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Non è raro che una stazione appaltante si trovi a dover proseguire la realizzazione di un’opera pubblica a seguito della risoluzione del contratto di appalto con l’appaltatore in precedenza individuato mediante procedura di gara. La situazione si complica se, a causa delle contingenti condizioni del mercato, l’accesso alle procedure concorsuali (fallimenti, concordati preventivi, etc.) abbia determinato, come negli ultimi anni, un rilevante stravolgimento del panorama delle società operative nel settore dei lavori pubblici e, conseguentemente, un profondo cambiamento dei soggetti partecipanti all’originaria procedura ad evidenza pubblica.
Il Codice degli appalti pubblici (art. 140 del D.Lgs. n. 163/2006, ora art. 110 del D.Lgs. n. 50/2016) consente alle stazioni appaltanti, in caso di risoluzione del contratto, di risparmiare tempo e risorse pubbliche, affidando il contratto senza l’ulteriore svolgimento di una gara ad evidenza pubblica attraverso l’interpello progressivo dei “soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria”. Dal punto di vista procedurale, la disposizione è piuttosto sintetica e prevede soltanto che l’interpello venga effettuato a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta, fino al quinto migliore offerente escluso l’originario aggiudicatario e che debba essere stipulato un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori.
Quanto ai contenuti, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia 15/05/2008, in C-147/2006 e C-148/2006, pronunciata al termine di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, il legislatore italiano ha previsto che “l’affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta”.
Con la recente sentenza del 07/05/2018 n. 1224, il T.A.R. Milano ha fornito preziose indicazioni in merito ai presupposti soggettivi ed oggettivi per il ricorso alla procedura di interpello, pronunciandosi sui temi della continuità del possesso dei requisiti di partecipazione in caso di interpello e dell’affidamento delle varianti in corso d’opera.
La continuità del possesso dei requisiti di partecipazione
La giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che, nelle gare di appalto per l’aggiudicazione di contratti pubblici, i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 20/07/2015, n. 8).
Tuttavia, nel caso della procedura di interpello, non è ragionevole pretendere dai soggetti che abbiano partecipato all’originaria procedura di gara la continuità del possesso dei requisiti di partecipazione per un periodo indefinito, durante il quale non vi è alcuna competizione, né attività valutativa dell’amministrazione, né, tantomeno, un impegno vincolante nei confronti della stessa.
Difatti, ha chiarito il Collegio lombardo (in coerenza con la recente pronuncia del Cons. Stato, sez. III, 06/03/2017 n. 1050) che tra l’evento terminale della procedura di evidenza pubblica (i.e. l’aggiudicazione) e lo scorrimento della graduatoria è oggettivamente presente una netta cesura, come desumibile dalla limitata efficacia temporale delle offerte stabilita dalla legge, rafforzata dalla circostanza che le stesse devono essere espressamente confermate ad esito dell’interpello.
Quando la gara sia aggiudicata ed il contratto stipulato, occorre pertanto distinguere tra la posizione dell’aggiudicatario – che deve conservare il possesso dei requisiti per tutta la durata contrattuale – da quella delle imprese concorrenti collocatesi in posizione non utile in graduatoria, per le quali la procedura è da considerarsi terminata.
L’affidamento delle varianti in caso di interpello
Sotto il profilo oggettivo, era stato sollevato il problema della legittimità del ricorso allo scorrimento della graduatoria nell’ipotesi in cui le prestazioni oggetto dell’appalto abbiano subito delle modifiche a causa dell’approvazione di varianti del contratto originario.
Secondo il T.A.R. Milano, la previsione nel Codice degli appalti pubblici dell’obbligo di stipulare il contratto con l’interpellato alle stesse condizioni contenute in quello originariamente concluso e poi risolto intende evitare che il ricorso alla speciale procedura di interpello si traduca nell’aggiramento dei principi che presiedono all’aggiudicazione degli appalti. Pertanto, devono applicarsi all’interpello le disposizioni previste per l’affidamento originario, tra cui rientra anche l’eventuale integrazione del contratto a seguito di variante.
Ne consegue che è ammissibile il ricorso all’interpello anche nel caso in cui la stazione appaltante abbia adottato varianti contrattuali che abbiano integrato l’oggetto del contratto stipulato con l’originario appaltatore ad esito della procedura ad evidenza pubblica. E ciò anche nell’ipotesi in cui la variante sia stata contrattualizzata con il nuovo affidatario, essendo rilevante ai fini del decidere la sussistenza dei presupposti per l’introduzione di varianti, piuttosto che il momento cronologico di confluenza delle stesse nel rapporto negoziale.