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Il nuovo potere di impugnazione dell'ANAC
Una delle più rilevanti novità introdotte dalla normativa sui contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 (“Il Codice Appalti”), riguarda i rilevanti e nuovi poteri attribuiti all’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito anche “ANAC” o “l’Autorità”).
Di particolare importanza è il potere attribuito all’ANAC dal nuovo art. 211 comma 2 del D.lgs. n. 50/2016. La norma, nella nuova formulazione, stabilisce anzitutto la legittimazione dell’ANAC ad agire in giudizio avverso determinati atti (comma 1 bis e 1-ter), esercitando così un potere “analogo”, sotto alcuni profili, a quello che l’art. 21 bis della L. n. 287/1990 ha riconosciuto in capo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito anche “AGCM”) avverso gli atti lesivi della concorrenza.
Il riferimento all’AGCM ha riproposto tuttavia il controverso tema del fondamento della legittimazione processuale dell’Autorità. Trattasi certamente di una legittimazione sui generis, che, se da taluni è ritenuta compatibile con i caratteri soggettivi propri della giurisdizione amministrativa (si parla in questo senso per l’AGCM di esempio di giurisdizione soggettiva, come interesse alla concorrenza/corretto funzionamento del mercato, alla stregua di quanto accade con le associazioni di categoria e gli enti esponenziali), da altri è qualificata alla stregua di giurisdizione di diritto oggettivo del tutto eccezionale.
Questo problema, nel settore dei contratti pubblici, è apparso da ultimo ancor più acutizzato, non agendo l’ANAC a tutela di un interesse diffuso, ma di interessi particolari, di volta in volta differenti a seconda del caso concreto e della specifica violazione che si ravvisa alle norme sui contratti pubblici.
Peraltro, va considerato che mentre per l’AGCM non sussiste analogo potere di impugnativa da parte dei privati, nel caso degli appalti, gli operatori economici sono invece legittimati, anche per le medesime ragioni che può far valere l’ANAC, a proporre ricorso avverso gli atti delle stazioni appaltanti, con evidente sovrapposizione di azioni.
Sotto altro profilo, è sorto anche il problema di identificare i poteri dell’Autorità, che sono apparsi subito differenti: al comma 1 bis si fa riferimento infatti all’impugnazione di atti generali in violazione di norme in materia di contratti pubblici (bandi, contratti); al comma 1 ter si fa riferimento a provvedimenti viziati da gravi violazioni del Codice, che possono essere impugnati solo se l’amministrazione non si conformi al parere reso dall’Autorità nel quale si indicano i vizi da rimuovere.
Il Regolamento sull'esercizio del potere di impugnazione
Sul punto è intervenuto a chiarimento il Regolamento sull’esercizio dei poteri di cui all’art. 211 commi 1-bis e 1-ter del d.lgs. 50/2016 del 4 gennaio 2018 (ancora in forma di schema - “Il Regolamento”), ad oggi in consultazione. Con questo Regolamento l’Autorità individua i casi e le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i propri poteri previsti dall’art. 211.
Il testo in commento detta chiaramente una disciplina differente per le fattispecie di cui ai commi 1 bis e 1 ter, ponendo così fine ai dubbi sorti tra i primi commentatori sul punto.
Difatti, il regolamento, a differenza di quanto previsto per l’AGCM, riconosce in capo all’ANAC due poteri diversi e autonomi tra loro - ricorso diretto e ricorso previo parere motivato - in questo modo superando la discrasia esistente tra l’espressione utilizzata dal comma 1 bis “disciplina dei contratti” e dal comma 1 ter “violazioni del presente codice”.
Quanto nello specifico:
- Con riferimento al comma 1 bis (artt. 3 e 5), il Regolamento definisce cosa debba intendersi per “contratti di rilevante impatto” sulla base di criteri quali il numero di operatori coinvolti, la rilevanza dell’oggetto, la presenza di situazioni anomale riconducibili a condotte illecite e il carattere economico;
- Con riguardo al comma 1 ter (artt. 4 e 12), il Regolamento definisce i casi in cui è possibile riscontrare le “gravi violazioni”, ossia violazioni idonee a ledere i principi generali della massima partecipazione e della concorrenza.
Il Regolamento specifica poi che il termine per l’esercizio del potere per gli atti soggetti a pubblicità legale o notiziale decorre dalla data di pubblicazione, risolvendo così - almeno in parte - la questione dell’assoggettabilità al principio del termine ragionevole di cui all’art. 21 nonies della L. n. 241/1990.
I restanti articoli del Regolamento dettano invece disposizioni comuni ai due poteri in materia di: atti impugnabili, acquisizione della notizia e trattazione delle segnalazioni, accesso agli atti e pubblicità ed ai rapporti con altri procedimenti dell’Autorità.
Su quest’ultimo punto, il Regolamento prevede che l’esercizio del potere di impugnazione da parte dell’ANAC sia idoneo a sospendere i procedimenti di vigilanza in corso con lo stesso oggetto, ma non i procedimenti di precontenzioso vincolante ex art. 211 co.1.
Dunque, una volta approvato il Regolamento, gli operatori economici, oltre a poter contestare direttamente gli atti delle stazioni appaltanti lesivi dei propri interessi, potranno altresì segnalare all’ANAC eventuali violazioni rientranti tra quelle indicate nel Regolamento, e l’Anac potrà valutare di agire ai sensi dell’art. 211. Si nota tuttavia che la priorità è data alle segnalazioni che provengono da autorità pubbliche giudiziarie, forze di polizia ed enti esponenziali di interessi diffusi e di categoria (art. 12).
Si tratta di un altro tassello nel complesso sistema dei controlli sugli appalti pubblici, che potrebbe rafforzare, se correttamente utilizzato, le tutele degli operatori economici nei confronti dei Committenti, oltre che la tutela dell’interesse pubblico ad un corretto affidamento.
Il rischio è tuttavia che un’Autorità così compressa dalle tante funzioni assunte, non sia in grado di gestire correttamente questo strumento innovativo e “potente”. Occorre dunque attenderne l’applicazione per giudicarne gli effetti.