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Entry Bonus
La clausola di Entry Bonus, o anche sign-on bonus, prevede l'erogazione di un bonus iniziale a favore del dirigente al momento dell’assunzione o dell'ingresso in azienda.
Si tratta di un incentivo economico volto:
- ad attrarre lavoratori qualificati di alto profilo, rendendo la proposta di lavoro più interessante rispetto a quella di altre aziende;
- a compensare il dirigente per eventuali perdite economiche legati al cambio di lavoro (es. stock options, bonus, o benefit non maturati presso il precedente datore di lavoro, o indennità da mancato preavviso pagata per cessare il rapporto velocemente) per passare al nuovo incarico;
- a ricompensare il dirigente per l’assunzione di un rischio legato al cambio di lavoro.
L’importo e la modalità di riconoscimento sono oggetto di negoziazione individuale. In genere, l’importo è stabilito in base al livello del ruolo, alle responsabilità e alle esigenze del mercato varia anche la modalità di pagamento.
Il patto di stabilità
Il patto di stabilità è una clausola che obbliga il dirigente a mantenere il rapporto di lavoro con l’azienda per un periodo di tempo prestabilito, salvo particolari circostanze (es. giusta causa), a fronte di specifici benefici concessi dall’impresa. Il patto di stabilità ha come obiettivi la fidelizzazione del personale, disincentivandone il turnover, il ritorno degli investimenti sostenuti dall’impresa per selezionare, formare e inserire un dirigente ed ottenere la stabilità gestionale, che è cruciale per il buon funzionamento.
La durata del vincolo deve essere ragionevole e proporzionata all’interesse aziendale tutelato. L’azienda può offrire uno o più vantaggi al dirigente in cambio del vincolo, ad esempio un percorso di formazione.
In caso di cessazione anticipata del rapporto, per dimissioni del dirigente o per recesso da parte dell’impresa legato ad un grave inadempimento - il dirigente è tenuto a versare una somma a titolo di risarcimento (penale per l’inadempimento), che deve essere proporzionata e non può configurarsi come una forma di coercizione o limitazione della libertà contrattuale.
Il patto di retention
Il patto di retention è un accordo stipulato tra l’azienda e il dirigente che prevede l'erogazione di un bonus per incentivare la permanenza del dipendente in azienda per un periodo di tempo specifico o fino alla conclusione di uno specifico lavoro o progetto. Questo tipo di contratto è utilizzato principalmente per trattenere figure chiave, incentivando il dipendente a rimanere in azienda e quindi garantire la stabilità.
Se il dirigente lascia volontariamente l'azienda prima della scadenza del periodo di retention, potrebbe perdere il diritto al bonus o doverlo restituire (nel caso l’abbia già percepito).
Anche se la finalità è simile, il patto di stabilità e il patto di retention sono diversi: il primo ha un carattere vincolante e prevede un obbligo formale per il dipendente di rimanere in azienda per un certo periodo, pena il pagamento della penale e del risarcimento del danno; il secondo è un incentivo a rimanere in azienda, ma non vincolante, che premia la permanenza in azienda e che non viene pagato se il rapporto termina prima del termine stabilito.
Il patto di riservatezza
Il patto di riservatezza è una clausola contrattuale che vincola il dirigente a mantenere la segretezza su tutte le informazioni confidenziali e strategiche acquisite durante il rapporto di lavoro, sia durante che dopo la cessazione dello stesso.
Questo patto è particolarmente utilizzato per i dirigenti, che spesso hanno accesso a dati rilevanti, strategie aziendali, progetti futuri e know-how cruciale per il successo dell’impresa.
Le informazioni soggette a riservatezza possono includere strategie aziendali e commerciali, dati finanziari e contabili, elenchi clienti e fornitori, progetti di ricerca e sviluppo, proprietà intellettuale e segreti industriali e, più in generale, tutte le informazioni che non siano di dominio pubblico o acquisibili da fonti esterne all’azienda.
Il dirigente sarà quindi tenuto ad evitare la comunicazione e la divulgazione di informazioni confidenziali a terzi non autorizzati, ad utilizzare le informazioni aziendali esclusivamente per le finalità legate all’esecuzione del proprio lavoro ed a restituire o distruggere i documenti e i supporti contenenti dati riservati al termine del rapporto di lavoro.
Il patto può essere limitato al periodo di lavoro oppure estendersi oltre la cessazione del rapporto; in quest’ultimo caso, il vincolo deve essere limitato nel tempo (di solito, da 1 a 3 anni) e proporzionato all’interesse da tutelare. Non è obbligatorio prevedere un compenso.
La violazione del patto può comportare il risarcimento dei danni subiti dall’azienda, il pagamento delle eventuali penali previste nel contratto; se la violazione della riservatezza è avvenuta in costanza di rapporto, il dirigente è sanzionabile anche con il licenziamento in tronco (senza preavviso).
Il patto di clawback
Il patto di clawback consente al datore di lavoro di correggere o richiedere indietro i bonus o gli incentivi concessi a un dipendente, al verificarsi di determinate circostanze come, ad esempio:
- quando si rilevano errori nella quantificazione dei risultati o nel calcolo del bonus;
- quando il dirigente ha posto in essere comportamenti scorretti del dirigente, come violazioni delle regole aziendali o azioni fraudolente, al fine di raggiungere i risultati.
La clausola, da inserirsi nell’accordo con il quale vengono definiti gli obiettivi, mira a tutelare l’impresa da errori e prevenire comportamenti illegittimi. Per essere valido, il patto deve individuare con chiarezza le ipotesi che permettono il ricalcolo, per evitare decisioni arbitrarie.