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Professor Bergaminelli, pochi giorni fa il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge anticorruzione. Si tratta di un provvedimento molto atteso dall’opinione pubblica e anche da molti operatori. Ci piacerebbe un Suo commento.
I punti di maggiore interesse sono a mio avviso tre.
In primo luogo rilevo – con piacere - il divieto per i condannati per reati di corruzione di contrattare, per qualsivoglia ragione con la pubblica amministrazione. Il cosiddetto “daspo” che, se approvata la norma, sarà ascritto per un minimo di 5 anni all’interdizione a vita. Ritengo indispensabile che corrotti e corruttori siano espulsi dalla sana società del business.
In secondo luogo, rilevo l’introduzione di sconti di pena e “clausole di non punibilità” per quanti denunciano i corrotti o forniscano prove utili alla condanna. Purtroppo la maggiore difficoltà riscontrata dagli inquirenti, nella lotta alla corruzione, è la difficolta di predisporre adeguate indagini, le quali -almeno fino ad oggi - partono essenzialmente dai cosiddetti reati spia, quali evasioni fiscali, reati fallimentari. Non emergono dalle denunce, perché nessuno ha interesse a denunciare. La magistratura, infatti, ha manifestato più volte la propria maggiore difficoltà nell’accertamento del patto corruttivo. La corruzione è spesso un paradigma di calcolo (Klittegart 1977), in cui corrotto e corruttore legittimano un comune interesse affinché tutto rimanga segreto. Senza considerare che, con l’attuazione di questo principio, si rende maggior dignità al wistleblower.
Da ultimo, La possibilità di utilizzare agenti sotto copertura, che invero mi piace molto meno dei precedenti presidi di prevenzione. Pur non trattandosi dell’agente provocatore, che avrebbe dato la stura a fenomeni delatori su vasta scala, l’agente sotto copertura, già utilizzato in reati di terrorismo, droga e pedofilia con grande utilità, avrà il suo ragionevole impiego solo nell’accertamento di un reato già esistente e per la conclamazione di un’attività probatoria. Ma siamo proprio convinti che i nostri inquirenti “sotto copertura”, siano pronti ad affrontare questo limite, senza lasciare spazio alla tentazione di provocare ed istigare, vanificando così non solo le attività di indagine, che non sarebbero più opponibili in sede di giudizio, ma soprattutto l’istituzione di ciò che, in altre circostanze, si è dimostrato essere un buon contributo istruttorio?
Il prossimo 27 settembre si terrà un nostro convegno al CNEL di Roma dedicato all’anticorruzione. Uno dei principali punti di riflessione è che per combattere la corruzione serve una volontà concreta e determinata. Le soluzioni ci sono, quasi sempre il problema è la loro applicazione. Da esperto in materia, qual è la sua opinione?
L’Istituto Italiano Anticorruzione che mi onoro di Presiedere e rappresentare, crede in una crescita culturale della responsabilità etica. Il nostro Paese e le nostre genti, sono abituate ad indignarsi nelle emergenze. Io credo poco nelle attività repressive, il nostro Codice Penale contempla fin troppe e considerevoli sanzioni in legittimo danno dei corrotti, non abbiamo bisogno di innalzamenti dei massimi editali. Sotto l’aspetto della normazione siamo fautori di un’adeguata revisione dei termini prescrizionali, per diversi ordini di ragioni. Da un lato al fine di una concreta ipotesi di punibilità dei corrotti per danno erariale e, dall’altro lato, per la conclamazione del danno reputazionale che impedisca al reo, in caso di pubblico amministratore, nuovo conferimento o attribuzione di incarico.
Propendiamo quindi per una scelta culturale e ne individuiamo e divulghiamo i punti nodali, quali la trasparenza assoluta dell’azione della Pubblica Amministrazione, ben oltre i criteri imposti dalla normativa FOIA, la crescita di una leadership etica, l’implementazione del wistleblowing, la centralità di specifici ed adeguati Codici di Comportamento, la rotazione del personale della Pubblica Amministrazione, non solo per gli apicali, la formazione valoriale.
