria adegua la struttura e il contenuto del modello di dichiarazione IVA alla normativa in vigore, anche alla luce delle novità intervenute nel corso del 2021.
Di seguito proponiamo alcune considerazioni in merito al menzionato modello dichiarativo, con particolare riguardo ad alcune peculiarità che caratterizzano la fiscalità IVA degli enti pubblici.
Dichiarazione IVA: operazioni “commerciali” e “istituzionali”
Prima di addentrarci nell’analisi di alcune regole base del modello annuale IVA di potenziale interesse per gli enti pubblici, è opportuno ricordare che la dichiarazione IVA di tali soggetti accoglie esclusivamente le operazioni “commerciali”, restando escluse dagli obblighi dichiarativi IVA, come regola generale:
- le operazioni svolte in qualità di “pubblica autorità”;
- i contributi ricevuti al di fuori di un vincolo contrattuale di corrispettività, generalmente percepiti a copertura dei costi sostenuti o da sostenere per il perseguimento di finalità e obiettivi di carattere generale.
Più in particolare, per gli enti pubblici non aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, l’articolo 4, c. 4, del d.P.R. n. 633/72 stabilisce che si considerano effettuate nell'esercizio di imprese (e quindi determinano, tra gli altri, anche l’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA) soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali.
Più complesso e delicato è invece il tema delle c.d. “attività istituzionali”; nel mondo IVA, infatti, non vi è una vera e propria norma di esclusione dal campo di applicazione dall’imposta per questa tipologia di operazioni.
Pertanto, salvo che l’ente pubblico non stia agendo in veste di “pubblica autorità” o che stia ricevendo un finanziamento/contribuzione slegato da un vincolo contrattuale caratterizzato dalla reciprocità delle prestazioni, le operazioni effettuate verso corrispettivo sarebbero da considerarsi rientranti nel campo di applicazione dell’IVA tutte le volte in cui sussista un rapporto sinallagmatico con il cessionario/committente.
A conferma indiretta di ciò, l’articolo 4, c. 6, del d.P.R. n. 633/72 prevede esplicitamente che le prestazioni sanitarie soggette al pagamento di quote di partecipazione alla spesa sanitaria (c.d. “ticket”) erogate dalle ASL siano operazioni fuori campo IVA; se non vi fosse stata questa specifica norma di esclusione, infatti, anche le prestazioni tipicamente istituzionali di un’azienda sanitaria locale sarebbero rientrate nel campo di applicazione dell’IVA (pur se nel regime di esenzione), coerentemente con il principio generale poc’anzi illustrato.
Qualora, invece, tali enti dovessero esercitare eventuali attività commerciali, queste ultime dovranno sottostare a tutti gli obblighi previsti dal d.P.R. n. 633/72, ivi incluso quello di presentazione della dichiarazione annuale IVA che, pertanto, dovrà accogliere le operazioni relative a dette attività.
Si pensi, ad esempio, alle prestazioni di ricerca svolte da un’Università per conto di enti pubblici e privati dietro corrispettivo o alle cessioni di organi, sangue, plasma sanguigno e latte umano poste in essere da una ASL.
Le operazioni effettuate nell’ambito di attività di “pubblica autorità”
Inoltre, secondo quanto previsto dall’articolo 4, c. 6, del d.P.R. n. 633/72, va ricordato che non sono considerate attività commerciali le operazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti di diritto pubblico nell'ambito di attività di pubblica autorità.
Con riferimento alla nozione di “pubblica autorità”, la Corte di Giustizia UE – con sentenza 14 dicembre 2000, causa n. C-446/98 – ha precisato che per definire se un ente pubblico agisca o meno in veste di “pubblica autorità” non assume alcuna rilevanza né l’oggetto e lo scopo dell’attività, né la circostanza che i beni utilizzati nello svolgimento dell’attività stessa appartengano al demanio o al patrimonio dell’ente pubblico.
