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L’addizionale all’accisa è stata introdotta con il D.L. n. 511 del 1988 per rispondere all’esigenza di trasferire risorse alle Province e agli altri enti territoriali per garantire l'assolvimento dei propri compiti istituzionali. Nel 1988, infatti, gli Enti locali non godevano di una propria autonomia impositiva ma ricevevano le risorse, per svolgere le loro funzioni, direttamente dallo Stato.
Sino al 2000 le somme riscosse a titolo di addizionale venivano versate nell’apposito Fondo presso la Tesoreria Centrale dello Stato per poi essere ripartite a Comuni e Province.
A partire dall’anno 2000 venne previsto, per i consumi sotto ai 200 kw, il versamento dell’addizionale direttamente alle Province mentre per i consumi sopra i 200 kw gli importi venivano versati all’Agenzia delle Dogane.
In data 16/12/2018 il Consiglio Europeo emana la Direttiva n. 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise che abrogava la precedente direttiva 92/12/CEE.
All’articolo 1, par. 2, la direttiva prevedeva: “Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità̀ specifiche, purché́ tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’IVA”.
La direttiva 2008/118/CE, pertanto, assegnava agli Stati il termine del 31 marzo 2010 per conformarsi alle nuove disposizioni. In Italia, invero, l’addizionale sull’accisa era soppressa solo con il Decreto legislativo n. 68/11, e con efficacia dal 1° gennaio 2012.
Nel 2019, in seguito alla incompatibilità della addizionale con la normativa europea, si forma un filone giurisprudenziale (in primis Cassazione sentenza n. 15198/2019) che sulla base di detta incompatibilità ha disapplicato la norma istitutiva del tributo dal 1 aprile 2010 (termine che la suindicata direttiva aveva dato agli stati membri per uniformarsi) condannando l’ente soggetto attivo del rapporto tributario (Agenzia delle Dogane) a restituire quanto ricevuto a titolo di addizionale.
I consumatori finali, quindi, hanno iniziato delle controversie nei confronti delle società fornitrici per chiedere il rimborso dell’accisa corrisposta. I fornitori, dopo che è stata esercitata vittoriosamente da parte del consumatore finale l'azione di rimborso nei loro confronti hanno chiesto il rimborso per i consumi sotto ai 200 kw alle Province e per i consumi sopra i 200 kw all’Agenzia delle Dogane.
La peculiarità del rimborso dell’accisa deriva dalla circostanza che con l’addebito del tributo al consumatore si vengono a creare due distinti e autonomi rapporti giuridici: uno tributario tra il fornitore dei prodotti energetici e l'Amministrazione finanziaria devoluto alla giurisdizione tributaria, e uno contrattuale tra il fornitore e l'utente-consumatore finale, devoluto invece alla giurisdizione ordinaria (Cass. SU 1/02/2016 n. 1837; Cass. SU 26/09/2009 n. 15032).
Le richiesta di rimborso formulata dal fornitore è disciplinata dall’articolo 14 TUA il quale prevede il fornitore di energia è legittimato a richiedere il rimborso delle somme versate a titolo di accisa indebitamente pagata all’amministrazione finanziaria.
Amministrazione finanziaria che, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 504/1995, viene cosi individuata: “gli organi, centrali o periferici, dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli preposti alla gestione dell'accisa sui prodotti energetici, sull'energia elettrica, sui tabacchi lavorati, sugli alcoli e sulle bevande alcoliche, e alla gestione delle altre imposte indirette di cui al Titolo III.”.
L’ Agenzia delle Dogane, cui spetta la potestà impositiva in relazione all’accisa e all’addizionale, è di conseguenza il soggetto tenuto al rimborso. Tale assunto trae la sua origine dalla distinzione tra ente impositore (Agenzia delle Dogane) tenuto al rimborso, e ente beneficiario (Provincia) soggetto che procede all’incasso dell’importo.
Tale impostazione è stata riconosciuta da copiosa giurisprudenza di merito che afferma: “Preliminarmente deve essere affermata la carenza di legittimazione della Città Metropolitana, mentre deve essere respinta l'analoga eccezione dell'Ufficio di Milano 2 dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. (...). La Città Metropolitana non è titolare del tributo riscosso, di cui si chiede il rimborso, in quanto soggetto cui l'addizionale è meramente devoluta sulla base dell'art. 117 Cost. rimanendo il tributo di natura erariale. Sul punto non può̀ che rinviarsi alla sentenza della Corte Costituzionale n. 52/2013 che ha affermato che i tributi propri derivati, che sono istituiti e regolati dalla legge dello Stato ma il cui gettito è destinato a un ente territoriale, conservano inalterata la loro natura di tributi erariali. L'accisa sull'energia elettrica e l'addizionale a essa relativa sono tributi erariali la cui disciplina è di competenza esclusiva dello Stato, secondo quanto previsto dall'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione” (CTP Milano sez. 15 n. 397/2022, CTP Milano sez. 8 n. 1912/2022, CTP Piacenza n. 132/2022; CGT I Grado Roma n. 14708/2022).
Giurisprudenza di merito ancor più recente conferma e richiama le pronunce sopra citate affermando: “Come già̀ ritenuto da altre Corti di Giustizia Tributaria (CTP Milano n. 397/2022, CTP Piacenza n. 132/2022) deve riconoscersi la carenza di legittimazione passiva della Città Metropolitana poiché́ essa non è ente impositore ma solo percettore del tributo … omissis... non può̀ mettersi in dubbio la natura erariale del tributo, a prescindere dalla potenza massima disponibile da parte del fruitore dell’energia. (...) deve quindi accogliersi il ricorso di (Omissis) nei confronti dell’Agenzia Dogane e Monopoli; deve altresì̀ accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Città Metropolitana di Bologna (CGT di I Grado Bologna n. 1/2023).
Le sentenze attribuiscono, dunque, in maniera univoca la competenza al rimborso all’Agenzia delle Dogane nonostante, ai sensi dell’art. 6, comma 4, D.L. 511/1988, le addizionali all’accisa sull’energia elettrica relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW sono versate direttamente alle Province mentre le addizionali relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile superiore a 200 kW e quelle relative al consumo dell'energia elettrica, prodotta o acquistata per uso proprio, sono versate direttamente all'Agenzia delle Dogane.
La differenziazione relativa alle potenze disponibili, infatti, concerne la mera modalità attraverso la quale la somma veniva introitata non incidendo in alcun modo sulla natura erariale dell’imposta (CGT I grado Roma, n. 961/2022).
La natura erariale dell’accisa sull’energia elettrica e le relative addizionali è stata, peraltro, sancita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 52/2013 (conformi ex multis, Corte cost. n. 123/2010, n. 216/09, n. 397/05, n. 37/04 e n. 296/03) pronunciata in seguito ad un ricorso promosso per conflitto di attribuzione da parte della Regione Sardegna proprio con riferimento al contenuto dell’art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 che, a decorrere dal 2012, ha abrogato l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica rideterminando l’importo dell’accisa sull’energia elettrica in modo da assicurare l’equivalenza del gettito.
La Corte costituzionale ha negato il conflitto di attribuzioni proprio sulla base della natura erariale dell’imposta così disponendo: “Le attribuzioni regionali (...) sono estranee all’oggetto dei decreti ministeriali impugnati nel presente giudizio. Questi ultimi, rideterminando l’aliquota di un tributo erariale, qual è l’accisa sull’energia elettrica (a seguito dell’abrogazione della addizionale, n.d.r.), afferiscono con tutta evidenza alla materia del sistema tributario dello Stato che rientra nelle competenze esclusive dello stesso, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.”.