12 Dicembre 2022

Nuovo codice degli appalti e principio di “conservazione dell’equilibrio contrattuale”: La rinegoziazione dei contratti in corso

FRANCESCA PETULLA'

Immagine dell'articolo: <span>Nuovo codice degli appalti e principio di “conservazione dell’equilibrio contrattuale”: La rinegoziazione dei contratti in corso</span>

Abstract

Nella bozza del nuovo codice degli appalti diffusa da qualche settimana, si segnalano le interessanti, e molto attese da tutti gli operatori economici, disposizioni dell'art. 9 che declinano il principio di “conservazione dell’equilibrio contrattuale”: si tratta di un generale dovere di rinegoziazione che si ricollega ai fondamenti del diritto civile contrattuale.

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Da tempo si riflette sulla necessità di intervenire sui contratti in corso di esecuzione, soprattutto pubblici, al fine di poter riportare in equilibrio il sinallagma a seguito degli “scossoni” che eventi succedutesi a breve distanza l’uno dall’altro e soprattutto di natura straordinaria che hanno caratterizzato gli ultimi due anni.  Mai come ora si è registrata una casistica così importante di ipotesi che minano la esecuzione del contratto, tanto che addirittura ANAC - istituzione che tradizionalmente non incensa certo le modifiche contrattuali - è dovuta intervenire in più occasioni per tracciare una via di fuga dalla extrema ratio della risoluzione del contratto.

Tutti noi sappiamo che al di là delle disposizioni del codice dei contratti pubblici, per quanto non espressamente previsto, trova applicazione il codice civile e, quindi, norme come l’eccessiva onerosità sopravvenuta possano esser una valida soluzione per mutare le condizioni del contratto per evitare proprio la risoluzione.

Tutti noi sappiamo che questa soluzione per qualche verso scontata e per altri di assoluto buonsenso poggia su un principio di buona fede che non può non applicarsi nel caso in cui un contraente sia una pubblica amministrazione, anzi.

Tutti noi, però, sappiamo che è impossibile o quanto meno in salita sottoporre questa soluzione ai responsabili del procedimento di un contratto pubblico, non già perché i RUP rifuggano dal codice civile, ma perché i RUP non hanno margini di manovra in ordine alle previsioni di spesa dedotte in un quadro economico.

Tutti noi sappiamo che il Legislatore predica bene – mi si passi l’espressione poco prosaica – ma non affronta il problema al cuore e, cioè, la mancanza di disponibilità economica per fronteggiare i maggiori oneri intervenuti nella esecuzione, maggiori oneri dovuti a tante concause l’una intrecciata con l’altra a tal punto che è difficile caso per caso districarsi (il lockdown cinese, la sottoproduzione asiatica, la produzione industriale italiana tutta destinata all’estero, la carenza di materie prime, la filiera degli approvvigionamenti completamente saltata per i fallimenti causati dalla crisi economica pandemica, l’incetta di energia che i Paesi europei hanno fatto la scorsa estate).

Tutti noi sappiamo che le cause sono giuste, i rimedi ci sono, ma non li possiamo invocare, li dobbiamo suggerire sottovoce, perché non ci sono i soldi perché i contratti tutti prevedono una previsione di spesa la base d’asta, che nel 90% dei casi è incongrua già all’epoca della gara e, che immediatamente dopo l’aggiudicazione viene decurtata del ribasso offerto.

A titolo meramente esemplificativo si guardi a cosa è stato prodotto nell’ultimo anno nei decreti sostegni nei quali è stata introdotta una probatio diabolica per una mera compensazione di pochissimi voci di costo dei materiali di costruzione; nei decreti aiuti in cui si è pensato di andare in gara con prezzari aggiornati ogni sei mesi con buona pace della validazione dei progetti; nei decreti energia in particolare l’art. 7 ter e quater del decreto 36/2022 conv. in L.79/2022 ove in uno slancio interpretativo dell’art. 106 comma 1 lett. c) dell’attuale codice si riconosce che lockdown e guerra sono eventi ascrivibili alle categorie degli imprevisti e imprevedibili e, quindi, si può introdurre modifiche ai sensi della citata norma, ma solo in diminuzione sulla base di quanto previsto e contenuto nel quadro economico)

 

Il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale nella bozza di codice dei contratti

In una prospettiva che può esser letta positivamente come affermazione di un qualcosa che è già presente nel nostro ordinamento, la previsione introdotta nella bozza del nuovo codice che introduce il principio della conservazione dell’equilibrio contrattuale (art. 9), principio che riafferma gli elementi costitutivi propri dell’eccessiva onerosità sopravvenuta per accadimenti straordinari eccezionali non certo imputabili alle Parti, né meno che mai ascrivibili alla loro volontà e che alterano l’alea contrattuale posta alla base del contratto originariamente stipulato, tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto”. In questo caso, la parte che risulti “svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali”.

La disposizione fa fede al dettame comunitario, in particolare all’art. 72, e precisa che le modifiche non possono avere una natura sostanziale ma è destinata al mero ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica”.

E fino a qui nulla da eccepire, ma errare human est perseverare diabolicum: anche questa norma prosegue precisando che nel caso dell’esecutore del contratto (se parte svantaggiata), le risorse eventualmente necessarie per assicurare il riequilibrio sono possibilia valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti, e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta”.

E l’impostazione è confermata, quando si tratta di introdurre un comma in cui la parte svantaggiata è anche la stazione appaltante. Infatti, al terzo comma si legge che se le circostanze sopravvenute eccezionali fuori dal normale equilibrio del contratto rendessero la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale”.
Chi si è cimentato con un disciplinare sa che quanto sopra deve comunque avere una espressa previsione dei documenti di gara, perché questa riduzione proporzionale, deve trovare disciplinata con criteri atti ad evitare comportamenti “sproporzionati” della parte interessata.
In realtà, poi, in altra norma della bozza del codice l’art.120 comma 8 precisa che, nel caso in cui non siano state previste clausole di rinegoziazione, “la richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto”.
Compito di istruire tale istanza è del RUP che deve provvedere a formulare la proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi”.
Qualora ad accordo non si pervenga, (entro un termine ragionevole dice la norma periodo che andrebbe meglio specificato) la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell’obbligo di rinegoziazione”.

Cioè a dire nuovo contenzioso, stragiudiziale, ma sempre situazione di sofferenza per il contratto.

 

Considerazioni conclusive

Citando Nanni Moretti, in una scena di Bianca, nel riprendere un commensale nell’intento di fare un tunnel in un magnifico dolce alla meringa e castagne, il Mont Blanc “e continuiamo a farci nel male”.

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