28 Agosto 2023

Analisi della sentenza n. 22375/2023 della Suprema Corte di Cassazione Civile. Profili di legittimità in merito alle clausole c.d. di russian roulette

MATTEO BETTINI

Immagine dell'articolo: <span>Analisi della sentenza n. 22375/2023 della Suprema Corte di Cassazione Civile. Profili di legittimità in merito alle clausole c.d. di russian roulette</span>

Abstract

L'articolo, scritto in collaborazione con Gabriele Mengo e Maria Lanza, presenta una breve esposizione dei principali aspetti emersi alla luce della recente pronuncia della Suprema Corte. L'analisi ivi proposta rappresenta il primo step di un progetto sviluppato in collaborazione tra JEME, la più importante associazione studentesca dell’Università Bocconi, e Wegal, studio legale nato dalla fusione di importanti boutique di Milano, Genova e Roma. Discorso più generale e completo verrà infatti presentato nel white paper “Le clausole di deadlock nei patti parasociali, negli statuti, e nei contratti di joint venture”, che verrà pubblicato a metà settembre.

 

Le clausole di deadlock vengono inquadrate come previsioni, espressione della libertà contrattuale delle parti, volte a regolare possibili situazioni di stallo potenzialmente rilevabili durante la normale vita societaria. Tali clausole, non espressamente codificate nella legislazione italiana, trovano frequente applicazione nella prassi contrattuale quali clausole negoziali di natura atipica.

La disciplina è stata prevalentemente ripresa dalla common law anglosassone, permettendo così un’evoluzione del nostro ordinamento, pur sempre circoscritta all’interno dei confini delle regole fondanti il nostro diritto positivo. Si pongono tuttavia problemi di coordinamento e adattamento rispetto alla struttura del diritto contrattuale italiano, sui quali i giudici sono chiamati ad esprimersi.

Poche sono state, tuttavia, le pronunce giurisprudenziali a riguardo nei paesi di civil law. Tra queste, in Italia, emerge una recentissima pronuncia della prima sezione civile della Suprema Corte di Cassazione (Cassazione civile sez. I, n. 22375, 2023). Quest’ultima, oggetto della presente analisi, si pone il problema di giudicare circa la compatibilità di una specifica clausola, la clausola di russian roulette, con il nostro ordinamento.

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La Clausola di Russian Roulette 

La clausola di russian roulette, anche definita come clausola del cowboy, è particolarmente frequente nei casi di società con partecipazioni paritarie fifty-fifty. Essa garantisce a un socio, al verificarsi di una predefinita situazione di stallo (deadlock), il diritto di rivolgere all’altro un’offerta irrevocabile di acquisto dell’altrui partecipazione, a un prezzo stabilito dall’offerente. L’oblato, a sua volta, avrà due possibilità: (i) accettare l’offerta, con il conseguente trasferimento della propria partecipazione; ovvero (ii) rifiutare l’offerta, rimanendo però obbligato ad acquistare la partecipazione del socio emettente la first offer allo stesso prezzo proposto da quest’ultimo. La suddetta clausola non prevede rilanci, a differenza della sua variante di texas shoot out, ove sono invece previsti.

 

Struttura e Funzionamento della Clausola

In ogni caso, a seconda che il diritto possa essere o meno azionato da entrambi i soci, la clausola si distingue in simmetrica e asimmetrica, ed è invece definita intermedia se attribuisce il diritto di iniziativa ad un unico socio entro un determinato lasso temporale, trascorso il quale il diritto passa all’altra parte. Tali clausole possono essere inserite sia all’interno degli statuti societari, ovvero, assumendo valenza inter partes, possono operare attraverso l’adozione nell’ambito di appositi patti parasociali. Sovente avviene che le stesse vengano inserite anche all’interno degli accordi di joint ventures, settore dove hanno acquisito importanza prevalente.

 

Analisi dei profili civilistici di validità

Dopo un primo necessario inquadramento, è ora necessario riassumere i vari profili civilistici di validità della clausola richiamati dalla Suprema Corte.

Il primo profilo critico riguarda l’ipotetica violazione dell’art. 1355 c.c., ovverosia la disposizione che dichiara nulla qualsiasi alienazione di un diritto, o assunzione di un obbligo, subordinatamente ad una condizione meramente potestativa, cioè dipendente dalla sola volontà dell’alienante o, rispettivamente, quella del debitore.