Tra le aree a rischio di corruzione, l’ANAC ha evidenziato fin dalla sua determinazione 12 del 2015 gli affari legali e il contenzioso. Tra le fattispecie oggi più attenzionate vi sono in particolare gli affidamenti di incarichi legali, che secondo ANAC, Corte dei Conti e da ultimo anche Consiglio di Stato dovrebbero seguire procedimenti concorrenziali. Dal Suo punto di osservazione, come si stanno organizzando gli operatori?
Temo che nonostante le indicazioni delle Istituzioni Giurisdizionali ed Amministrative e, la meritoria attività di divulgazione di 4cLegal che ne ha fatto baluardo della sua mission, il conferimento di incarichi (soprattutto quelli) legali, sia ancora oggetto di discrezionalità diffusa ad opera di Enti ed Istituzioni. Mancano criteri univoci per la predisposizione di Albi e, laddove essi esistono, appaiono - ancor oggi – un po' troppo “cuciti su misura”.
Parlando di anticorruzione è facile imbattersi nella norma ISO 37001. Può fare un primo bilancio sulla diffusione di questo sistema di prevenzione e sulla sua effettiva efficacia a quasi due anni dall’approvazione dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione?
Devo dire che, in materia, il mio è un vero e proprio osservatorio di privilegio. Svolgo la duplice attività di consulente e quella, per alcuni versi ancor più affascinante, di esperto di schema – lead auditor – per i maggiori Organismi mondiali di certificazione. Lo Standard ISO 37001 rappresenta una vera rivoluzione nella tecnica di predisposizione dei modelli di gestione anticorruzione, completamente autonoma rispetto alla gestione del rischio sia dai modelli organizzativi 231 che dai Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione ai sensi della 190 del 2012. I vantaggi sono innumerevoli.
Anzitutto, la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di gestire, in modo sistemico ed integrato, i vari adempimenti normativi in materia di prevenzione della corruzione, previsto dalla legge 190, dal decreto legislativo 97 del 2016, dalla normativa FOIA, dal Piano Nazionale Anticorruzione 2016. Sul piano etico e dell’innovazione, la ISO permette di avere uno standard di prevenzione e contrasto della corruzione conforme alla “best practice” internazionale e di riconosciuto valore in Italia e nel mondo. Sul piano della competitività, gli Enti, le imprese, gli Organismi certificati si distingueranno dagli altri agli occhi degli stakeholders e in certi settori aumenteranno le loro chances di aggiudicarsi lavori e commesse, così come di dimostrare il loro impegno in un percorso di crescita compliante. Dal punto di vista della governance, gli amministratori di un’impresa che otterrà la certificazione avranno certamente assolto il proprio compito e dovere di assicurare che l’impresa abbia un idoneo e adeguato sistema di prevenzione dei rischi connessi alla corruzione. Sul piano finanziario, il vantaggio ulteriore di poter accedere a percorsi di Rating (Nuovo Regolamento AGCM Regolamento per definire l’attribuzione del Rating di legalità, 13 settembre 2016) dimostrando l'evidenza oggettiva del possesso di uno dei requisiti utili al conseguimento del Rating di Legalità, ovvero "di aver adottato modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione”. Sul piano dei rapporti con gli investitori, che già oggi risultano sempre più attenti a destinare i propri investimenti a imprese che garantiscano elevati standard di etica, legalità e sostenibilità del proprio business. Sul piano della mitigazione del rischio sanzionatorio ex d. lgs. 231/2001, la certificazione rilasciata da un ente autorevole e indipendente costituirà evidenza concreta sia della mancanza di gravi carenze organizzative, evitando l’applicazione di misure cautelari molto incisive, sia della adozione ed efficace attuazione di un idoneo modello organizzativo anti-corruzione, aumentando le chances di ottenere per l’ente l’esenzione da responsabilità. Infine, in relazione alla disciplina italiana degli appalti pubblici, la certificazione faciliterà l’acquisizione del rating di legalità da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, del rating di impresa da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione, e l’accesso alla procedura di “Self cleaning” alle imprese nel cui interno siano stati commessi reati di corruzione.