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Il Contract Recognition Board, nato negli anni ‘80 per dirimere le controversie di natura contrattuale tra piloti e scuderie (approfondito in un precedente articolo presente su 4cLegal dal titolo “Il Contract Recognition Board nell’ambito della FIA. Storia e peculiarità”) ha generato nel corso del suo esercizio diverse perplessità inerenti la sua eventuale natura arbitrale. Per riuscire a sciogliere questo nodo è necessario analizzare un caso che, partito da una questione inerente la validità di un contratto, è divenuto poi uno spunto per vagliare l’effettiva natura del CRB.
Walkinshaw vs. Diniz (1999)
Prima di entrare nel merito è bene esporre la vicenda alla base di questa controversia. Nel 1997 il pilota brasiliano Pedro Diniz firmò un accordo con la scuderia inglese Arrows, gestita dal Team Principal nonché proprietario Tom Walkinshaw. Quest’ultimo doveva durare per le due stagioni successive e fu inoltre previsto, al fine di invogliare Diniz a prender parte nel progetto, che la scuderia dovesse fornire al pilota una vettura competitiva e capace di raggiungere determinati obiettivi. Le parti inoltre convennero che Diniz avrebbe avuto il diritto di risolvere il contratto unilateralmente nel caso in cui tali minimi obbiettivi prestazionali non fossero stati raggiunti alla fine della stagione del 1998. Fu inoltre inserita una Buy-out clause, che dava a Diniz la possibilità di concludere unilateralmente e ad nutum il contratto, a patto che versasse un generoso corrispettivo alla Arrows. L’accordo venne registrato dalla segreteria del CRB e conteneva la clausola compromissoria prevista da tale organo. Oltre ad essa, però, era presente un ulteriore clausola che affidava l’accordo alla giurisdizione esclusiva inglese. Quanto esposto non poteva che portare a un conflitto giurisdizionale se si fossero verificate situazioni conflittuali.
Ciò avvenne alla fine della stagione 1998, quando Diniz notificò alla Arrows la sua recessione dal contratto per la clausola legata alle mancate performance della monoposto, con effetto immediato. La Arrows contestò che il pilota potesse utilizzare tale clausola per terminare il contratto e, accettando che il contratto si fosse comunque concluso, affermò che il pilota avesse utilizzato la Buy-out clause. Allo stesso tempo Diniz firmò un accordo con un'altra scuderia, chiamata Sauber, per la stagione 1999. Ovviamente quando questa seconda scuderia depositò il contratto presso il CRB emerse in modo chiaro il conflitto tra due accordi per la stessa stagione di due diverse scuderie con lo stesso pilota.
Il CRB quindi, convocò le parti a Ginevra per ascoltarle e raccogliere informazioni a riguardo. Le conclusioni a cui arrivò la Commissione furono le seguenti:
- il contratto con la Arrows si era concluso;
- l’unico accordo ad aver valore e prevalere era quello da poco depositato con la Sauber.
Diniz però chiese al CRB di approfondire l’indagine e statuire anche sulla clausola con la quale si fosse concluso il contratto. Essendo la stagione di formula Uno del 1999 oramai alle porte, il CRB si riunì nuovamente per analizzare tale aspetto. La scuderia Arrows però si oppose a tale verifica da parte della commissione, segnalando che il CRB aveva giurisdizione solo sull’esistenza e la prevalenza di un contratto su un altro, ma non sullo stabilire le cause per le quali tale accordo fosse terminato, essendo tale competenza spettante alla corte inglese. Essa avviò un procedimento dinnanzi a tale organo giurisdizionale avverso Diniz, già prima che il CRB si fosse pronunciato, considerando le sue statuizioni non qualificabili come arbitrati in quanto esso non fosse altro che un apparato interno della FIA deputato a questioni di carattere tecnico.
