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Il sinecismo e il diritto
“Sinecismo- σύν = con, insieme, οἰκέω = abitare, vivere: Nell'antica Grecia, concentramento in un'unica città della popolazione prima sparsa in borgate e campagne; ai componenti dello Stato nato per s. competevano eguali diritti politici ”[1].
Questa la definizione di un fenomeno che trova il suo fulcro nel termine greco oikos, cioè casa, patrimonio, ma anche eredità, casa comune di tutti, comunità o città. La culla della nostra cultura, ha elaborato un tale lemma-concetto per descrivere l’aspetto sociologico di riunione di più individui in un unico luogo. È interessante notare come oikos, sia la radice etimologica di economia, di ecologia, di ecosistema. Concetti e scienze, che rimandano inevitabilmente ad un bisogno di amministrazione comune. Per tale ragione, tale fenomeno, apparentemente distante dal mondo giuridico, a parere di chi scrive, è, in realtà, la massima espressione di cui il diritto consta. Il sinecismo, cioè, è fonte e linfa del diritto.
Dalle più celebri e conosciute teorie, si attribuisce al diritto il significato di complesso di norme volte a regolare la convivenza di un gruppo sociale portatore di interessi in conflitto. Esso, cioè, consente la coesistenza, in uno stesso luogo, di soggetti in potenziale antagonismo.
Indubbiamente, esso, è strumento per la realizzazione del sinecismo, ma, si crede, ne sia anche l’espressione. Infatti, il fenomeno giuridico, tanto nella sua dimensione privatistica, quanto in quella pubblicistica, non solo consente e regola la coabitazione, ma la vivifica. Si prenda a titolo di mero esempio il diritto amministrativo. Esso consiste nella regolazione dei rapporti dello Stato e degli enti autarchici operanti come persone giuridiche pubbliche per i fini dell'amministrazione, sia tra loro, sia con i privati. Per il tramite di tale scienza, cioè, si riconosce, ai singoli, il diritto alla legittimità dell’operato della/nella res publica. Si offre alla collettività, cioè, uno strumento di controllo dell’agire pubblico al fine di garantirne il buon andamento corroborandone la fiducia. Allo stesso modo, può dirsi per il diritto costituzionale: branca del diritto che si occupa dell'evoluzione e dell'organizzazione dello Stato e dei rapporti tra autorità pubblica ed individuo, consentendo un diretto controllo di legittimità e legalità. Ma si potrebbe continuare l’esemplificazione con il diritto privato, il diritto commerciale, il diritto del lavoro. La conclusione che se ne trae, da ogni singola declinata analisi, è che il diritto non serve solo a regolare rapporti, e a gestire conflitti, ma è motore dell’agire bene. È sostentamento di quello “spirito pubblico[2]” che muove i soggetti a riunirsi sinecisticamente.
Un attuale esempio di tale fenomeno: la modifica costituzionale
Delineate delle tali premesse, la recente modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione, suggerisce qualche spunto di riflessione. La revisione, in un’ottica apparentemente evolutiva, ha aggiunto la tutela dell’ambiente fra i principi fondamentali. Ferma, tuttavia, la considerazione che il tenore dell’art. 9 già ricomprendesse la tutela di un tale interesse nella sua applicazione pratico-interpretativa, la modifica costituzionale, a parere di chi scrive, si pone come un icastico riconoscimento di una esigenza di sinecismo.
A fronte di anni in cui, come scriveva il Giudice emerito della Corte Costituzionale Paolo Maddalena “la mente del legislatore è stata ottenebrata dalle teorie che considerano valore il denaro e il conteggio del denaro, restando indifferenti per le sorti degli individui, delle istituzioni, dei popoli…”, si è avvertita la necessità, mediante la tecnica della cosiddetta “normazione iconica”, di trasmettere un messaggio forte. Si è voluto esplicitare un concetto, quello di riappropriazione dell’ambiente, delle cose comuni, che all’epoca dei Padri costituenti era una ovvietà, che non abbisognava di una espressa previsione. Si è, cioè, ritenuto opportuno rinvigorire lo spirito pubblico, con un gesto manifesto e d’impatto, quasi con un grido.
In maniera probabilmente ardita, si è giunti, infatti, a modificare quel nucleo intangibile dell’ordinamento, rappresentato dai principi fondamentali della Carta Costituzionale, il cui predicato è proprio l’immodificabilità. E ciò, al fine di rendere evidente un crescente bisogno di coesione e vivificazione della cosa comune. Omessa ogni considerazione di opportunità ed utilità di una tale riforma, sulla quale larga parte dei professionisti, a buon conto, nutre delle perplessità, è indubbia l’iconica portata della modifica.
Ecco dunque che, riavvolgendo le fila di tali sparse considerazioni, il diritto è strumento per il sinecismo, ma è esso stesso il sinecismo. Toccare i principi fondamentali, per loro natura, intoccabili, significa voler aggregare la collettività, ricordandole che abbisogna di “riunirsi in una casa comune”. Per Socrate, nel Critone, la cittadinanza era un patto fra il cittadino e la sua patria. Forse, nella consapevolezza del bisogno, per i nostri tempi, di un nuovo patto di cittadinanza fra Stato e individui, la legge costituzionale 1/2022, è l’inizio, sebbene audace, di un rinnovato percorso.
[1] Treccani
[2] Alexis de Tocqueville, De la démocratie en Amérique, 1835-1840- 1ª ed. italiana 1932