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Avvocato Gagliardi, lei ha affermato che “la consapevolezza di vivere un’epoca di profonda, continua e rapidissima trasformazione” può rappresentare per i giovani giuristi – ma, verrebbe da dire, per i giovani in generale - “un’occasione unica per contribuire al cambiamento delle regole del gioco”. Quali sono, concretamente, le vie che i nuovi professionisti dovrebbero seguire per acquisire questa consapevolezza?
Innanzitutto credo che saper “vedere” e non solo “guardare” cosa accade sia la chiave per essere partecipi consapevoli del cambiamento. Ciò impone apertura mentale e capacità di “commistione dei saperi”: spaziare tra varie discipline e sfruttare le possibili sinergie, avere una mente aperta per poter approcciare problemi complessi con molteplici soluzioni. Occorre un’attitudine mentale pronta ad accogliere il cambiamento, essere disponibili ad inventarci e reinventarci continuamente, apportando quindi idee nuove e soluzioni innovative a problematiche in continua evoluzione. Il “si è sempre fatto così” non funziona più e si devono scardinare sistemi desueti e, ormai, inefficaci.
Un aspetto che colpisce del suo curriculum è l’aver accolto numerose sfide lavorative con incarichi diversi. Crede che questo tipo di “liquidità” professionale sia destinata ad affermarsi sempre di più nel mercato legale contemporaneo?
Ne sono convito. L’innovazione per il mondo dell’avvocatura potrebbe avere l’impatto di orientare l’idea dei servizi legali verso una dimensione che ha il profilo di una piattaforma, intesa non solo come infrastruttura tecnologica, ma come insieme di conoscenze da condividere. Varie esperienze lavorative, in settori e ruoli differenti, permettono di capire cosa realmente significhi fornire un servizio completo e integrato ai clienti. Ritengo che tale considerazione sia valida nel settore legale, ma possa essere applicata a tutti i campi della nostra vita. Oltre alle competenze tecniche, che rimangono imprescindibili pur mutando le modalità di utilizzo, la contaminazione di esperienze aumenta la consapevolezza della persona e fa emergere abilità che a volte nemmeno sappiamo di avere.
Il famoso futurologo Richard Susskind ha dichiarato: «Gli studi legali possono scegliere, abbracciare il futuro o morire». È d’accordo - e se sì, perché - con questa affermazione?
Sono d’accordo: è necessario mettere a disposizione conoscenza legale in maniera efficiente, integrata, abbattendo le barriere che normalmente esistono tra il modo della professione e quello dell’impresa. Ritengo che la nostra professione stia cambiando profondamente e che la scelta, sia dei giovani che dei meno giovani, sia tra guidare tale cambiamento o subirne passivamente gli effetti. Ho già espresso la mia convinzione in altri contesti: nel panorama in evoluzione della consulenza legale, ci saranno vincitori e vinti. Per garantire la competitività futura, gli studi legali devono essere pronti a riconsiderare le parti essenziali del loro modello di business, per cogliere le opportunità offerte dall’innovazione (in ogni sua accezione) e, in ultima istanza, per superare la logica del prodotto e del servizio, diventando un hub di competenze a disposizione del cliente.