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Avvocato Catalano, lei è stato da poco eletto Presidente dell’AIGI. Che obiettivi si pone per la Sua Presidenza?
Se mi permette una battuta, il mio primo obiettivo è non far rimpiangere coloro che mi hanno preceduto in questa carica: e non è affatto scontato raggiungerlo. Dal punto di vista operativo, il Presidente e le cariche elettive di un’Associazione devono fare quello che fanno, a mio modo di vedere, gli organi esecutivi delle società, chiamate a dare esecuzione a piani strategici volti al raggiungimento dell’oggetto sociale. Il nostro piano strategico, lo ripeto spesso, è il programma elettorale in cui ci siamo riconosciuti quando ci siamo presentati davanti ai nostri associati per essere eletti. Sono sicuro che dare esecuzione a quel programma condurrà quasi naturalmente a raggiungere lo scopo associativo, vale a dire il riconoscimento concreto e formale della figura del legale d’impresa che, già oggi, è ben (ri)conosciuta nelle aziende in cui operiamo.
La vostra associazione si è costituita nel 1976, tracciamo in poche righe una “storia recente del giurista d’impresa” e gettiamo uno sguardo al futuro: come si è evoluta negli ultimi anni questa figura e come prevedete si evolverà?
Io non vedo un archetipo unico di “giurista d’impresa”, ma tante epifanie differenti di “giuristi d’impresa”, accomunati dallo stesso DNA, che è quello di svolgere “attività professionale di assistenza e consulenza in materia giuridica alle dipendenze di imprese o enti” e di concorrere “ai processi decisionali e gestionali dell'impresa, mediante l'apporto delle proprie specifiche competenze giuridiche”, come recita il nostro Statuto. Questo fa sì, da un lato, che aumentino le occasioni di lavoro all’interno dell’impresa ma, dall’altro, proprio per la serietà che il nostro lavoro ci impone, che sia necessario enucleare i tratti distintivi del, anzi dei giuristi d’impresa, anche al fine di comprenderne meglio i bisogni e le necessità cui l’Associazione può rispondere. Qualche giorno fa, il mio predecessore, Raimondo Rinaldi, ha parlato dell’in-house counsel come alfiere dell’etica e della legalità. Ecco, proprio all’etica ed alla legalità come campi di “pratica” per i legali interni è dedicato uno dei tre Gruppi di lavoro che la consiliatura appena cominciata ha formato. Gli altri due Gruppi sono dedicati rispettivamente ad approfondire le sfide che pongono il Digitale e l’Intelligenza Artificiale per il nostro lavoro ed a comprendere se si possa prevedere anche per i legali interni, così come per altre funzioni, un meccanismo di certificazione di qualità. Sono tutti progetti, mi pare, giustamente ambiziosi, ma sui quali vedo grande impegno da parte dei Gruppi di lavoro e sono quindi molto ottimista che possiamo portare a casa dei risultati molto interessanti, a beneficio di tutti gli Associati.
Quanto contano le “soft skills” per il giurista d’impresa contemporaneo e quali sono i metodi per acquisirle?
Le soft skills sono un ingrediente imprescindibile per un giurista d’impresa che voglia al tempo stesso essere un manager di successo nella propria azienda. Con una collega, cui ricordo spesso questo episodio, avemmo modo di discutere durante una conferenza sul fatto che sentirsi chiamare “avvocato” dai colleghi sia o no una cosa gradita. La collega sosteneva di no, perché tale accezione potrebbe segnare un elemento di distacco rispetto al resto della popolazione aziendale. Io sostenevo, e ribadisco tuttora, che questo denota sì la particolarità delle competenze del legal counsel, ma al tempo stesso il rispetto che i colleghi ripongono in tali competenze che possediamo. Se non riuscissimo a dare seguito alle attese dei colleghi di fornire loro risposte “legali”, non faremmo bene il nostro lavoro: il che significa, a mio parere, che il giurista d’impresa deve sì possedere delle solidissime basi tecniche (dico sempre che, nella mia carriera di giurista interno, mi è capitato di dover rispondere anche a questioni successorie o sul diritto dell’enfiteuta), ma anche accompagnare a queste delle abilità umane, personali e manageriali che permettano di trasmettere le suddette competenze nella maniera corretta e di guidare, o far parte di, team di specialisti coesi. Queste competenze si possono sicuramente assumere con il learning by doing, ma come Associazione insisteremo anche sulla formazione rispetto a queste abilità, fondamentali per il successo del giurista d’impresa del terzo millennio.
Quanto potrà influire lo sviluppo delle moderne tecnologie per il lavoro del giurista d’impresa?
Riparto dalla fine della risposta precedente. È chiaro che il lavoro per il giurista del terzo millennio, e non solo per quello d’impresa, cambierà radicalmente nei prossimi anni. Cambierà sia sotto l’aspetto del metodo di lavoro sia sulle questioni che gli saranno poste. Come dicevo, come Associazione stiamo dedicando grande attenzione a questi aspetti: abbiamo la fortuna di avere molti colleghi che lavorano in aziende “hi-tech” e che, quindi, possono fornirci in anteprima gli “insight” sulle evoluzioni che ci attendono nel nostro mondo. Ripeto spesso che questi sono anni decisivi per la nostra professione, anni nei quali il digitale eliminerà le ultime barriere tra libera professione e in-house: dobbiamo saper cogliere le opportunità per preparare al meglio il, anzi, i giuristi d’impresa del futuro.