Richiamando precedenti sentenze dello stesso organo giudicante, la Cassazione ha affermato che, al fine di poter qualificare una condizione come meramente potestativa, concetto al quale la giurisprudenza ha sempre attribuito un’interpretazione fortemente restrittiva, è necessario che la stessa consista in “un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto”. La condizione è invece potestativa laddove l’evento oggetto della condizione sia collegato a valutazioni di interesse e convenienza e “si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato[1].

Applicando tale distinzione alla clausola in questione, la struttura della stessa è appositamente costruita al fine di evitare che una parte soggiaccia al mero arbitrio dell’altra. Al momento dell’esercizio dell’iniziativa, è il destinatario a decidere le sorti della propria partecipazione, decidendo se assumere le vesti di venditore o di acquirente. Il proponente dovrà quindi decidere il prezzo sulla base di valutazioni di carattere oggettivo, visto che la decisione finale verrà presa dall’altra parte. Nondimeno, l’evento non può dirsi sottoposto alla mera volontà di una parte, in quanto la clausola trova attivazione al verificarsi di una situazione di stallo (trigger event), tale predeterminato e definito giuridicamente dalla stessa clausola contrattuale che lo prevede.

Ragioni analoghe vengono sostenute circa il profilo di possibile contrasto con l’art. 1349 c.c. riguardo all’invalidità per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto. La Cassazione, infatti, ritiene che la configurazione della clausola, prevendendo il diritto in capo all’oblato di decidere se acquistare o vendere la partecipazione al prezzo scelto dall’offerente, impedisca che il proponente stabilisca un prezzo qualsiasi o addirittura assurdo.

Diversa questione viene posta in merito alla compatibilità con il divieto di patto leonino sancito dall’art. 2265 c.c., secondo cui sono nulli i patti con cui uno o più soci vengono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. Richiamando il ragionamento della Corte, diverso è il profilo strutturale che connota le clausole di russian roulette rispetto a quelle lesive dell’art. 2265 c.c. Le prime, infatti, non sono idonee ad escludere un socio in qualsiasi momento, bensì, tale circostanza è rimessa al verificarsi di un trigger event predeterminato contrattualmente. Oltre a ciò, è lo stesso meccanismo di funzionamento, condizionato inevitabilmente dalla decisione ultima dell’oblato, a impedire che la clausola possa consentire al primo di escludere il secondo dalla partecipazione societaria senza una contestuale manifestazione di volontà.

 

Compatibilità e Conclusioni

Questione più critica si pone circa la circa la necessaria presenza o meno di un prezzo minimo (floor) al quale la partecipazione dovrebbe essere acquistata, soprattutto alla luce di due contrasti massime notarili (Massima Cons. not. di Milano n. 181/2019 e Massima Cons. Not. di Firenze n.73/2020). Posizione favorevole viene adottata dalla massima milanese che, rinvenendo le disposizioni in tema di exit forzato in caso di recesso legale (artt. 2437-ter e 2473 c.c.), riscatto convenzionale (art. 2437-sexies c.c.) e di esclusione (art. 2473-bis c.c.), e richiamando quanto detto in una massima più risalente in tema di clausole di drag along, pone come limite alla clausola statutaria di russian roulette quello dell’equa valorizzazione della partecipazione. Tale argomento non viene condiviso dal Consiglio Notarile di Firenze e, successivamente, dai Giudici della Suprema Corte, secondo cui la visione è frutto di un’indebita sovrapposizione fra la clausola di drag along e quella di russian roulette. La seconda è infatti atta a risolvere una situazione di stallo ove, presumibilmente, non vi è la presenza di un socio di minoranza, come nel caso delle drag along, che si trova in una posizione di soggezione rispetto a quello di maggioranza. Il principio di equa valorizzazione verrebbe applicato alla luce di una situazione di soggezione pura all’altrui diritto potestativo il quale configurerebbe l’effetto espropriativo del valore differenziale. Nel caso della russian roulette il problema non si pone, in quanto si è in presenza di una facoltà di scelta in capo all’oblato, la quale impedisce il verificarsi dell’effetto espropriativo. Di conseguenza, nessun limite di equa valorizzazione dovrebbe essere imposto al prezzo di acquisto della partecipazione. I profili esposti confermano la piena compatibilità della clausola di russian roulette con il nostro ordinamento.

 

[1] V. Cass. Civ. Sez. V, n. 30143/2019

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