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La fattispecie affrontata dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 5307/2019 del 29 luglio 2019, ha ad oggetto la richiesta risarcitoria - avanzata dal precedente affidatario del servizio di elaborazione informatica e notificazione dei verbali relativi alle sanzioni amministrative previste dal Codice della Strada - per mancata indizione della necessaria procedura di gara e conseguente affidamento diretto disposto dalla stazione appaltante in favore di un operatore terzo.
Oggetto del contendere è proprio il quantum riconosciuto a titolo risarcitorio dal Giudice di primo grado: secondo l’operatore economico appellante, infatti, il ristoro economico avrebbe dovuto essere parametrato (i) sull’utile illegittimamente introitato dall’affidatario, oltre che (ii) sul lucro cessante e (iii) sul danno per lesione dell’immagine professionale subito.
La stazione appaltante, invece, secondo le indicazioni fornite dal TAR per la Campania, ha riconosciuto al danneggiato esclusivamente il risarcimento con formula equitativa ancorandolo all’utile conseguito dalla stessa appellante nel periodo antecedente all'illegittimo affidamento diretto, per un importo pari al 2 percento dell’importo complessivamente erogato.
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia qui in commento, nel confermare la statuizione del Giudice territoriale, richiama, in primo luogo, il criterio, di elaborazione pretoria, secondo il quale il quantum del risarcimento per equivalente va determinato dividendo l’utile d’impresa con il numero di partecipanti, ipotizzando il numero di concorrenti sulla base di analoghe procedure attivate dalla medesima stazione appaltante (v. TAR Campania, Napoli, sez. I, 20 maggio 2003, n. 5868 e TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 4 luglio 2006, n. 859) per poi evidenziare come detto criterio non possa, nel caso in esame, trovare applicazione in ragione della mancata allegazione probatoria da parte del danneggiato, che non avrebbe fornito a riguardo dati oggettivi da cui desumere l’importo del risarcimento richiesto.
Di conseguenza, prosegue il Consiglio di Stato, la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l’astratta possibilità di un esito della procedura di evidenza pubblica favorevole per l’appellante, che i Giudici hanno ristorato - facendo applicazione, in via sussidiaria e residuale, del criterio equitativo ex art. 1226 cod. civ. - nella misura del 2 percento dell’importo erogato dalla stazione appaltante all’affidatario nell’ultimo triennio (sul risarcimento danni per perdita di chance v. tra le tante Cons. di Stato sez. V, 11 luglio 2018, n. 4225, Cons. di Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3304, Cons. di Stato, sez. V, 22 settembre 2015, n. 4431, Cons. di Stato, sez. V, 30 giugno 2015, n. 3249 e Cons. di Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 131).
Nel caso trattato, quindi, un modo corretto per giungere alla somma da risarcire è quello di collegare “il pregiudizio subito dalla appellante alla impossibilità (riconnessa alla illegittima scelta di procedere alla scelta di un altro contraente) di continuare, quale gestore uscente, il servizio in corso di erogazione”, avendo l’azione amministrativa illegittima della stazione appaltante precluso all’operatore economico appellante l’utile potenziale “derivante dalla continuazione del rapporto in essere”.
Infine, il Giudice d’appello disconosce anche la voce di danno collegata all’immagine (ed alla reputazione dell’impresa) considerato “che lo stesso postula l’illegittima conduzione di una procedura evidenziale ispirata a logiche anticoncorrenziali, come tali idonee a pregiudicare le chances di aggiudicazione del contratto da parte dell'operatore di settore”.
Anche per tale voce di danno, dunque, difetterebbero i requisiti dell’indizione della gara e della conseguente gestione anticoncorrenziale della stessa.
Stante il parziale rigetto delle domande formulate dall’appellante, il Consiglio di Stato ha, infine, ritenuto di non accogliere la richiesta di condanna alle spese processuali ai danni della stazione appaltante, in ottemperanza al principio di soccombenza parziale.
La particolarità del caso affrontato dal Consiglio di Stato impone una riflessione circa l’imputabilità del danno riconosciuto all’appellante, considerando che il risarcimento è stato causato da un atto illegittimo della stazione appaltante (l’affidamento senza procedura di gara ad una impresa terza).