11 Luglio 2024

Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD): cosa prevede la nuova direttiva europea?

GIORGIA CECCARELLI

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Abstract

La Direttiva (UE) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CS3D o CSDDD), pubblicata il 5 luglio 2024, stabilisce i requisiti di due diligence per le aziende, con l'obiettivo di prevenire e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente. La direttiva amplia gli obblighi di trasparenza ESG a tutta la filiera e introduce piani per la compatibilità climatica aziendale. Tuttavia, il campo di applicazione è stato ridotto rispetto alla bozza originale, escludendo molte imprese.

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Con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il 5 luglio 2024 si è concluso ufficialmente il lungo iter legislativo con cui le istituzioni europee hanno definito i requisiti delle misure di due diligence che le aziende devono implementare per prevenire, mitigare e rimediare agli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente con riferimento alle operazioni proprie e dei partner commerciali.

La Direttiva (UE) 2024/1760 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CS3D o CSDDD) entrerà in vigore entro venti giorni dalla pubblicazione. Gli stati membri avranno poi due anni di tempo per implementare i regolamenti e le procedure amministrative per conformarsi al testo giuridico UE.

Nota anche come Supply Chain Act, la CSDDD si inserisce al fianco della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) tra le misure del Green Deal, il pacchetto di riforme presentato dalla Commissione europea nel 2021 per contrastare il cambiamento climatico. Dopo aver dato indicazioni merito alla reportistica sulla sostenibilità delle imprese e agli standard da utilizzare, l’UE con la CSDDD ha voluto estendere gli obblighi di responsabilità e trasparenza ESG a tutta la filiera.

La Direttiva fa propri i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGPs) e concretizza l’obbligo di dovuta diligenza nell'individuazione, nella cessazione, nella prevenzione, nell'attenuazione e nella contabilizzazione degli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente nelle attività dell'impresa, delle controllate e della catena del valore, includendo sia le attività a monte (come progettazione, estrazione, approvvigionamento di materie prime e prodotti) sia quelle a valle (come distribuzione e stoccaggio). Inoltre, le imprese di grandi dimensioni dovranno predisporre un piano per garantire che la loro strategia aziendale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C in linea con l'accordo di Parigi.

La direttiva introduce anche obblighi per gli amministratori delle società interessate tra cui l'istituzione e la supervisione dei processi di due diligence, oltre al loro inserimento nella strategia aziendale. Inoltre, gli amministratori nelle loro decisioni dovranno tenere conto dei diritti umani, dei cambiamenti climatici e delle conseguenze ambientali.

 

A chi si applica la Direttiva CSDDD

L’iter legislativo che ha portato all’attuale testo è stato caratterizzato da un lungo e complesso negoziato tra Consiglio e Parlamento Europeo, non scevro da giravolte e giochi politici che poco avevano a che fare con gli obiettivi della legge. Rispetto all’accordo che era stato raggiunto in occasione dei triloghi a Dicembre 2023, il testo finale uscito dal Consiglio a Marzo 2024 e successivamente imposto al Parlamento negli ultimissimi attimi della scorsa legislatura ha di fatto subito un notevole ridimensionamento soprattutto rispetto all’ambito di applicazione della normativa.

Laddove la direttiva si sarebbe dovuta applicare alle imprese con oltre 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro, nonché a quelle con oltre 250 dipendenti e un fatturato superiore a 40 milioni di euro se, di questi, almeno 20 milioni fossero stati generati in uno dei settori a più alto rischio di impatti negativi (come il tessile, l’agricoltura, l’edilizia e l’estrattivo), il testo finale riguarderà solo le imprese con 1.000 dipendenti e con un fatturato pari o superiore a 450 milioni di euro. Inoltre, l’accordo ha ridotto anche le attività che saranno soggette agli obblighi di due diligence, eliminando lo smaltimento, lo smontaggio e il riciclaggio dei prodotti, nonché il compostaggio e la discarica.

Il testo prevede inoltre un approccio graduale tale per cui le aziende con 5.000 dipendenti e un fatturato annuo di 1.500 milioni di euro saranno chiamate ad allinearsi a partire dal 2027; le altre, più piccole per dipendenti e fatturato, nei due anni successivi.

Stime della European Coalition for Corporate Justice (ECCJ) indicano che il ridimensionamento della bozza originaria della CSDDD abbia di fatto tagliato fuori circa 10.000 imprese dall’ambito di applicazione della legge, coprendone attualmente meno di 5.500. Un numero davvero notevole se si considerano gli impatti negativi che quotidianamente osserviamo al fianco delle comunità più vulnerabili ed esposte a violazioni dei diritti umani, al lavoro minorile, l’inadeguatezza delle condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro, nonché alle emissioni di gas a effetto serra, l’inquinamento, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi.

Se da un lato quindi il compromesso politico che ha portato a questa riduzione del campo di applicazione va interpretato come un passo indietro nella lotta alla sostenibilità aziendale, dall’altro è importante ribadire la portata di leggi come la CSDDD che nel definire obblighi, legittimamente mal digeriti dalle aziende coinvolte, avviano processi culturali e aziendali necessari per mettere l’economia al servizio del progresso umano e della tutela dell’ambiente.

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