***
Molti opinion leader sconsigliano oggi di iscriversi a Giurisprudenza. Perché secondo Lei e cosa si può fare per cambiare le cose?
Se in passato le facoltà giuridiche riscuotevano un grande successo, oggi non è più così. I dati degli ultimi anni parlano chiaro: il calo degli immatricolati a Giurisprudenza è netto e costante ormai da un decennio. Le cause sono sicuramente molteplici ed è difficile indicarne una predominante. Certamente l’affollamento di neolaureati che cercano di accedere agli sbocchi lavorativi “tradizionali”, con conseguenti allungamento e incertezza dei tempi di inserimento nel mondo professionale, l’esiguità dei guadagni dei professionisti all’inizio dell’attività, che oggi non è più bilanciata dall’aspettativa di introiti ben più consistenti negli anni a seguire, sono alcune delle motivazioni più concrete ed evidenti. C’è poi anche un aspetto legato alle prospettive del mercato del lavoro: infatti, si sente dire spesso che le professioni del futuro saranno quelle legate allo sviluppo tecnologico e ai suoi derivati nei differenti campi del sapere, e in questi ranking Giurisprudenza non compare pressoché mai.
Tuttavia, io credo che lo studio del diritto resterà sempre un caposaldo nello sviluppo sociale ed economico, e che ciò che deve cambiare è la prospettiva con cui lo si affronta. Bisognerebbe spiegare ai giovani, fin dal momento della scelta degli studi universitari, come sta cambiando il contesto in cui i giuristi si trovano ad operare, quali sono gli ambiti del diritto che saranno maggiormente richiesti, come esistano degli sbocchi lavorativi “alternativi” che un laureato in giurisprudenza può intraprendere, anche se non sono direttamente collegati con il corso di studi svolto. Infatti, non dobbiamo dimenticare che lo studio della Giurisprudenza consente di attrezzarsi con strumenti particolarmente efficaci per interpretare i fenomeni sociali, economici e politici.
Oggi abbiamo a che fare con un’internazionalizzazione sempre più ampia, che porta ad operare in sistemi giuridici diversi e pone nuove sfide alla difesa della proprietà intellettuale, per non parlare di come la rivoluzione digitale stia impattando il mercato legale e richieda il continuo adeguamento delle normative in termini di privacy, trattamento dei dati, e molto altro ancora. In un ambito in cui le sfide sono così numerose, non possono mancare le opportunità: se riusciremo a far comprendere questo ai giovani, credo che torneranno a vedere Giurisprudenza come una prospettiva concreta per costruire un solido futuro professionale.
Quanto contano le soft skills per un giurista oggi?
Nello scenario che abbiamo appena delineato è chiaro che per i giovani è difficile emergere e ancor di più arrivare a ricoprire rapidamente una posizione professionale che soddisfi a pieno le loro aspettative. Per quanto riguarda il mondo dei giuristi d’impresa, constatiamo ogni giorno che la competizione è forte, il contesto è in rapida evoluzione, le sfide si rinnovano continuamente e al contempo le aspettative delle aziende sono molto alte. Per risultare appetibili in fase di assunzione e per poter crescere professionalmente in seguito, non sono più sufficienti solide conoscenze teoriche e preparazione tecnica (che restano naturalmente imprescindibili, così come una sicura padronanza dell'inglese), ma occorre anche essere dotati di un buon set di soft skill collaterali. Per chi opera all’interno di un’organizzazione complessa, qual è un’azienda, è fondamentale comprendere le logiche e le dinamiche esistenti e saper interagire correttamente con il contesto: per questo se si vuole svolgere al meglio il proprio lavoro, è necessario sviluppare competenze relazionali, organizzative, comunicative, oltre a quelle professionali.
Qual è il ruolo di professionisti affermati, in azienda o in studio legale, nella crescita di un giovane neolaureato? Esiste una "responsabilità generazionale"?
Una responsabilità generazionale esiste sempre ed è imprescindibile, tanto più in azienda, dove la continuità e lo sviluppo del business devono poter essere garantiti nel tempo. Senza un’adeguata trasmissione di conoscenze, competenze e know-how da una generazione all’altra, l’azienda subirebbe continue battute d’arresto nel suo processo di crescita e non potrebbe sopravvivere a lungo.
Chiunque sia diventato un professionista nel suo campo, sa di avere una responsabilità in questo senso sia verso le nuove generazioni, sia nei confronti delle figure chiave che lo hanno saputo accompagnare e guidare nella crescita professionale. Ciò è ancor più vero in un ambito, come quello giuridico, dove l’esperienza maturata sul campo in tanti anni ha un valore particolarmente rilevante: la tutorship di un professionista nel percorso di crescita di un neolaureato è quindi ancor più fondamentale.
Potremmo quindi affermare che la “responsabilità generazionale” è un requisito chiave per svolgere al meglio il ruolo di giurista d’impresa, perché uno dei compiti fondamentali che siamo chiamati ad assolvere in azienda è quello della valorizzazione dei talenti, ovvero aiutare i giovani a crescere e a coltivare le proprie capacità e attitudini non solo professionali, ma anche personali.