Secondo la citata pronuncia, infatti, risultano determinanti le “modalità di esercizio dell’attività”, nel senso che è necessario stabilire se la stessa venga esercitata in regime di diritto pubblico o di diritto privato, cioè alle stesse condizioni giuridiche degli operatori economici privati.
Si tratta di quelle attività che vengono esercitate dall'ente “(…) per obbligo di legge (…)” volte alla “(…) tutela di interessi preminentemente pubblici (…) che implicano l'uso di poteri propri della pubblica autorità e, come tali, sono sottoposte ad un regime di diritto pubblico (…)” (v. Risoluzione n. 210 del 14 dicembre 2001).
Come può intuirsi, la verifica in questione non è sempre agevole; secondo quanto chiarito anche recentemente dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 699 dell’11 ottobre 2021, occorre sempre appurare nel concreto, indipendentemente dallo strumento giuridico utilizzato per regolamentare gli accordi tra le parti, quando l’ente svolge quella specifica attività con modalità tipiche degli operatori economici privati, con la previsione di reciproche obbligazioni e posizioni soggettive e la presenza di clausole contrattuali che prevedono cause di risoluzione o penalità per inadempimento e risarcimento danni.
Queste ultime, infatti, rappresentano elementi che testimoniano la corrispettività tra le somme erogate e l’attività finanziata e, quindi, l’assenza del requisito di “pubblica autorità”, con conseguente sussistenza dei presupposti per ritenere la specifica operazione rientrante nel campo di applicazione dell’IVA e relativo obbligo di inclusione della stessa nella dichiarazione annuale IVA.
Termine di presentazione della dichiarazione IVA 2022
Venendo agli aspetti pratici connessi alla dichiarazione IVA 2022, relativa all’anno 2021, va innanzitutto ricordato che la stessa può essere presentata a partire dal 1° febbraio 2022.
Il termine ultimo è invece fissato al 30 aprile prossimo; considerato che tale giorno cade di sabato, la scadenza è prorogata di legge al 2 maggio 2022, secondo quanto previsto dall’articolo 7, c. 1, lett. h), del D.L. n. 70/2011.
Nell’ipotesi in cui l’ente pubblico voglia evitare la presentazione della liquidazione IVA periodica relativa al quarto trimestre 2021 (c.d. “Li.Pe.”), in scadenza il prossimo 28 febbraio 2022, la dichiarazione IVA 2022 dovrà essere anticipata e presentata entro tale ultima data. Occorre però ricordare che, avvalendosi della facoltà di non trasmettere l’ultima Li.Pe. del 2021, sarà necessario compilare anche il quadro VP della dichiarazione IVA 2022, al fine di riepilogare in esso i contenuti della liquidazione periodica non inviata telematicamente in via autonoma.
Infine, come regola generale, va ricordato che le dichiarazioni presentate entro i 90 giorni dalla scadenza dei suddetti termini sono valide, salvo l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge (c.d. “dichiarazione tardiva”).
Quelle presentate, invece, con ritardo superiore ai 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono titolo per la riscossione dell’imposta che ne risulti eventualmente dovuta.
Versamenti e dichiarazione IVA 2022
Indipendentemente dalla data in cui viene presentata la dichiarazione IVA 2022, va evidenziato che l’imposta eventualmente dovuta in base al modello dichiarativo annuale dovrà essere versata entro il prossimo 16 marzo (sempre che il relativo importo sia superiore a euro 10).
Come regola generale, per gli enti pubblici che liquidano l'imposta con cadenza mensile, la dichiarazione annuale IVA dovrebbe risultare con un saldo dovuto pari a 0 o, al più, con un saldo a credito, considerato che la liquidazione IVA del mese di dicembre 2021 è già avvenuta lo scorso 17 gennaio (in quanto il 16 cadeva di domenica).
