08 Maggio 2019

Tributi comunali e definizione agevolata delle liti fiscali pendenti

CLAUDIO CIPOLLINI

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Abstract

Con l’art. 6, comma 16, D.L. n. 119/2018 è stata prevista la facoltà per i Comuni di adottare un regolamento ad hoc per estendere l’applicazione delle disposizioni ivi previste per la definizione delle liti fiscali pendenti alle proprie controversie tributarie. Alla luce delle possibilità offerte dal nuovo strumento normativo, il presente contributo ha lo scopo di chiarire l’ambito oggettivo di applicazione, evidenziando al contempo il rischio per il contribuente di vedersi negata la definizione agevolata in caso di lievi inadempimenti nella presentazione della domanda e nel versamento del dovuto.

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Introduzione

Il prossimo 31 maggio scadrà il termine per la presentazione delle domande di definizione delle liti fiscali pendenti e per il versamento delle somme dovute secondo i criteri previsti dall’art. 6 D.L. n. 119/2018.

In concomitanza con l’avvicinarsi di tale scadenza, occorre soffermarsi sulla possibilità per il contribuente di chiudere le liti fiscali pendenti non soltanto con l’Agenzia delle Entrate, ma anche con i Comuni per quanto riguarda i tributi locali.

In proposito, l’art. 6, comma 16, D.L. n. 119/2018 prevede testualmente che ciascun Comune possa stabilire “entro il 31 marzo 2019, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale”.

In ragione di tale quadro normativo, risulta evidente che la scelta di avvalersi o meno dello strumento previsto dal legislatore nazionale è stata rimessa alla piena discrezionalità dell’ente territoriale; in altre parole, ciascun Comune ha avuto la facoltà – ma non l’obbligo – di assumere, con propria delibera del Consiglio comunale entro il 31 marzo 2019, un regolamento ad hoc per la disciplina della definizione delle liti fiscali pendenti.

Oggi, dunque, il contribuente che intenda definire, con domanda da presentare entro il termine del 31 maggio 2019, una lite fiscale riguardante tributi comunali dovrà previamente verificare se il Comune abbia adottato o meno uno specifico regolarmente al riguardo; in mancanza, quel medesimo contribuente si vedrà del tutto preclusa la possibilità di beneficiare delle generose riduzioni previste dall’art. 6 D.L. n. 119/2018 (1).

L’ambito oggettivo di applicazione

Sotto il profilo oggettivo, la definizione agevolata in esame è uno strumento limitato alle controversie devolute alla giurisdizione tributaria, aventi quindi ad oggetto, nel caso dei Comuni, esclusivamente entrate di natura tributaria, quali Tari, Tasi, Imu, o imposta sulla pubblicità (2); diversamente, nel caso di entrate di natura non tributaria (es. sanzioni amministrative, canoni di occupazione del suolo pubblico), le relative controversie saranno escluse dall’ambito di applicazione della definizione agevolata (3).

La definizione è poi limitata alle controversie aventi ad oggetto “atti impositivi”, per tali intendendosi quelli con i quali il Comune avanza la propria pretesa tributaria con la precisa indicazione del quantum del dovuto, come nel caso di avvisi di accertamento, avvisi bonari o solleciti di pagamento (4). Rimarranno così escluse le controversie riguardanti atti di riscossione successivi alla notifica di atti di accertamento autonomamente impugnabili (es. cartelle di pagamento), nonché le liti riguardanti i dinieghi, taciti o espressi, al rimborso di tributi comunali (5).

Ancora, occorre ricordare che le controversie definibili sono soltanto quelle il cui ricorso sia stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore del D.L. n. 119 del 2018 - ovvero entro il 24 ottobre 2018 - e per le quali alla data della presentazione della domanda di definizione non risulti intervenuta una pronuncia definitiva.

Infine, il medesimo strumento di definizione risulta applicabile anche nel caso di controversie tributarie tra il contribuente e gli enti partecipati dal Comuni; in tal senso, infatti, il comma 16, fa riferimento testualmente alle liti “in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale”, estendendo così l’applicazione della definizione agevolata alle controversie riguardanti entrate tributarie comunali gestite attraverso l’intervento di società in-house o concessionari (6).

Gli adempimenti a carico del contribuente e l’applicabilità dell’errore scusabile

Per quanto riguarda gli adempimenti, l’importo determinato in autoliquidazione in base ai criteri stabiliti dall’art. 6 D.L. n. 119/2018 deve essere versato entro il 31 maggio 2019 ed entro la medesima data deve essere presentata la domanda di definizione agevolata. Nel caso in cui gli importi dovuti superino la somma di euro 1.000, è ammesso il pagamento rateale in un massimo di venti rate trimestrali, fermo l’obbligo di versare la prima rata entro il medesimo termine del 31 maggio 2019.

L’eventuale diniego della definizione dovrà essere notificato dal Comune entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali.

Al riguardo, si osserva in particolare che l’analisi del dato normativo non consente di individuare alcun riferimento all’applicabilità del c.d. “errore scusabile” per il caso di lievi inadempimenti commessi dal contribuente in buona fede, sia per quanto riguarda la compilazione della domanda, sia per quanto riguarda l’esatto e tempestivo versamento dell’importo dovuto (7).

Il silenzio del legislatore sul punto si pone peraltro in una linea di rottura rispetto ad analoghi interventi normativi del passato che, disponendo in materia di definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, non mancavano di fare riferimento espressamente all’invocabilità dell’errore scusabile in caso di lievi inadempimenti (8).

Tali rilievi mettono dunque in evidenza il concreto rischio di vedersi negata la definizione agevolata da parte dei Comuni nell’ipotesi di lievi errori commessi dal contribuente, con una motivazione basata sul dato di fatto che il legislatore, questa volta, nulla ha previsto espressamente circa l’applicabilità dell’errore scusabile.

Per quanto sopra, nell’attesa di un chiarimento da parte della giurisprudenza che possa magari valorizzare il principio di buona fede previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente, si richiama l’attenzione sull’importanza di una corretta compilazione della domanda di definizione e delle deleghe di versamento, nonché sull’esecuzione tempestiva di tali adempimenti nel rispetto delle scadenze fissate dal legislatore.

 

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