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Severance agreement
Le clausole di severance agreement disciplinano anticipatamente, in base ad ipotesi di cessazione del rapporto definite fra le Parti, le modalità di uscita e le condizioni economiche riconosciute al Dirigente integrando o sostituendo le disposizioni contenute nei CCNL. Le ipotesi di uscita sono generalmente legate a ragioni aziendali, quali riorganizzazioni, ristrutturazioni, variazioni del business, ma anche cambiamenti significativi nella proprietà o nella struttura di controllo dell’azienda, fusioni, acquisizioni, cessioni.
Le modalità di uscita possono prevedere la cessazione immediata del rapporto al presentarsi delle condizioni pattuite, ma anche la prosecuzione del rapporto per un tempo individuato, al fine di garantire un passaggio di consegne graduale. Il trattamento economico viene solitamente riconosciuto a fronte della non opposizione alla cessazione del rapporto, e viene determinato in base alla durata del rapporto di lavoro, alla retribuzione annuale e alla posizione ricoperta.
Le più comuni sono le seguenti:
- il “Pacchetto di Uscita” che prevede la corresponsione di una somma determinata o determinabile su parametri indicati, che viene riconosciuta al dirigente che non si oppone alla cessazione del rapporto;
- la clausola di Change of Control che incentiva il dirigente ad accettare la cessazione del rapporto piuttosto che passare sotto una diversa guida
- i Golden Parachute ovverosia bonus straordinari o buonuscite concordate, per premiare la fedeltà del dirigente o compensare l’assenza di ammortizzatori sociali;
- liquidazione anticipata di stock option o premialità individuale o di risultato;
- servizi di outplacement per supportare il dirigente nella ricerca di un nuovo lavoro.
La definizione di specifiche clausole di uscita consente al Dirigente ed all’azienda di determinare a priori le condizioni di uscita dal rapporto di lavoro e nel contempo evita potenziali contenziosi legali legati proprio alla risoluzione del contratto, prevedendo una chiara definizione dei diritti e obblighi delle parti e quindi facilitando l’accordo.
Il patto di non concorrenza
Il patto di non concorrenza è una clausola che vincola il dirigente, una volta cessato il rapporto di lavoro, a non svolgere attività professionali che possano entrare in competizione con l’azienda. L’obiettivo è impedire al dirigente di trasferire a concorrenti, o comunque utilizzare in favore di concorrenti, conoscenze, competenze o contatti e proteggere il know-how aziendale e le relazioni strategiche con clienti e fornitori. Le caratteristiche del patto di non concorrenza sono disciplinate dall’art. 2125 c.c..
Il patto deve essere redatto per iscritto, deve essere limitato in termini di oggetto, durata e area geografica e deve prevedere un corrispettivo economico a favore del dirigente, proporzionato al sacrificio imposto, determinato o comunque determinabile. Le attività vietate devono essere descritte chiaramente, evitando formulazioni generiche.
L’area geografica deve essere definita in relazione al mercato in cui opera l’azienda. È anche possibile indicare uno o più territori o anche uno o più concorrenti, a prescindere dalla loro collocazione. La durata massima è di 3 anni per tutti i lavoratori, estesa a 5 anni per i dirigenti, in virtù della loro qualifica e responsabilità.
Il corrispettivo del patto può essere pagato in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto o sotto forma di erogazioni periodiche durante il vincolo di non concorrenza. È possibile prevedere il pagamento del patto anche in costanza di rapporto, ma in tal caso è necessario prestare molta attenzione, al fine di evitare che il pagamento venga ritenuto un elemento retributivo ed il patto conseguentemente nullo.
Il divieto di storno e di sollecitazione
Il patto che disciplina il divieto di storno e di sollecitazione è una clausola contrattuale con cui il dirigente si impegna, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, a non sottrarre all'azienda personale strategico (colleghi, collaboratori o dipendenti), e a non sollecitare o comunque convincere i dipendenti o collaboratori chiave dell'azienda a lasciare il proprio lavoro per andare a lavorare presso un’altra società, spesso concorrente.
Questa clausola è particolarmente rilevante in settori in cui il capitale umano rappresenta una risorsa fondamentale (es. il digitale, la consulenza, l'industria tecnologica o i servizi finanziari), in quanto impedisce la perdita di competenze e risorse strategiche che potrebbero compromettere la operatività e la competitività aziendale e garantisce continuità operativa, evitando che interi team o reparti siano indeboliti da dimissioni in blocco.
La clausola, tuttavia, non può limitare in modo eccessivo la libertà professionale del dirigente o dei dipendenti e pertanto gli interessi coinvolti devono essere ragionevoli e proporzionati. Il vincolo deve quindi essere motivato dall’effettiva esigenza di proteggere interessi aziendali concreti e non può essere imposto indiscriminatamente.
La clausola deve essere altresì specifica sia nell’ambito di applicazione, evitando formulazioni generiche o eccessivamente ampie, sia nella indicazione dei soggetti sono coinvolti (es. figure chiave o appartenenti a specifici reparti, consulenti) e la tipologia di attività vietata (es. contatto, proposta di lavoro, o attività concorrenziali che coinvolgano il personale aziendale).
Il patto può essere applicato durante il rapporto di lavoro ed anche per un periodo limitato dopo la cessazione, per evitare di ostacolare eccessivamente la libertà professionale del dirigente. La clausola può prevedere penali economiche significative per il dirigente che la infranga. L'azienda può agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla perdita di personale strategico.
Contrariamente al patto di non concorrenza, il divieto di storno non richiede di per sé un corrispettivo a pena di nullità, anche se è possibile prevederlo, o potrebbe anche essere richiesto dal dirigente se il vincolo comporta una limitazione significativa.