***
Le conditions precedent
Le conditions precedent, nome anglosassone dell’istituto sono, in realtà, strumenti già presenti nel nostro ordinamento e più comunemente conosciute come condizioni contrattuali rubricate all’articolo 1353 del codice civile[1]. Le condizioni, nel nostro ordinamento, possono essere sospensive o risolutive, figure opposte che subordinano (condizioni sospensive) ovvero prevedono la cessazione degli effetti (condizione risolutiva) di un contratto o di un singolo patto contenuto in quest'ultimo all’avveramento di un evento futuro ed incerto[2].
Pertanto, un contratto di M&A avente ad oggetto il trasferimento di una partecipazione sociale sottoposto a condition precedent (condizione sospensiva) è assimilabile alla vendita di cosa futura o alla vendita di cosa altrui[3] e trasforma il contratto da contratto con effetti reali a contratto con effetti obbligatori.
Normalmente, le condizioni sospensive possono essere espresse nell’interesse di solo una o di tutte le parti contrattuali. Affinché una condizione possa intendersi espressa nell'interesse di una sola parte vi deve essere un'espressa previsione contrattuale oppure deve risultare da una serie di elementi univoci in tal senso[4]. Solo la parte ovvero le parti nel cui interesse è posta la condizione potranno rinunciarvi per addivenire al perfezionamento del contratto.
La condicio iuris
Le condition precedent collegate alle autorizzazioni nelle operazioni di M&A hanno spesso natura sospensiva per espressa volontà delle parti: ciò anche in quanto queste conditions precedent, benché individuate come condizioni volontarie dalle parti, in realtà sono condizioni legali[5] ossia, requisiti di legge affinché un’operazione possa produrre i propri effetti.
In tale caso le parti ben possono definire negozialmente che una conditio iuris sia anche una condizione negoziale, con l’unica differenza che tale condizione non sarà rinunciabile dalle parti in quanto requisito necessario di efficacia del contratto.
Il rilascio di pareri facoltativi da parte di autorità come condition precedent contrattuale
A questo punto, è opportuno soffermarsi sulla prassi diffusa di porre il rilascio di pareri non vincolanti e non obbligatori (e dunque non vere e proprie autorizzazioni) da parte delle autorità come condition precedent di un’operazione.
Si fa riferimento a situazioni nelle quali viene chiesto all’Autorità di confermare che un determinato aspetto dell’operazione comporta conseguenze positive ritenute necessarie per la piena realizzazione del fine perseguito dalle parti. Esempi in tal senso possono essere: la conferma (da parte di un’Autorità di vigilanza prudenziale come Banca d’Italia o Ivass) dell’utilizzabilità di un determinato asset acquisito nell’ambito di ratios patrimoniali; la conferma (da parte della Consob) dell’esenzione da obblighi successivi all’acquisito di azioni come, ad esempio, quello di promuovere un’offerta pubblica totalitaria sul resto del capitale di una società con azioni quotate.
Si tratta di richieste ad autorità di pareri facoltativi e non vincolanti ed il cui rilascio è una facoltà, ma non un obbligo, dell’Autorità. Infatti, l’Autorità ha effettivamente un potere di vigilanza sul punto ma non un potere di autorizzazione preventiva, con la conseguenza che il rilascio del parere risponde ad una (buona) prassi di attenzione alle esigenze di certezza interpretativa degli operatori ma non è obbligatorio né esclude ulteriori valutazioni successive (che possono portare ad esiti diversi nel caso in cui emergano fatti non del tutto rappresentati ex ante).
È comprensibile come l’ottenimento di tale parere prima di addivenire al closing dell’operazione possa essere nell’interesse di entrambe le parti, ma può essere utile chiedersi se, qualora tale parere non pervenga in tempo utile per il perfezionamento dell’operazione, il comportamento di una parte che non rinunci a tale condizione sospensiva è da ritenersi legittimo ed in conformità con il principio di buona fede contrattuale.
A parere di chi scrive, qualora la mancanza di tale parere non vincolante e facoltativo possa creare un pregiudizio per l’operazione ovvero per gli interessi nella stessa, tale mancata rinuncia alla condizione (e, quindi, il mancato perfezionamento dell’operazione) deve ritenersi legittima. Negli altri casi, vi sono dubbi circa la legittimità o la buona fede della mancata rinuncia a tale condizione avente uno scopo meramente cautelativo.
Il presente contributo è stato redatto dall’avv. Francesco Diacci e dal prof. avv. Salvatore Providenti, Associate e Partner di Carbonetti e Associati Studio Legale.
[1] Le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.
[2] Rescigno, voce Condizione, in Enc. dir., Milano, 1961, pag. 762.
[3] Cassazione, 4364/2003.
[4] Cassazione 19146/2004
[5] Condizioni a cui la legge attribuisce la natura di requisito essenziale o presupposto logico del negozio giuridico (rectius: requisito necessario di efficacia) del contratto - Cass. n. 2863/2006.