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L’attività del vostro Studio si focalizza in particolar modo sul Diritto societario. Come potreste sintetizzare il cambiamento avvenuto in questi anni dal punto di vista del rapporto cliente-avvocato nel contesto “corporate”?
Il rapporto è a mio giudizio profondamente cambiato o, in ogni caso, va modificato seguendo una innovativa logica di “posizionamento” della figura dell’avvocato. Il consulente legale non viene scelto unicamente – o almeno non solo – per le sue competenze professionali – queste si presumono in un piano concorrenziale oramai molto allargato – ma anche perché diventi parte del “progetto” imprenditoriale, se ne senta in qualche modo coinvolto. Per esperienza i rapporti professionali più duraturi sono quelli che si basano su una idea allargata e più “moderna” del principio cardine di “intuitus personae”.
Il vostro Studio è molto attivo nella produzione e diffusione di contenuti editoriali digitali. Ci può dire esattamente cosa ha spinto il vostro Studio a dedicare così tanto interesse alla comunicazione online?
Sono cambiati certamente i sistemi di comunicazione; i social hanno rivoluzionato in tal senso i rapporti anche dal punto di vista professionale e consentono di arrivare ad una utenza fortemente allargata rispetto ai confini e ai canali usati nel passato. È però essenziale non perdere di vista l’esigenza di coniugare l’esercizio di sintesi che è caratteristico delle comunicazioni digitali con quella – determinante – di divulgare contenuti di buon (meglio ottimo) livello professionale. È questa la vera sfida! Il messaggio deve essere da un lato semplice, in quanto il panorama degli utenti non è solo di esperti nel settore, e dall’altro gli argomenti non possono essere trattati superficialmente ma devono mirare a soddisfare esigenze di approfondimento non tanto “didattiche” quanto più “pratiche/operative”.
Pensiamo per un attimo al recruitment. Quali caratteristiche dovrebbe avere un giovane avvocato per collaborare con il vostro Studio? Si parla molto di “soft skills”.
È un tema complesso: certamente occorre uscire dai soliti parametri utilizzati in passato e individuare nei potenziali candidati capacità e attitudini caratteriali, anche non strettamente riferite alle conoscenze giuridiche. Caratteristiche che tuttavia non sono sempre facili da cogliere a un primo o anche a un secondo confronto. Personalmente quello che cerco principalmente in un collaboratore o una collaboratrice è la dimostrazione di una sana “umiltà” che non deve essere confusa con “remissività” caratteriale (anzi apprezzo chi sollecita un confronto) ma intesa come la consapevolezza e curiosità di imparare ed approfondire. Poi certo, ci vuole la dimostrazione di una conoscenza tecnica e (potenziale) capacità professionale, ed il percorso universitario in tal senso può essere indicativo; ma non lo ritengo un parametro in assoluto decisivo nella scelta.