***
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, per un totale di 230 Articoli (a metà fra i 257 del Codice 2006 e i 220 del Codice 2016 attualmente in vigore), è suddiviso in cinque libri:
- Libro I - Dei principi, della digitalizzazione, della programmazione e della progettazione;
- Libro II - Dell’appalto;
- Libro III - Dell’appalto nei settori speciali:
- Libro IV - Delle concessioni e del partenariato pubblico-privato;
- Libro V - Del contenzioso e dell’Autorità nazionale anticorruzione. Disposizioni finali e transitorie.
Questi libri sono a loro volta suddivisi in Parti e Titoli che contengono i 230 Articoli.
I principi generali
La prima novità di rilievo, alla stregua della Carta Costituzionale, riguarda l’inclusione preliminare di una serie di principi generali che sono destinati a fungere da linee-guida nell’interpretazione e nell’applicazione del nuovo Codice (Articolo 4):
- Principio del risultato (Articolo 1);
- Principio della fiducia (Articolo 2);
- Principio dell’accesso al mercato (Articolo 3).
Gli altri principi, senza alcuna pretesa di esaustività, sono:
- Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento (Articolo 5);
- Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore (Articolo 6);
- Principio di auto-organizzazione amministrativa (Articolo 7);
- Principio di autonomia negoziale. Divieto di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito (Articolo 8);
- Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale (Articolo 9);
- Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione (Articolo 10);
- Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore (Articolo 11);
- Principi e diritti digitali (Articolo 19);
- Principi in materia di trasparenza (Articolo 20);
- Principio di rotazione degli affidamenti (Articolo 49);
- Principi generali in materia di selezione (Articolo 107).
Come si vede, alcuni sono principi ben noti, mentre altri rappresentano una vera e propria evoluzione della contrattualistica pubblica.
Oltre alla digitalizzazione delle procedure e al divieto di prestazioni professionali gratuite, possono evidenziarsi l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore indicati nei bandi e negli inviti dalle stazioni appaltanti (profilo che ha già suscitato alcune critiche del mondo imprenditoriale: v. Comunicato Stampa di FINCO, 8 novembre 2022) e soprattutto l’introduzione generalizzata del riequilibrio contrattuale anche al di fuori dell’ambito concessorio.
Rispetto al Codice attuale scompare il celebre Articolo 3 contenente una lunga serie di definizioni, che nel nuovo Codice vengono invece racchiuse nei singoli Articoli relativi ai vari istituti.
Livelli di progettazione
Per quanto riguarda i livelli di progettazione (Articolo 41), essi sono ridotti da tre a due: Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica e Progetto Esecutivo.
Revisione prezzi
Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi (Articolo 60), sul modello francese ed in continuità con quanto previsto dall’art. 29 del Decreto Sostegni-ter (DL 4/2022).
Cause di esclusione
Viene finalmente fatta maggior chiarezza sulle cause di esclusione automatica e non automatica, con la disciplina dell’esclusione, dei partecipanti a raggruppamenti e dell’illecito professionale (Articoli 94-98), aspetti finora affidati alle linee guida ANAC e alla giurisprudenza.
Subappalto
In materia di subappalto, eliminato ogni limite percentuale, saranno le stazioni appaltanti, eventualmente avvalendosi del parere delle Prefetture competenti, a indicare nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto da eseguire a cura dell’aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto; inoltre, le stazioni appaltanti indicheranno nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto (Articolo 119).
Dunque, recependo le indicazioni della Commissione UE sull’incompatibilità del divieto di subappalto “a cascata” (procedura di infrazione 2273/2018), viene ammesso il subappalto a cascata (finora vietato) ed esteso anche alle concessioni (Articolo 188).
Concessioni
In ambito concessorio la principale innovazione è nell’impostazione: il sostrato del nuovo Codice è la Direttiva 23/2014, che viene riprodotta testualmente in più punti per evitare il gold plating, mentre il Codice attuale riprende il vecchio Codice 2006 (con un articolo ad hoc sulle definizioni).
Come detto, nella bozza del nuovo Codice le definizioni sono accorpate alla disciplina dei singoli istituti e nelle concessioni l’Articolo 174 prevede che “Per ente concedente, ai sensi della lettera a) del comma 1, si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 1 della direttiva n. 2014/23/UE.)”.
Qui emerge una questione ermeneutica non di poco conto in relazione alle modifiche delle concessioni durante il periodo di efficacia:
- nel riprodurre l’art. 43 della Direttiva 23/2014, allo scopo di semplificare, l’Articolo 189 alle lettere b) e c) paradossalmente prevede che il limite del 50% del valore della concessione iniziale si applichi “nel caso di concessioni aggiudicate dall’ente concedente allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II della direttiva n. 2014/23/UE” (cioè fuori dai cd. “settori speciali”). Ciò è in contrasto con lo stesso art. 43 della Direttiva 23/2014, che infatti circoscrive tale limite alle sole amministrazioni aggiudicatrici perché sono le uniche ad essere regolamentate al di fuori dei settori speciali, mentre gli enti aggiudicatori sono disciplinati soltanto finché operano nei settori speciali;
- ai sensi degli artt. 6-7 della Direttiva 23/2014, le “amministrazioni aggiudicatrici” e gli “enti aggiudicatori” sono distinti e definiti separatamente. Accorparli significa estendere l’ambito soggettivo del ridetto limite del 50% alla modifica dei contratti in corso d’esecuzione in quanto nella formulazione operata dalla bozza di nuovo Codice rientrano anche le “imprese pubbliche” e i “titolari di diritti esclusivi o speciali” che invece non figurano nella Direttiva perché si tratta di attività libere. Sul punto occorre sicuramente fare una riflessione poiché si impone un vincolo non previsto dalla Direttiva 23/2014, che invero si vorrebbe recepire.
All’Articolo 190, in caso di risoluzione e recesso, è previsto un indennizzo a titolo di mancato guadagno compreso tra il minimo del 2% ed il massimo del 5% degli utili previsti dal piano economico-finanziario (non più il 10% del valore delle opere ancora da eseguire).
Un ultimo profilo degno di menzione, che accomuna Partenariato pubblico-privato e Settori speciali, ma più in generale lo schema del Nuovo Codice, è costituito dal riordino e dalla semplificazione con l’obiettivo di un quadro normativo più chiaro, attraverso l’eliminazione o comunque la riduzione delle disposizioni di rinvio ad altre parti del Codice.