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Caso e soluzione
Il caso ha riguardato la società, che chiameremo Alfa srl, destinataria di un avviso di accertamento volto a recuperare a tassazione Irap e Iva dell’anno 2006, i maggiori redditi derivati dai diversi finanziamenti effettuati dal socio in favore della medesima società. Ritenendo infondate le motivazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate, la società ha proposto regolare opposizione tributaria avanti la Commissione Tributaria Provinciale, che però rigettava il ricorso.
La società Alfa srl ha quindi proposto tempestivo appello avverso la sentenza di primo grado che è stato accolto pienamente dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana. L’Agenzia delle Entrate tuttavia ha proposto ricorso per Cassazione verso questa sentenza di secondo grado che si è espressa con sentenza Cass., V sez. Ord. n. 25474 dep. 21 settembre 2021.
Alla base della vicenda, vi sono i versamenti effettuati dal socio e legale rappresentante di Alfa srl, che a detta dell’Agenzia delle Entrate, seppur privo di redditi, avrebbe provveduto a finanziare la società fruendo dei ricavi provenienti dalla medesima attività sociale, mai dichiarati da quest’ultima, riversandoli nelle casse sociali attraverso proprio i plurimi versamenti “in conto futuro aumento di capitale”.
La vicenda pone questioni tecniche di natura processuale, ma ciò che nel merito importa è il rilievo dato a chi, tra contribuente ed ente impositore si trovi a dover provare i fatti a sostegno della propria linea difensiva. E nello specifico, pur rilevando come l’Agenzia delle Entrate avesse tentato di rileggere la norma di riferimento a proprio vantaggio, risulta onere di chi voglia porre a sostegno delle proprie pretese alcuni fatti specifici, dimostrarne la veridicità. Per questo motivo, grava sull’ente impositore l’onere probatorio delle giustificazioni dell’accertamento notificato alla contribuente Alfa Srl.
In secondo luogo, poiché l’Ente impositore (in questo caso l’Agenzia delle Entrate) può giustificare i propri accertamenti anche sulla base di presunzioni, quale conseguenza diretta della prima riflessione, la Corte di Cassazione conferma nella propria decisione, che al fine di poter ritenere un elemento fonte di presunzione valida, lo stesso debba presentare i requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge.
Ne consegue, che qualora gli elementi posti alla base dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate non giungano alla consistenza di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla norma per giustificare l’emissione di un accertamento sintetico, non si potrà ritenere non solo legittimo l’accertamento, ma nemmeno possibile l’esercizio dell’azione di recupero di somme (i finanziamenti soci) che non costituiscono imponibile ai fini Irap ed Iva.
E del resto, l’equilibrio che la norma in uno con la giurisprudenza degli ultimi anni ha raggiunto tra possibilità di rettifica e requisiti degli elementi di prova richiesti al fine della sua validità, non può oggi essere sbilanciato al punto da ritenere invertito l’onere probatorio posto a carico del contribuente tenuto a provare la provenienza delle entrate utilizzate ai fini del finanziamento effettuato.
Conclusione
La fattispecie qui in esame evidenzia ancora una volta come l’Ente impositore, benché agevolato nell’opera di ricostruzione sintetica dello stato delle cose, non possa invocare a completamento della propria carenza documentale, l’applicazione estensiva o pressoché innovativa della norma, sino al punto di stravolgerne i contenuti e rileggere qualsivoglia forma di pagamento non economicamente sostenuta, quale riciclo della società.