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Dottoressa Tinazzi, cominciamo da lei. Ci può dire qualche parola, preliminarmente, su che cosa sia la tutela legale, in modo da inquadrare l’attività di DAS?
Certamente: la tutela legale è un ramo assicurativo ancora relativamente poco diffuso in Italia, a differenza degli altri Paesi Europei dove è molto sviluppato. Ma il trend, anche da noi, è di continua crescita. In sintesi, una polizza di tutela legale garantisce al cliente consulenza e assistenza legale per far valere i propri diritti in ogni sede: dal componimento bonario di una vertenza ai vari gradi di un giudizio in tribunale. L’impegno che ci distingue è quello di trovare - dove è possibile- soluzioni stragiudiziali ai bisogni dei nostri clienti, per garantire tempi rapidi di definizione delle controversie ed evitare le sedi giudiziali, che hanno tempistiche di gestione molto lunghe e incerte.
Quali sono i vostri “clienti-tipo”, e quali i vostri punti di forza?
Il nostro “cliente-tipo”, soprattutto in questo particolare momento storico, economico e sociale, è la partita IVA, anche se sotto a questa etichetta ci sono realtà molto diverse tra loro: professionisti, piccole e medie imprese e anche grandi aziende. Il nostro punto di forza è la vicinanza al cliente. Colloquialmente, diciamo spesso di non essere semplici “pagatori di parcelle”, nel senso che il nostro obiettivo è quello di offrire un servizio continuativo e di seguire chi ci sceglie durante tutto il suo percorso, aiutandolo a prendere le decisioni migliori. Assumersi gli oneri della consulenza e assistenza legale o peritale è solo l’ultimo step.
Avvocato Di Capua, passiamo a lei. DAS ha naturalmente molto a che fare con Studi legali: che cosa cercate nei vostri partner?
Tante cose, devo dire. Professionalità e competenza in primis, ma anche tecnologia -che corrisponda al nostro essere innovativi- organizzazione e capacità di comunicazione. Insisto su questo ultimo punto, meno scontato magari, perché per noi “empatia” equivale a “servizio”. Facendo eco a quanto diceva Michela [Tinazzi], aggiungo anche la flessibilità, che è dote rara ma preziosa, come abbiamo visto ad esempio nelle settimane dell’emergenza coronavirus.
E a un giovane che avesse l’ambizione di lavorare per DAS, dell’età ad esempio dei concorrenti dell’Academy, che cosa chiedereste a livello professionale?
Rispetto alle caratteristiche che ho appena chiamato in causa, e che rimangono necessarie, aggiungerei certamente la curiosità. Questa, declinata in senso strettamente operativo, significa problem-solving: si scopre che ci sono modi diversi di fare le cose. Più generalmente significa innovazione ed evoluzione verso il futuro, cose a cui teniamo molto.
Chiudiamo allora agganciandoci a questa ultima considerazione. Se scorrendo i CV di alcuni candidati per DAS trovaste che uno ha partecipato a un legal Talent come l’Academy, per voi equivarrebbe a un segno positivo di curiosità?
Assolutamente sì, e la nostra partecipazione a questa iniziativa lo testimonia. Dal mio punto di vista, avere partecipato a un Talent peculiare come l’Academy significa voglia di mettersi in gioco, e fiducia nelle proprie capacità di comunicazione al punto da non avere eccessiva “ansia da telecamera”. Sono indizi certamente positivi, che poi dovranno essere supportati da conoscenze e competenze.