***
La corporate governance
Immaginiamo di metterci ai comandi di un Boing 737: prima di tutto bisogna aver studiato per poter pilotare un gigante dei cieli e in secondo luogo qualunque pilota prenderà comunque in mano il manuale per il decollo, che indicherà le procedure da seguire per avviare e governare poi in volo questa comunità di persone composta dall’equipaggio e dai passeggeri. I piloti sono ben definiti, di solito ad un senior si affianca un junior, così come gli assistenti di volo, ciascuno con un ruolo, un compito e una finalità. Governare l’aereo (governance) vuol dire conoscere le regole per la gestione, lo scopo, i ruoli e la rotta da seguire. Il volo seguirà delle procedure e delle sequenze naturali, come il decollo, il viaggio di crociera e l’atterraggio. Il nostro aeroplano si muoverà nei cieli (mercato), seguendo una traiettoria (business plan e business model), in funzione della quale ha caricato carburante (budget, forecast) e fatto verifiche e controlli (compliance), a cui seguiranno check periodici in volo (controllo di gestione), con procedure per affrontare le sfide che il volo presenterà. Insomma, tutto dovrebbe essere previsto, organizzato, gestito mediante le procedure e gli strumenti della corporate governance.
Una azienda e uno studio professionale non sono molto distanti concettualmente da un aereo pieno di passeggeri, che si muove in un mercato con sfide commerciali, ambientali, accidentali. Così come esistono diversi stili di volo, diverse pratiche e scuole in ambito aeronautico, allo stesso modo esistono diverse scuole di corporate governance.
Le tre scuole
Sono tre le principali scuole e relativi modelli di corporate governance: quello anglosassone, quello europeo e quello giapponese. Il modello di origine anglosassone si caratterizza per il fatto di concentrare nelle mani del Consiglio di amministrazione il vero potere decisionale. Sopra il Consiglio di amministrazione ci sono gli azionisti con diritto e potere di voto; una volta che questi si sono espressi, il CdA è l’organo vero deputato a rendere esecutive e, quindi, operative le decisioni. Gli altri organi societari sono invece privi di reali poteri decisionali e quindi operano come esecutori delle decisioni del CdA.
Meno concentrato è invece il potere nel modello di corporate governance europeo, dove, un po’ come accade con i tre poteri di uno Stato, c’è una separazione dei poteri e anche, in questo caso, controllo reciproco gli uni sugli altri. Il CdA si occupa di gestire la società, mentre altri due organi si occupano, rispettivamente, di dare esecuzione alle decisioni prese (Comitato Esecutivo) e controllare l’operato del Comitato Esecutivo (Consiglio di Vigilanza). La composizione dell’organo di vigilanza è rimessa alla scelta degli azionisti e dei dipendenti dell’azienda. Nel nostro Paese l’organo di vigilanza prende il nome di Collegio Sindacale e il CdA può essere sostituito da un organo individuale e non collegiale: l'Amministratore unico.
Il terzo modello è di origine nipponica, invece, segue una logica completamente diversa che prende le mosse dalla responsabilità reciproca degli stakeholder tra di loro: da una parte abbiamo amministratori della società, manager e azionisti, mentre dall’altra abbiamo altri azionisti, clienti, sindacati e fornitori dell’azienda. Al centro, come perno della bilancia troviamo un concetto sintetizzato in questo termine giapponese: keiretsu, cioè lealtà (tra le due parti in gioco).
I valori
Il modello di corporate governance prescelto in una organizzazione rispecchia non solo scelte giuridiche ed economiche, ma anche scelte valoriali e culturali. La governance di un’organizzazione dovrebbe ispirarsi a principi di lealtà, trasparenza, sicurezza, fiducia, sostenibilità. Le regole di governance dovrebbero tutelare chi investe i soldi (azionisti), chi confida nell’organizzazione (creditori e fornitori), chi si dedica al progetto (dipendenti e manager); il contesto sociale che accoglie gli scambi dovrebbe ricevere parte della ricchezza sotto diverse forme di responsabilità sociale. Quest’ultimo punto è centrale per lo sviluppo sano e sostenibile delle forme organizzate di business, siano esse aziende, studi professionali o enti no profit. La social responsability è un tema che oggi attraversa trasversalmente le scelte del business: restituire alla società parte della fortuna, condividere i risultati per il benessere comune, integrarsi nel tessuto sociale migliorandolo, offrire opportunità alle categorie deboli e molte altre iniziative su questa linea non sono solo compliant a normative e best practice, ma anche segni di maturità economica e di integrazione culturale, che porta le organizzazioni valorizzare il contesto, invece di sfruttarlo e utilizzarlo a proprio uso e consumo. Per fortuna sempre di più oggi il consumatore e gli stakeholder sono sensibili a queste tematiche, che le aziende e gli studi hanno imparato a considerare parte integrante delle scelte di governance e non solo fastidi tra cui districarsi o azioni di marketing da spendere a proprio vantaggio.