Il caso davanti l’Alta Corte inglese
L’Alta Corte inglese si trovò quindi a dover dirimere principalmente tre punti:
- se le parti avessero accettato di sottomettere il profilo riguardante le modalità di estinzione del contratto alla giurisdizione del CRB;
- se tale giurisdizione fosse considerabile come arbitrato oppure se avesse altra natura e, solo in quel caso,
- se la natura di tale procedimento consentisse la continuazione del processo dinnanzi le corti inglesi.
Riguardo al primo punto fu affermato dal giudice Thomas, a cui era affidata la controversia, che spettasse al CRB decidere sulla questione, in modo incidentale, alla luce delle regole che disciplinano tale organismo e le fonti contrattuali da esso supervisionate.
Sul secondo punto Thomas si soffermò non sul linguaggio utilizzato per definire tale organo, ma bensì sull’effettività della sua natura, seguendo una definizione di arbitrato che si concentrava principalmente sulla presenza di quattro caratteristiche al fine di vagliarne l’eventuale corrispondenza con il modello testé citato. Esse sono:
- la possibilità di essere ascoltati;
- l’imparzialità dei decisori;
- le caratteristiche delle decisioni;
- il sostrato su cui tale giurisdizione si basa.
Per quanto riguarda la prima caratteristica la corte inglese stabilì che il CRB, dando la possibilità di essere ascoltati in anticipo e di produrre prove a favore delle propria tesi, possedesse tale caratteristica. Contro tale argomentazione la Arrows sostenne che la forte limitazione temporale imposta dalle regole procedurali andasse a minare tale garanzia. Thomas rigettò tale questione sostenendo che il CRB possiede il potere di richiedere ulteriore tempo, se necessario, e di riunirsi ogni volta che lo ritiene opportuno per avere le informazioni necessarie.
Analizzando il successivo requisito dell’imparzialità, il giudice enfatizzò come i decisori del CRB fossero scelti tra avvocati esperti che non avessero alcun legame con il mondo delle corse e che quindi non potessero che rappresentare un collegio neutrale al quale sottoporre le proprie doglianze.
Per quanto attiene invece alle caratteristiche delle decisioni, fu evidenziato come esse possedessero una vocazione tendente alla definitività, nonché una capacità di statuire su ogni questione derivante da tali accordi e una coercibilità dettata dal legame con la FIA.
Riguardo l’ultima caratteristica necessaria per poter qualificare il CRB come un rimedio arbitrale, cioè la sua giurisdizione, va considerato che essa non può che derivare da un accordo tra le parti e che quest’ultimo è presente in quanto esiste una clausola compromissoria, senza la quale le scuderie e i piloti non potrebbero prendere parte al Campionato Mondiale di Formula Uno.
Il CRB è un organo con natura arbitrale?
Bisogna quindi concludere, seguendo l’impostazione del giudice Thomas nel caso Walkinshaw vs. Diniz, che il Contract Recognition Board non può che essere considerato un metodo di risoluzione delle controversie di natura arbitrale, che cerca di coniugare i principi di equità processuale con quelli di celerità e di flessibilità in un sistema che altrimenti non sarebbe capace di dare risposte adeguate, sia nel contenuto che nelle tempistiche. Va inoltre sottolineato che non si può considerare, quale caratteristica pregiudizievole, l’obbligatorietà della clausola compromissoria al fine di partecipare al Campionato del Mondo di Formula Uno, perché tale obbligatorietà è spesso una peculiarità comune negli arbitrati. Ciò non può che considerarsi necessario ai fini di rendere un rimedio efficace ed omogeneo tra le varie parti che possono entrare in conflitto. Merita infine di essere condivisa l’osservazione del giudice Thomas riguardante la promozione del ruolo del CRB ai fini della sua capacità intrinseca di risolvere le questioni contrattuali in modo celere, definitivo e soprattutto riservato, riuscendo comunque a garantire l’imparzialità del collegio giudicante e il contraddittorio tra le parti.