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Il caso e il principio
La questione è stata affrontata dal Consiglio di Stato, sezione V, con la sentenza 15 novembre 2022, n. 10023 che ha confermato la sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. IV, 03 febbraio 2022, n. 1288 di accoglimento del ricorso proposto dal secondo graduato.
Il Consiglio di Stato ha affrontato un caso in cui la stazione appaltante nel corso di una gara pubblica aveva fornito chiarimenti al concorrente (poi divenuto primo graduato) in ordine al possesso dei requisiti speciali di partecipazione (capacità tecnica e professionale) richiesti dalla lex specialis con riguardo all'esecuzione della prestazione secondaria riguardante "indagini diagnostiche e rilievi strutturali", in violazione del disciplinare di gara, ove si prevedeva che il professionista (nel caso specifico un ingegnere) incaricato per l’esecuzione di detta specifica prestazione fosse in possesso dei certificati emessi secondo la norma “UNI/PdR 17024”, relativamente a tutti i metodi di prova indicati nel disciplinare.
A seguito di specifico quesito in ordine al possesso dei suddetti requisiti, la Stazione Appaltante rispondeva al concorrente (che successivamente sarebbe divenuto aggiudicatario) in senso positivo, ovvero che, in linea con l'art. 7.3 della lex specialis, sussisteva la possibilità di avvalersi di collaboratori e consulenti esterni al fine di soddisfare i requisiti tecnico professionali richiesti dal bando, fermo restando l'obbligo da parte del concorrente di produrre idonea documentazione a comprova del rapporto con il professionista/consulente indicato (es. copia del contratto di lavoro/di consulenza; lettera di impegno del consulente a fornire in caso di aggiudicazione della gara e per l'intera durata contrattuale del servizio della prestazione richiesta).
Il secondo graduato impugnava avanti il TAR Lazio l’aggiudicazione definitiva chiedendone l’annullamento, unitamente a tutti gli atti presupposti e conseguenti; chiedeva, altresì, il riconoscimento del proprio diritto all’aggiudicazione, con subentro nel contratto eventualmente stipulato, e, ove ciò non risultasse possibile, il risarcimento del danno per equivalente ed affidava il ricorso a diversi motivi di censura, fra cui quello relativo alla mancanza del possesso dei requisiti speciali previsti dal disciplinare di gara in relazione all’esecuzione della prestazione secondaria, ritenuto dal Giudice di prime cure decisivo ai fini della controversia.
Il TAR Lazio, sez. IV, con sentenza n. 1288/2022, ha accolto tale motivo di censura, ritenendo assorbiti i restanti, affermando che il chiarimento della Stazione Appaltante, si poneva in contrasto con l’inequivoca e puntuale lettera del disciplinare e che, quindi, si scontrasse con il divieto di eterointegrazione del bando (Cfr. Cons. St. n. 8873 del 2019).
Avverso la Sentenza del TAR Lazio ha proposto appello la contro-interessata (aggiudicataria definitiva) all’esito del quale il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza qui in commento.
Il Consiglio di Stato, rigettando l’appello e confermando, per l’effetto, la sentenza di primo grado ha statuito il seguente principio: “[…] Né può ritenersi che i predetti "chiarimenti" […] possono derogare in alcun modo alla disciplina di gara, tanto meno a quella fissata dalla normativa generale contenuta nel D.Lgs. n. 50 del 2016 e nel D.M. n. 263 del 2016. Ed invero, come risulta dalla consolidata giurisprudenza: "i chiarimenti resi nel corso di una gara d'appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis"; gli stessi "sono ammissibili solo se contribuiscono, con un'operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato, ma non quando, proprio mediante l'attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all'art. 97 Cost." (Cons. Stato, V, 7 settembre 2022, n. 7793)”
Conclusioni
Come spesso accade, nel corso delle procedure di gara ad evidenza pubblica i concorrenti, non comprendendo appieno alcune clausole del bando di gara, formulano richieste di chiarimenti alla Stazione Appaltante, proprio per evitare di incorrere in errori che potrebbero condurre alla esclusione e in ogni caso, per poter meglio formulare la propria offerta tecnica ed economica.
L’attività interpretava, così fornita dalla Stazione Appaltante, rientra pienamente nei poteri della stessa con i limiti enunciati dal Consiglio di Stato, ovvero che:
- Deve trattarsi di una mera interpretazione letterale del testo della lex specialis;
- Non può essere attribuita ad una disposizione della lex specialis, un significato ed una portata diversa o maggiore di quella che risulta dal testo stesso;
- I chiarimenti non possono derogare in alcun modo alla disciplina di gara, né alle norme generali di cui al D. Lgs. n. 50/2016;
Segnalo, inoltre, che i chiarimenti non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha precisato, infine, che in tal caso non poteva neppure ricorrersi al soccorso istruttorio in quanto “non può essere utilizzato per sanare la carenza di un requisito di partecipazione previsto dalla lex specialis”.