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1. Il “piano Colao”
Da qualche giorno in Italia si discute del “piano Colao”, il documento redatto dalla task force nominata dal governo (e guidata dall’AD di Vodafone Vittorio Colao) con l’obiettivo di proporre una strategia di ripartenza per l’Italia dopo la fine del lockdown che ha messo a rischio l’intera economica del Paese.
Si tratta di 102 iniziative, divise in 6 aree tematiche (Imprese e lavoro; Infrastrutture e ambiente; Turismo, arte e cultura; Pubblica Amministrazione; Istruzione, ricerca e competenze; individui e famiglie). Lo stesso Colao ha detto di aspettarsi che il governo ne sviluppi “una quarantina”.
Il piano, come normale -anche considerando quanto è articolato- ha ricevuto giudizi sia positivi sia negativi. Tra questi ultimi, quello di essere un “libro dei sogni”, pieno di idee ma poco concreto nell’indicarne la realizzazione. Le sezioni che parlano di “semplificazione e velocizzazione” e “digitalizzazione della PA” (iniziative 58–67) sembrerebbero quelle ideali per raccogliere proclami roboanti ma vuoti. Ma in realtà ci troviamo indicazioni precise, e tra di esse c’è anche l’e-procurement. Andiamo con ordine.
2. Il punto di vista sulla PA
La quarta macro-area di intervento delle 6 individuate nel piano è dedicata alla “Pubblica Amministrazione, alleata di cittadini e imprese”. In essa, vengono individuati quattro ulteriori ambiti di azione da privilegiare. I primi due sono strettamente connessi: urge una “semplificazione e velocizzazione delle procedure”, che va connessa anche a una “forte accelerazione della trasformazione digitale” della PA.
Per farlo, il documento di Colao propone una serie di piani piuttosto elaborati: un Piano Digitalizzazione PA, un Progetto Cloud PA, lo sviluppo di un sistema di cyberdifesa, un Piano Competenze Procurement ICT. Siamo però indietro: tutti questi progetti vengono definiti come da “finalizzare” o addirittura ancora da “strutturare”. Ne viene indicato invece un altro, molto specifico, che viene definito da “attuare subito”: ed è l’e-procurement.
3. L’e-procurement
L’acquisto digitale di beni e servizi da parte della PA viene definito come un “mezzo per velocizzare e al tempo stesso aumentare l’efficacia dei processi di acquisto di beni e servizi”. Va quindi promosso “a tutti i livelli”, anche in considerazione del fatto che gli appalti pubblici costituiscono una voce di spesa massiccia, pari al 16% del PIL europeo. Secondo il documento, il ritardo in materia da parte dell’Italia fa perdere competitività ed abbassa la qualità degli appalti stessi. Anche per questo, la casella “accesa” dalla task force nelle tempistiche per il lancio dell’iniziativa è quella che recita “Attuare subito”.
Si tratta di un riconoscimento importante anche per il lavoro di 4cLegal, che da anni promuove l’e-procurement nell’ambito dell’affidamento di incarichi legali esterni da parte della PA. Il nesso tra digitalizzazione, efficienza e trasparenza è fortissimo: è molto significativo che quando si parla di “rilancio Italia 2020–2022” se ne parli forte e chiaro.
Speriamo quindi che l’iniziativa 62 sull’e-procurement sarà tra quelle su cui il governo deciderà di puntare, anche in ragione della sua urgenza.