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La notizia
Con ricorso avanti la Corte Costituzionale il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della Regione Sardegna 11 aprile 2022 n. 9, rispettivamente in materia di numero massimo di mandati consecutivi del sindaco e sulla nomina dei segretari provinciali e comunali.
L’attenzione del presente contributo si focalizza sul primo di tali articoli.
L’art. 1 della legge regionale Sardegna n. 9/2022, rubricato “Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 in materia di durata del mandato del sindaco”, introduceva l’art. 1-bis nella L.R. 4/2012 (in materia di enti locali), del seguente testuale tenore: “Art. 1bis (Durata del mandato del sindaco. Limitazione dei mandati). 1. Ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è consentito un numero massimo di quattro mandati consecutivi. 2. Ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti è consentito un numero massimo di tre mandati consecutivi”.
Il numero massimo dei mandati prevista dalla disposizione regionale è difforme da quello indicato nell’art. 51 del d.lgs. 8 agosto 2000 n. 267 (TUEL), come modificato dalla legge 12 aprile 2022 n. 35, entrata in vigore il 14 maggio 2022, che prevede al comma 2: “Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente ricandidabile alle medesime cariche. Per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, il limite previsto dal primo periodo si applica allo scadere del terzo mandato”.
L’art. 1 della L.R. Sardegna sarebbe, peraltro, difforme anche rispetto al previgente testo dell’art. 51 TUEL, vigente al momento della pubblicazione della legge regionale (12 aprile 2022), che non consentiva “la rieleggibilità consecutiva del sindaco nei comuni con popolazione a partire dai 3.000 abitanti dopo il secondo mandato” e all’art. 1, comma 138, della legge 7 aprile 2014 n. 56 (abrogato dall’art. 3, comma 2, della legge n. 35/2022) che prevedeva “il numero massimo di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti”.
Le norme di riferimento per il vaglio di legittimità costituzionale invocate dal Presidente del Consiglio dei Ministri sono gli artt. 3, 51 e 117, secondo comma lett. p), Cost. e l’art. 3, lett. b) dello statuto speciale della regione Sardegna.
La Corte ha accolto il ricorso, dichiarando l’incostituzionalità della norma regionale per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. e dell’art. 3, lett. b) dello statuto speciale della Regione Sardegna.
I limiti posti dalla normativa statale
Il legislatore nazionale ha introdotto il limite del numero massimo di mandati a partire dall’art. 2 della legge 25 marzo 1993 n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), che fissava in quattro anni la durata del singolo mandato e il limite massimo di due mandati consecutivi. Tale previsione è intervenuta come temperamento “di sistema” rispetto alla contestuale introduzione della elezione diretta, soprattutto a livello locale stante la prossimità tra eletto e comunità, per tutelare la libertà di voto e l’imparzialità dell’amministrazione (come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità e del Consiglio di Stato richiamata anche nella sentenza).
Successivamente, l’art. 51 TUEL ha innalzato a 5 anni la durata del singolo mandato con divieto del terzo mandato consecutivo, ad eccezione che uno dei due mandati precedenti avesse durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie. L’art. 1, comma 138, della legge 56 del 2014 ha poi previsto che per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti fosse consentito un limite massimo di tre mandati consecutivi. Infine con la legge n. 35 del 2022, in vigore dal 14 maggio 2022, è stato modificato l’art. 51 TUEL, prevedendo il limite di tre mandati consecutivi per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e di due mandati per tutti gli altri comuni; specificando altresì che il divieto è causa di incandidabilità (e non più di ineleggibilità), come tale rilevabile già preliminarmente allo svolgimento delle elezioni ad opera della commissione elettorale. L’art. 1, comma 138 della legge 56/2014 è stato abrogato.
I principi rilevanti per la Corte
La Corte ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 51 Cost., che prevedono rispettivamente, in generale, il principio di uguaglianza e, in particolare, il diritto garantito a tutti i cittadini di accesso alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza, e dell’art. 3, lettera b), dello statuto speciale della Regione Sardegna, che prevede che la competenza regionale in materia di enti locali (cui deve ricondursi quella delle elezioni amministrative locali) debba esercitarsi “[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
Tema centrale per la Corte al fine del decidere è se la normativa statale sul numero massimo di mandati sia “idonea a riempire di contenuto il principio di cui all’art. 51 Cost., fungendo così da limite” alla competenza della Regione a statuto speciale in materia.
Alla luce dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale, la Corte afferma che il limite in questione incide sulle condizioni di accesso alla carica apicale dell’ente locale, con rilevanti ricadute sull’assetto complessivo dell’ente medesimo, e individua un punto di equilibro tra plurime esigenze di rilievo costituzionale, riflettendo una scelta normativa idonea a garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali quali: l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto dei singoli elettori e la genuinità complessiva della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la stessa democraticità degli enti locali. Tali ulteriori interessi costituzionali sono destinati ad operare in armonia con il principio presidiato dall’art. 51 Cost., in base ad uno specifico punto di equilibrio la cui individuazione deve essere lasciata nelle mani del legislatore statale.
La norma statale - art. 51 TUEL - preserva quella esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale derivante dal principio di cui all’art. 51 Cost., a garanzia generale ed effettiva di un diritto politico fondamentale di libertà di accesso alla carica apicale dell’ente locale riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità (cfr. Sentenza Corte Cost. n. 277 del 2011).
Lo scostamento anche di un solo mandato ulteriore, come previsto dalla norma regionale impugnata, appare di incidenza significativa considerata la durata quinquennale del singolo mandato, e viola così inevitabilmente il principio di uguaglianza nell’accesso alle cariche elettive sancito dagli artt. 3 e 51 Cost., eccedendo anche i limiti imposti dallo statuto alla competenza primaria della Regione.
La Corte rileva come non emergerebbero neppure esigenze particolari del territorio locale che giustifichino una deroga (come ammesso ad esempio con sent. Corte Cost. n. 288/2007 in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri degli enti locali della Regione Siciliana, per la peculiare situazione locale che aveva giustificato l’inserimento di una normativa regionale più restrittiva di quella nazionale). La relazione illustrativa della legge regionale sarda si limita, infatti, ad evidenziare ragioni quali lo spopolamento, la perifericità dei territori e la difficoltà a reperire candidature di soggetti qualificati (anche ai fini della gestione del PNRR): la Corte evidenzia come tale fenomeno sia in realtà esteso a tutta la penisola, con quasi 6.000 comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (pari al 70% circa del totale) caratterizzati da carenza di personale e dal calo demografici. Il legislatore nazionale ha già realisticamente tenuto conto di tale fenomeno introducendo nell’art. 51 TUEL la possibilità di un terzo mandato per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti (cfr. atti parlamentari relativi all’approvazione della legge n. 35/2022).
Conclusione
La Corte, ribadito l’ineliminabile ruolo del legislatore nazionale a presidio dell’effettività del principio di parità di accesso alle cariche elettive previsto dall’art. 51 Cost., quale declinazione del più generale principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., dichiara che nel sistema ad elezione diretta il limite al numero massimo di mandati del sindaco previsto dall’art. 51 TUEL costituisce un limite invalicabile per la normativa regionale, ancorché, come nel caso della Regione Sardegna, sussista un’autonomia normativa primaria in materia che va tuttavia esercitata in armonia con i principi fondamentali di rango costituzionale e dell’ordinamento giuridico nazionale.
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L’articolo è stato redatto a quattro mani con l’avv. Raffaella Di Tolve, of Counsel dello Studio Legale Merani Amministrativisti.