Tuttavia, vi possono essere dei casi in cui dal suddetto modello dichiarativo risulti un saldo di IVA a debito (o un minore credito IVA); si pensi, ad esempio, all’ente pubblico che abbia posto in essere nel corso dell’anno - in via non occasionale e nell’ambito dell’attività propria – una o più operazioni esenti.
In questa ipotesi, l’ente si trova ad operare nel regime di pro-rata di cui all’articolo 19-bis del d.P.R. n. 633/72 e dovrà determinare in via definitiva – in sede di dichiarazione annuale – la percentuale definitiva di detraibilità dell’intero anno 2021.
Qualora tale percentuale sia inferiore a quella (provvisoria) utilizzata dall’ente nel corso dell’anno, emergerà un debito IVA che dovrà essere versato entro il prossimo 16 marzo 2022.
Si tratta, quindi, di un’operazione di calcolo che dovrà essere necessariamente effettuata prima del termine ultimo del 2 maggio 2022, onde provvedere al pagamento tempestivo del quantum dovuto.
Il saldo IVA risultante dalla dichiarazione annuale potrà essere versato in un’unica soluzione oppure potrà essere rateizzato in un massimo di 9 rate, a partire dal 16 marzo 2022 e con ultima rata in scadenza il 16 novembre, fermo restando che - per le rate successive alla prima - sarà dovuto l’interesse fisso di rateizzazione pari allo 0,33% mensile.
Peraltro, il versamento del saldo IVA potrà essere differito alla scadenza prevista per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo d’interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.
Al fine di versare il saldo IVA 2021 gli enti pubblici che utilizzano il modello F24EP saranno tenuti ad utilizzare il codice tributo 619E (versamento IVA sulla base della dichiarazione annuale).
La gestione del credito IVA del 2021
Il credito IVA del 2021 risultante dalla dichiarazione annuale IVA 2022 potrà essere gestito secondo le consuete modalità.
Quindi, tale eccedenza potrà essere utilizzata nell’ambito delle liquidazioni periodiche IVA relative al 2022, in detrazione dall'imposta a debito che emerge da tali liquidazioni (si tratta della c.d. compensazione “verticale" del credito annuale IVA). In questo caso, non vi sono limiti di ammontare nell’utilizzo di tale credito.
In alternativa, il credito IVA del 2021 potrà – in tutto o in parte – essere compensato con altre imposte, contributi e altre somme dovute, mediante il Modello F24 (si tratta della c.d. compensazione “orizzontale” prevista dall’articolo 17 del d. lgs. n. 241/97). La compensazione “orizzontale” del credito IVA, infatti, dovrà sempre avvenire mediante l’utilizzo del Modello F24, anche se l’ente pubblico è obbligato all’utilizzo del Modello F24EP, non essendo prevista tale tipologia di compensazione in quest’ultimo modello di pagamento.
In tale ambito, occorre però ricordare che l’utilizzo in compensazione “orizzontale” è libero fino a € 5.000; invece, l’eventuale quota di credito eccedente tale importo potrà essere utilizzata in compensazione “orizzontale” solo previa presentazione telematica della dichiarazione annuale IVA e apposizione sulla stessa – da parte dei soggetti appositamente abilitati – del visto di conformità di cui all’articolo 35 del d. lgs. n. 245/97.
Peraltro, va ricordato che nel modello di dichiarazione IVA relativa al 2021, si è tenuto conto della nuova soglia di 2 milioni di euro per la compensazione “orizzontale” del credito IVA, secondo quanto disposto dall’articolo 1, c. 72, della L. n. 234/2021.
Infine, il credito IVA del 2021, al ricorrere di specifici requisiti, potrà essere richiesto – in tutto o in parte – a rimborso, mediante apposita istanza da presentare ai sensi degli artt. 30 e 38-bis del d.P.R. n. 633/72.
Il presente articolo è stato redatto con la collaborazione del Dott. Stefano Lizzani, Socio in LTPartners Studio Legale e Tributario